Crostatina di frutta © Brillante-Severina |
Nelle vicinanze dell'Abbazia di Staffarda, Piemonte - La signora gentile e sorridente caldeggia la crostatina con frutta fresca e gelato. Le ho chiesto consiglio, indecisa fra quella e le meringhe, dopo che pur non avendo fame ho ingollato triplo appetizer, cappesante grigliate e penne con astice (due ristoranti da recensire in 17 ore). La crostatina, racconta la loquace signora, è realizzata in giornata perché altrimenti la frolla diventa molle e se la si mette in frigorifero prende gli odori degli altri alimenti e poi è fresca grazie alla frutta e la crema è preparata quotidianamente e... va bene, la prendo. L'aspetto del tortino è attraente: un cestino di pasta frolla ripieno di crema pasticcera sormontata da una piramide tondeggiante di lamponi, mirtilli, fragole, ribes, ananas, kiwi... Affondo la forchetta nella frutta, arrivo alla crema e tocco la frolla. Spingo per spezzarla ma quella non vuole saperne. L'altra posata a disposizione è un cucchiaio, uso anche quello insieme alla forchetta per frantumare il cestino ma niente. Intanto ritorna la signora per sapere se il dolce mi piace. Buonissimo, davvero piacevole, la scelta giusta, altro che meringhe mollicce! Aspetto che si allontani e sferro un nuovo attacco, ovviamente con cautela perché non è il caso di schizzarmi frutta gelatinosa e crema addosso. Per quanto io insista, non c'è niente da fare, la frolla è una roccia e non frana. Passo al piano b: mangio la frutta e la crema e quando il cestino è ormai vuoto uso la forchetta come uno scalpello, confortata dal fatto che non c'è più niente che possa volare fuori dal piatto, fatta eccezione per il frolloso cestino stesso che sarebbe imbarazzante tirar su dal pavimento. Riesco finalmente a spezzarlo in tre tocchi e, temendo che la signora ricompaia, ne metto in bocca uno e inizio a masticare. Non è cattivo e neanche cotto troppo, solo che qualcosa nell'impasto non ha funzionato. Lo sforzo richiesto dalla masticatura mi porta a trascurare il gelato, che si scioglie in solitudine. Il vero incompreso è lui, dovrò tornare.
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