Priocca, Piemonte - In un momento di imperdonabile debolezza, decido di bere vino al calice invece di ordinare una bottiglia adocchiata nella carta da abbinare al menu degustazione del ristorante nel Roero. La mia sorpresa quando, arrivata a metà del bicchiere di Arneis consigliato dal patron e che contavo di far bastare per i tre antipasti, l'uomo si avvicina con la bottiglia chiedendo se ne gradisco ancora un po' e, arrivata a metà del secondo rabbocco, si ripresenta con la stessa domanda e cortesia. Ovviamente accetto, pensando di lui il meglio possibile. Che gentiluomo, che garbo, ma soprattutto che generosità! In abbinamento al primo e al secondo piatto mi propone, sempre al calice, un Nebbiolo. Poco impegnativo e di facile beva, adatto all'anatra in salsa di ciliege. Di nuovo, mentre sono a metà del bicchiere, si avvicina e chiede se ne gradisco ancora (notare che il bicchiere era ancora piuttosto pieno e quindi solo piccolo rabbocco fu). Dopo l'ottimo cibo e anche se il finale della cena non è stato proprio il massimo (alle 22.30 c'è stato un fuggi fuggi dei clienti e non mi è sembrato il caso di ordinare una grappa -del resto neppure proposta- che avrei probabilmente dovuto bere in fretta e furia) chiedo il conto e pago senza neppure controllare le voci come mi invita a fare il patron. Lo faccio più tardi, ed eccole lì, le cifre. Il bicchiere di Arneis con i due mezzi rabbocchi mi è costato 10 euro (ovvero il costo di metà bottiglia) e il buongusto ha raggiunto l'apice con bicchiere di Nebbiolo che con il timido rabbocco è costato 12 euro. Con il totale dei calici di vino (22 euro) avrei potuto ordinare una bottiglia intera di buona qualità. Non si fa e non torno più (per un po').
Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.
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venerdì 29 maggio 2015
Il rabbocco che fa traboccare
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mercoledì 5 giugno 2013
Servizio pigro? Prendi un cane
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Lungomare Alassio © Brillante-Severina |
Alassio, Liguria - A questo cuoco piace raccontare i piatti e avere il contatto con il cliente. Solerte senza essere servizievole, porta in sala le preparazioni, le olia a dovere con un profumato extravergine locale, versa bisque e infusi, stappa scaraffa e mesce da un decanter che sembra la lampada di Aladino ma in vetro... e ogni tanto gli scappa una battuta felice. Come quando rivela che i poggiaposate d'argento a forma di cagnolino bassotto sistemati sulla tavola più che un accessorio elegante sono un escamotage: essendo molto pigro, per non dover fare il giro del tavolo sistemando a sinistra del piatto la forchetta e a destra il coltello e l'eventuale cucchiaio, posa tutto sul cane e risparmia energie. Ba(u)sta là.
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giovedì 2 maggio 2013
La pazienza del ragno
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Calamari © Brillante-Severina |
Certosa di Pavia, Lombardia - Mi avete chiesto di rimettere in moto la macchina quando ero ormai scesa e l'ho fatto, mi avete chiesto di parcheggiarla "meglio" per lasciare spazio ai clienti ritardatari e l'ho fatto, mi avete chiesto di spostarla in un angolo angusto del cortile imbottigliandomi in una posizione che avrebbe richiesto mille manovre per uscire dopo il pranzo e l'ho fatto, mi avete chiesto di sostare a un salottino in vimini invece di accompagnarmi al tavolo e non ho detto nulla, malgrado la prenotazione e nonostante l'arrivo puntuale mi avete dato l'ultimo tavolo della sala e a chi è arrivato più tardi e senza prenotazione avete dato quelli centrali e vicino alla vetrata e non ho detto nulla, al tavolo a fianco avete piazzato l'unica coppia con bambino piccolo in passeggino e non ho detto nulla, mi avete servito un foie gras pietoso e un calamaro sciapo e non ho detto nulla, il cameriere ha servito il mio tavolo facendomi passare i piatti sopra la testa e non ho detto nulla, il solito cameriere ha portato le posate in tavola con la grazia di un babbuino e non ho detto nulla, mi avete servito una porzione di maialino tristemente presentata e priva della sua crosticina croccante caramellata (non me la sono sognata, l'ho vista nella porzione servita accanto a me) e non ho detto nulla, al tavolo vicino siete stati prodighi di attenzioni e cure (cloche sui piatti e suddetto maialino di ben altro aspetto, per esempio) e il mio lo avete trattato con sufficienza e non ho detto nulla, il proprietario ha ritenuto che passare accanto al mio tavolo e farmi l'occhiolino fosse un gesto di sollecitudine migliore che non fermarsi e parlare e non ho detto nulla, il cameriere mi è passato davanti più e più volte senza notare il calice di vino vuoto e... a questo punto la mia pazienza nei vostri confronti era davvero finita.
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mercoledì 6 marzo 2013
Il crepuscolo degli Avola
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Insalata russa vegetale © Brillante-Severina |
Savigliano, Piemonte - Camerieri non ce ne sono. Il giovane patron, molto gentile ma anche distaccato, forse per timidezza, chiede se può offrirmi un aperitivo (certo che si) e porta un vermouth corretto con vino e scorza d'arancia. Poi da un vassoio pesca due tartine, pane, focacce assortite, grissini e una semisfera di insalata russa-appetizer molto piacevole. A metà stuzzichini l'aperitivo è finito e resta solo l'acqua che non è proprio la mia passione. Quando il piatto vuoto viene portato via, la domanda: "Mi sono dimenticato di chiedere se gradisce il vino". Già già. Mi faccio portare la carta, un po' malmessa e con i vini suddivisi per regioni ma non per tipologia. Bollicine, bianchi e rossi tutti insieme appassionatamente. "È valido questo Nero d'Avola?" - "Si". Punto. Porta una bottiglia del 2008, la stappa, ne versa un dito, va bene, riempie metà bicchiere, ritappa la bottiglia (?!?) e la ripone da qualche parte fuori dalla mia portata. Dalla spontaneità con la quale il primo bicchiere vuoto viene riempito, temo che vedere il crepuscolo della bottiglia non sarà facile. Forse c'è un equivoco: lui crede che io voglia un vino al calice mentre io voglio una bottiglia al tavolo... continua >
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giovedì 11 ottobre 2012
Ancelle di Bacco, o come fare fiasco col vino
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De La Tour, part. |
- Firenze, Toscana – Rinuncio al menu di pesce, anche se so essere la specialità della cuoca, e ordino un Brunello di Montalcino del 1995. Non è tra le bottiglie più costose della carta dei vini, ma cinquantacinque euro rappresentano un serio investimento sulla felicità per me. Sulla scaraffatura dei vini rossi esistono varie scuole di pensiero. Il pensiero (non solo) mio è che soprattutto il vino giovane ne ha bisogno, per ossigenarsi e aprirsi velocemente. Anche il sommelier del ristorante in odor di stella è giovane, ma non mi chiede niente, arriva con la bottiglia, la mostra, la stappa, me ne fa assaggiare il contenuto, riempie il fondo (ma proprio il fondo) di un calice neanche panciuto e se ne va. Non lo rivedo per tutta la sera, né per un dialogo sul vino scelto, né per versarlo, e nessuno dei camerieri si sogna di svolgere il ruolo delle ancelle di Bacco, intenti a sfrecciare fra i tavoli dei clienti stranieri. La tiepida serata autunnale sull'Arno è troppo bella per lasciarsela rovinare. Il Brunello me lo coccolo da sola, riempiendo il calice il giusto, facendolo roteare spesso e godendone ogni sfumatura granata, ogni profumo rubato al bosco, ogni lacrima che inesorabilmente cede alla forza di gravità. Bevo circa metà bottiglia e quando, arrivata ormai al dolce, si presenta uno mai visto e mi riempie ridicolmente il bicchiere, non mi lascio impressionare. Niente mance e se torno ordino un Chianti in fiasco.
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