Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.
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lunedì 13 maggio 2013

Tavolo per uno e visigoti

Fettuccine di pasta al cacao e ragù di rombo © Brillante-Severina
"I corpi organizzati non si nutrono tutti allo stesso modo..." Brillat-Savarin
Saluzzo, Piemonte - Quando scendo nel ristorante dell'albergo, i tedeschi che occupano rumorosamente la camera accanto alla mia sono già da mezz'ora con le gambe sotto la grande tavola d'angolo. Per ora sono gli unici avventori. I tavoli apparecchiati per una persona (così si fa quando si aspetta l'ospite che ha prenotato per uno) sono due. Quello nella posizione migliore è vicino ai tedeschi, perciò scelgo l'altro, anche se si trova di fronte al corridoio di ingresso. Poco dopo scende il secondo avventore solitario, un ragazzo straniero in maglietta rossa a maniche corte, e gli viene proposto il tavolo accanto ai discendenti dei visigoti. Quando si accorge che non è il massimo è ormai tardi. Forse per questo ordina solo un'insalata e un primo (in quest'ordine) e, dopo una lunga lettura della carta dei vini, si rifugia in un calice di rosso scelto dal proprietario. Potrei quasi provare tenerezza per lui e offrirgli un bicchiere del mio strepitoso Nebbiolo, ma non ce n'è il tempo. Nel giro di mezz'ora, quando io non ho nemmeno ancora sfiorato le fettuccine di pasta al cacao e ragù di rombo, lui consuma i suoi due piatti e se ne va.

sabato 6 aprile 2013

L'eco del raglio dell'aglio frustata dal caffè

Risotto alle erbe e polpo arrostito, Mondovì © Brillante-Severina
"...forse la frustata che (dal caffè) riceve l'intelligenza fa camminare la folla immensa che assedia tutte le vie dell'Olimpo..." Brillat-Savarin
Mondovì, Piemonte - Sono appena al risotto e tutto a un tratto mi accorgo di essere stanca e che per proseguire mi ci vorrebbe un caffè. La mattina mi sono alzata presto e dopo due ore di guida sotto la pioggia sono arrivata a Mondovì Piazza (il quartiere alto, più antico e monumentale della città), ho fatto colazione sotto un soffitto affrescato a grottesche e poi sono andata all'Ufficio turistico che mi ha affidata (diciamo pure sbolognata) al sacrestano, una specie di San Pietro con le chiavi di palazzi, chiese e cripte. Pomeriggio di arrampicata per i vicoli, poi viaggio verso Vicoforte dove invece di andare a godermi la bellissima camera dell'albergo e la vasca con idromassaggio e cromoterapia, mi sono imbambolata prima davanti al Santuario e poi sotto la cupola ellittica (è solo la più grande del mondo). Giusto il tempo per prepararmi per la cena ed ero in macchina, diretta nuovamente a Mondovì. E adesso sono stanca e assonnata. Comunque ho ordinato tutti i piatti più allettanti del menu, a partire da due fette di foie gras al torcione alte un dito e non parlo del mignolo. Il concerto di erbe primaverili e polpo arrostito del risotto è una meraviglia e le proprietà benefiche dell'ortica forse fanno già effetto perché quando arrivano le tre sofficiose costolette d'agnello (quadrupede per giunta arrivato qui non in aereo ma dalle Valli vicine, per cui mangiarlo significa non solo rivacare piacere ma anche sostenere il territorio) panate nelle olive taggiasche le spolpo fino all'osso. Nella crema di patate l'aglio di Caraglio non mi ama e l'eco del suo raglio mi imbavaglia... fino a quando arriva il sapore prezioso del lingotto ai due cioccolati. Grappa non pervenuta, chiudo con vermouth a base di Moscato e una frustata di caffè.

mercoledì 19 settembre 2012

Nonostante il tavolo

Fotografia © Brillante-Severina
"...il modo in cui si svolgono i pasti ha molto valore sulla felicità della vita." Brillat-Savarin
- Roma, più o meno Parioli – Alla fine ho deciso di andarci. Prenoto un tavolo a cena nel nuovo due stelle romano. Ho portato diversi vestiti che potrebbero andare bene per la serata, ma come spesso capita in queste situazioni, al momento della scelta nessuno sembra adeguato e ho un pretesto per andare a comprare un abito nuovo. Non faccio in tempo a uscire dal negozio col mio setoso bottino che inizia a piovere. A Roma il sanpietrino, già controindicato per i tacchi, diventa addirittura infido se bagnato e scivoloso. Il taxista è abbastanza gentile da aprirmi lo sportello (merito del sandalo), ma non abbastanza da tirare su il finestrino (aiuttt, sembrerò la Medusa). Queste attenzioni al superfluo tanto necessario si rivelano pateticamente vane, perché al ristorante mi accompagnano a un tavolo che rivolge le spalle alla sala: potrei indossare un sacco di tela e gli occhiali di Groucho Marx e nessuno se ne accorgerebbe. Non amo questi tavoli un po' disgraziati, ma capisco il motivo della scelta: offrirmi la vista sul grande giardino (che conosco a memoria, ma qui non lo sanno), reso suggestivo dal baluginare delle torce accese. Fiammelle simbolicamente eteree che un nuovo acquazzone a metà serata impietosamente spegne, tra il fuggi fuggi del personale in giacca bianca che mette in salvo i cuscini dei divani. Per fortuna la grande vetrata è non solo un occhio sull'esterno, ma riflette anche i movimenti della sala alle mie spalle, altrimenti farei un balzo sulla sedia allo sbucare ogni due minuti di uno dei tanti camerieri che serve il tavolo per versare l'acqua gallese, porgere i grissini sottili come spaghi o i panini caldi, cambiare il tovagliolo, stappare un nuovo vino, presentare i piatti della degustazione (150 euro) che prevede lumache alla mentuccia con bava di fagioli e caffè, eliche di pasta cacio e pepe con ricci di mare che in effetti sollevano da terra per quanto sono buone, astice con finferli e schiuma alle rose (un insieme che produce un mesto sapore di brodo di pollo), quaglia e fegato grasso supportata dal felice incontro di frutta secca e sedano, eterea mousse di cioccolato e caramello con gelato al fior di sale seguita da goduriose zeppole... guadagnandosi la lauta mancia, nonostante il tavolo.

venerdì 8 giugno 2012

Gamberi e trippa contro l'avversità

"...a me piace la gente che reagisce contro l'avversità...” Brillat-Savarin  
- Mondovì, Piemonte – È venerdì mattina e piove su Mondovì alta. Dopo aver camminato per le vie silenziose ed essermi affacciata ai portoni di palazzi monumentali e chiese chiuse, aspetto che arrivi l'ora di pranzo seduta al tavolino di uno dei bar sotto i portici della piazza principale. Quando entro nel ristorante lo trovo molto bello, con imponente soffitto a cassettoni, tocchi vivaci alle pareti e dalle finestre vista su colline e Langhe. Oltre me c'è un tavolo di cinque tedeschi, uomini e donne di mezza età cordiali e allegri già prima di iniziare a bere. Ordino e mangio con gusto, senza dimenticare gli appunti mentali per la recensione destinata alla Guida: tortino di zucchine con provola leggermente affumicata e pesto, gamberi e trippa al curry (per i quali anche i tedeschi vanno in brodo di giuggiole, squittendo e scattando foto ricordo), tagliatelle di grano duro con fave salame cotto e pecorino, alici con patate e fagiolini, tortino caldo di cioccolato, qualche nocciola ricoperta di curry, Arneis e grappa. Pago il conto e, sorpresa, il cuoco mi dice sottovoce che dopo 8 anni chiude, causa scarsa affluenza. Si trasferisce non so dove. Mi è più chiaro di aver guidato molte ore per una recensione che cadrà nel vuoto. Per consolarmi vado a vedere i vivaci galletti dipinti sui piatti del (deserto) museo della ceramica e poi salgo sulla (vuota) funicolare per esplorare Mondovì bassa, come l'umore generale.

domenica 13 maggio 2012

Selvaggi

"È noto che gli uomini ancor vicini allo stato di natura ogni faccenda importante la trattano a tavola: i selvaggi decidono la guerra o fanno la pace in mezzo ai banchetti...” Brillat-Savarin  
- Fossano, Piemonte – I due uomini affrontano il pranzo di lavoro come una vacanza a gardaland. Mangiano con lo stupore di chi ha appena scoperto che i tonni non nascono nelle scatolette e bevono come se a casa la le chiavi della cantina fossero custodite da mogli astemie. Per l'aspetto, uno rotondetto e l'altro dinoccolato, potrebbero ispirare un nuovo capitolo del Triste, solitario y final di Osvaldo Soriano, se non fosse che non si sentono perdenti, anzi, e sono comunque lontani dalla malinconica empatia ispirata da Stan Laurel e Oliver Hardy. Arrivati a fine pranzo, estraggono i portatili dalle fondine-valigette e parlano di lavoro a voce alta come se fossero soli e infarcendo i discorsi con espressioni scurrili neanche originali. Che fortuna averli come vicini di tavolo... Porto pazienza mentre addento la mezza dozzina di ravioli di gamberi e zucchine al nero di seppia con bisque di crostacei, stringo i denti pucciando i paffuti gamberi rossi d’Imperia nella vellutata di ceci e soffici meringhe di ricotta di capra, mastico amaro con la cappasanta arrostita incoronata di vongole, spero invano che i due si decidano a togliere le tende mentre mi concentro sui formaggi di capra, punto infine sull'effetto calmante del sorbetto, ma l'idea di guastarmi anche il dolce... no, no e no. Fermo la cameriera, le chiedo se c'è un altro posto dove concludere il pranzo e mi autoesilio nello spazio all'aperto (non fa tanto caldo, la congestione è quasi assicurata) per godermi il meritato finale di crostatina di cioccolato fondente con gelato al ruhm e bicchiere (ricolmato dalla cameriera, brava) di un vino siculo di aroma albicoccoso. Dopo il primo crunch, sento le voci dei due salire dalle scale. Se si trasferiscono qui anche loro mi faccio impacchettare il dolce e vado a mangiarlo su una panchina! Pericolo sventato; i pavoni, spennati dall'assenza di pubblico, hanno terminato la recita e se ne vanno.