Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.
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domenica 10 febbraio 2013

Indovina chi viene a cervo

Dim di mele cotogne con battuto di cervo e caviale di more © Brillante-Severina
"...l'esperienza mi ha insegnato che dopo che [le signore] se ne sono andate, è ben difficile che la caccia sia fruttuosa." Brillat-Savarin
Milano, Lombardia - Al prestigioso e ambito congresso dei cuochi stellati, mentre lo chef con accento calabro-francese si esibisce ai fornelli cimentandosi nella preparazione di un brodo  di cervo (non lo si definisca ristretto, per carità!) che servirà a insaporire un peraltro squisitissimo tortello al vapore ripieno di mele cotogne con battuto di cervo e caviale di more, la conduttrice è sopraffatta dal momento epico e le spara grosse. Prima afferma languida che quell'effluvio di cacciagione se lo spruzzerebbe addosso come un profumo, evocandomi la scena di lei, così olezzante, nel parco torinese de La Mandria nella stagione degli amori dei multi ramosi cervi. Non paga, tira poi in ballo i simposi del tempo che fu perché, come chiunque sa, "il cervo fa sempre banchetto rinascimentale". Ne sa qualcosa Caterina De Medici, che si sta rivoltando nella pentola.

mercoledì 23 gennaio 2013

La strada della quaglia è lastricata di foie gras

"...la maggioranza cerca la strada più comoda." Brillat-Savarin 
Salice Terme, Lombardia - Se si cucina la quaglia al foie gras senza aver letto il racconto di Karen Blixen dal quale è tratto il film Il pranzo di Babette me ne accorgo.

domenica 8 aprile 2012

Squaresimarsi

"L'osservanza rigorosa della Quaresima produceva un piacere a noi sconosciuto: quello di squaresimarsi con la gran colazione del giorno di Pasqua.” Brillat-Savarin  
- Volpedo, Piemonte – Sono le sette di sera del sabato pre-pasquale. Telefono a un ristorante che dista una mezz'ora da casa per chiedere, senza farmi troppe illusioni sulla risposta, se c'è posto per cena. "E come no!" risponde invece incoraggiante la voce allegra di un uomo dall'accento napoletano (deve essere cambiata la gestione...). Evviva, mi preparo e alle nove meno un quarto arrivo al ristorante piena di entusiasmo. Sono troppo elegante rispetto agli altri avventori, ma non importa, sono in armonia con gli affreschi e con le colonne Belle Epoque. Scorro il menu e dato che voglio godermi una cena opulenta che duri non meno di tre ore, mi butto sulla degustazione da sei portate scegliendo salame di Giarolo e focaccia, flan di asparagi con fonduta di formaggio di pecora, taglierini al ragù di capriolo, pernice arrosto, agnello con carciofi fritti, tortino al cioccolato. "Questa sera la degustazzzione non è disponibbbile", mi stronca il cameriere (ma perchè, visto che i piatti si scelgono dalla carta?), aggiungendo che non c'è neanche la pernice. Uffa... la serata sarà un crescendo di scenette demenziali, con l'arrivo di due coppie di mezza età dominate dal signor "So tutto su come si riconosce il pesce fresco" (leggi A me gli occhi), una coppia in cui mangia e beve solo lui, quattro giovani vestiti per una serata in discoteca (o forse per un viale) che ogni cinque minuti escono a fumare mentre l'unica lei, disinvolta sui tacchi 15 come un pollo strabico su un cavo dell'alta tensione, zampetta in minigonna inguinale per la felicità degli uomini in sala e il disappunto delle di loro fidanzate ecc. Quanto a me, dopo aver detto al cameriere che mi ha servito spaghetti (evito di aggiungere scotti) e non taglierini, mi dice che va a verificare e scompare, mentre ricompare -per un inaspettato miracolo pasqualino- la pernice che, ordinata da un signore a un altro tavolo (l'esperto di pesce fresco), gli viene prontamente servita. Per la delusione della cena che si è rivelata più quaresimale che pantagruelica, bevo quasi tutta la bottiglia di vino e quando esco dal ristorante... piove a dirotto. 

sabato 7 aprile 2012

Buta stupa

"Offrite a una persona affaticata i cibi più sostanziosi; ne mangerà appena e da principio ne avrà poco conforto. Datele un bicchiere di vino o d'acquavite: subito si sentirà meglio e la vedrete rinascere.” Brillat-Savarin  
- Volpedo, Piemonte – La bottiglia di vino è arrivata a metà. A questo punto di solito decido se continuare (sulla via dell'etilismo, però) o fermarmi, portando la bottiglia a casa o lasciandola al ristorante perchè se la bevano alla mia salute. Considerato che sono ormai al quarto piatto di una non memorabile cena (anzi, resterà indimenticabile il fatto di aver ordinato dei taglierini al ragù di capriolo e di essermi vista portare, senza spiegazioni, del ragù di capriolo posato su qualche forchettata di spaghetti, neanche artigianali), decido di non bere altro e di portarmi via la bottiglia (in Piemonte dicesi Buta stupa, ovvero tappa e porta via quel che ora non hai voglia di bere ma che domani a casa apprezzerai molto). Solo che non ho fatto i conti con il cameriere il quale, dopo aver ignorato per tutta la sera la bottiglia evitando di versarne il contenuto, all'improvviso la impugna e prima che riesca a fermarlo mi riempie il bicchiere fin quasi all'orlo. Non val più la pena portarla via, ma non si meritano neanche che la lasci e così... la finisco. Diciamo che per un bel po' non voglio più vedere i riflessi dorati del Timorasso...

lunedì 10 gennaio 2011

Il tavolo del vicino è sempre più strano

"Si chiama selvaggina o cacciagione il complesso di quegli animali mangiabili che vivono allo stato di libertà naturale nei boschi e nelle campagne." Brillat-Savarin
Piemonte - ristorante in Alta Val Borbera - È un gruppo di 5 uomini di età assortite. Sono amici dei proprietari del ristorante, un locale arroccato su un belvedere della Val Borbera. Sono allegri e simpatici, ma senza quelle virili esagerazioni talvolta esibite dai maschi in congedo dalle mogli. I vicini di tavolo ideali.
“Siamo venuti a mangiare la lepre” annunciano con cordialità alla proprietaria e mentre lei sbianca e va a dare la lieta novella in cucina, i magnifici cinque cominciano a interrogarsi su chi fra loro abbia telefonato per avvisare. Risulta che non solo nessuno ha annunciato che quel giorno sarebbero andati a mangiare la lepre regalata al cuoco qualche tempo prima, ma che non è neanche stata fatta la prenotazione del tavolo! Ognuno pensava l’avesse fatta l’altro ed eccoli lì, piegati in due dal ridere (anch’io, che sento tutto, non posso fare a meno di ridacchiare) e a dirsi: “Ma come siamo messi fra tutti?!?”
Intanto dalla cucina (dove l’annuncio della degustazione della lepre aveva nel frattempo gettato nel panico tutto lo staff, visto che la prenotazione non era stata annotata e nessuno aveva disturbato il sonno della bella addormentata nel frigo) esce il giovane cuoco con faccia costernata e pronto alla pubblica umiliazione. Quando gli amici gli spiegano che sono loro in errore per essersi dimenticati di prenotare, il ragazzo è visibilmente sollevato e scherza anche lui: “Mi avete fatto venire un colpo! Credevo di dover tirare il collo a un coniglio o a un gatto per cavarmela!”
Sorrido… o forse no, guardando le costolettine d’agnello appena spolpate che ho ordinato nonostante la proprietaria avesse tanto insistito sul maialino affumicato.