Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.
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mercoledì 13 giugno 2018

sabato 2 giugno 2018

Tornate indietro quando potete

Finalmente un ristorante facile da trovare, penso guardando la cartina.
E infatti... Ho fatto inversione di marcia due volte (tornate indietro quando potete), guidato in retro in una viuzza per lasciar passare un trattore gigante, e quando mi credevo arrivata sono dovuta tornare sui miei passi perché, a piedi, sono passata davanti alla porta del locale senza notarla 😆
(La conquista della) Langa, Piemonte

lunedì 9 aprile 2018

Il bao del Magorabin e il lichene che niente scoraggia, atterrisce, sfratta

Quando si ha una passione, è spesso lei a trovarci. Forme misteriose e colori mutevoli di muschi e licheni che solo chi vede un mondo dove gli altri non vedono nulla può amare, mi adescano da sempre. Ne fui definitivamente consapevole quando mi vennero incontro nella delicata poetica di Camillo Sbarbaro (cantore del frammento, dell’umile, dei trucioli), poi di nuovo inaspettatamente nei boschi di una tutt’altro che disadorna saga, e più recentemente nella formidabile schiera di amouse buche di un ispirato Marcello Trentini dove fanno da cuscino a un apparentemente semplice bao. In realtà un bigné, un paninetto cotto al vapore insieme alla sua farcia di pancetta di maiale e condito con un mix di cinque pepi e salsa teriyaki nella quale il gusto salato della salsa di soia è stemperato nell’aceto di Barolo. Un viaggio Torino/Resto del mondo per lo chef. Per la brillante salgariana (ma anche per lo stesso Sbarbaro per il quale «si fanno a un tavolo d’osteria i più meravigliosi viaggi"), una boccata dell’Oriente di Marco Polo, un'esca, una scia che riporta ai misteri della natura e alla tenacia ispiratrice del lichene che niente scoraggia, atterrisce, sfratta. 
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Licheni: “una muffa più un fungo, due debolezze che fanno una forza”
Camillo Sbarbaro

martedì 5 dicembre 2017

Arte diffusa

Arte diffusa. C'è un piccolo paese dell'alessandrino che vale una deviazione per gli agnolotti quadrati di una certa gastronomia. Le sue vetrine affacciano su una chiesa in stile gotico che è tutta un fiorire di decori e formelle in cotto (what else?), archi e pinnacoli. Santa Maria e San Siro, si chiama, ed è il valore aggiunto della spesa.
(Due piccioni con una deviazione a) Sale, Piemonte

mercoledì 1 novembre 2017

Viva la sincerità

Ovada. Al mercato antiquario non ho trovato niente (rettifico: fino all'ora di pranzo). L'Arneis dell'aperitivo ha poco nerbo e le olive sono servite nel ciotolino del gelato. Ma non fa niente, perché origliando la conversazione del barista con i robivecchi scopro che anni fa ha acquistato l'insegna vintage di un noto liquore che troneggia ora sulla porta d'ingresso malgrado sapesse che era rubata, perché lui stesso non aveva avuto il coraggio di rubarla da sé. Viva la sincerità. Ma miglioriamo la scelta dell'Arneis, grazie.

domenica 20 agosto 2017

La storia sul portone

Storia d'Italia su portone di palazzo disabitato 
(Avanti Savoia, Barbera e mercatino antiquario a) Nizza Monferrato, Piemonte

domenica 2 aprile 2017

Tu as fait?

Ristorante elegante, una domenica. Prima di avventarmi sugli amuse bouche di benvenuto che precedono il pranzo, chiedo dove posso lavarmi le mani. Il cameriere, elegante e compunto comme il faut, non solo mi indica la via ma mi accompagna al bagno e con gesto cavalieresco ne apre la porta. 
Immaginavo (e forse anche lui) una toilette da mille e una notte, ceramiche e colori di raffinatezza degna della residenza di Horace Walpole, drappeggi e fiori da Età dell'innocenza. Mi accolgono invece le tonde natiche di un bimbetto che sta facendo pipì con la porta aperta mentre la mamma, dal bagno accanto (per fortuna a porta chiusa) continua a chiedergli "Tu as fait, tu as fait?"
(Il a fait à) La Morra, Piemonte

domenica 13 novembre 2016

Il bottino della fiera di San Martino

Cherasco, Piemonte - Il bottino della fiera di San Martino è conquistato, l'inverno ora può anche iniziare. Senza più un cent, ma con miele di montagna di lampone e di ciliegio, porri di Cervere, carote tricolori, cacciatorini al Barolo e alle noci, blu di mucca, tè, erbe per frittate, biscotti, nocciole, semi ecc.

sabato 3 settembre 2016

Segreti

(Lunghi sguardi a) Casale Monferrato, Piemonte - Passando davanti al solitamente chiuso portone di un austero palazzo trovarlo insolitamente aperto, infilare timidamente la testa e scoprire un cortile segreto di barocca grazia. E cinque muratori che simultaneamente si voltano a guardarti. Pardon...

sabato 23 luglio 2016

I have a dream

Guidare in autostrada nel week end in direzione contraria a quella del divertimento per realizzare un sogno.
(Estate 2016 in) Piemonte

domenica 22 maggio 2016

Camerieri sull'orlo di...

Alta Langa, Piemonte - Prima di addentare l'ultimo bocconcino di antipasto amorevolmente conservato, appoggio le posate ai bordi del piatto e bevo un sorso di vino. Come un falco arriva il cameriere e, pronunciando la retorica quanto inutile domanda 'Va tutto bene?', accenna a portar via il piatto.
Vai a suicidarti a un altro tavolo per favore.

venerdì 3 luglio 2015

(Non) me ne lavo le mani

Prima foto a sinistra: bagno del ristorante stellato (!); nelle altre foto: bagno del ristorante non stellato
"...le cose buone sono fatte per la gente buona..." Brillat-Savarin
Lago d'Orta, Piemonte e Savona, Liguria - Nel giro di una settimana mi trovo a recensire due ristoranti, uno bi-stellato-cappellato-forchettato in Piemonte e uno senza stelle a Savona. Il confronto fra i bagni dei due locali è impietoso, e a tutto svantaggio dello stellatissimo. Nel locale piemontese fregiato di encomi gourmet infatti i bagni sono angusti e disadorni. Le dimensioni delle toilettes sembrano ispirate a quelle degli autogrill, cubicoli nei quali prima devi entrare e poi chiudere la porta dietro di te e quanto all'estetica, ogni parete, comprese quelle dell'antibagno, è rivestita di piastrelline quadrate non più di moda da decenni, disposte in sfumature di rosa che vanno dalla camelia al fucsia acceso. La cosa più "esilarante" è però il sapone: due flaconi di banale quanto economica marca da supermercato, posati sul lavandino nel loro contenitore di plastica senza neanche il disturbo di un travaso in dispenser più elegante (e consono ai prezzi di un locale dove il piatto più economico costa 38 euro e non esistono bottiglie di vino sotto i 60); uno dei due flaconi è per giunta vuoto, malgrado in sala non vi sia ressa, ma un solo tavolo occupato oltre al mio. Un'orchidea, ovviamente rosa acceso, si mimetizza con le ceramiche e c'è da chiedersi quanto camperà in un ambiente privo di finestre. Il ristorante savonese, di più recente apertura, offre bagni anch'essi cechi ma almeno spaziosi e il cui decoro è stato oggetto di studio. Le mura delle toilettes sono ingentilite con carta da parati e specchi appariscenti e l'antibagno è un profluvio di saponi, giare e candele profumate, coroncine di foglie, fiori secchi infilati in vasi dipinti e tutto ben armonizzato. A terra, invece del solito cesto dove gettare gli asciugamani usati, c'è un elegante contenitore in pelle con accanto uno sgabello dove posare la borsa mentre ci si lava le mani. La morale la lascio a chi dopo tanti anni dall'aver aperto un ristorante con pretese di eleganza compra il sapone al discount e non ha neanche più voglia di nasconderlo (e a chi attribuisce due stelle senza... in bagno entrare?).

lunedì 29 giugno 2015

La grappa è cosa seria

Lago d'Orta, Piemonte - Alla fine di un pranzo a base di ottimo cibo, vino dimenticabile e indigesto contorno di battute che neanche una iena, il patron del ristorante bistellato si avvicina al mio tavolo e distilla l'ultima goccia di spirito: "Signora! Il solito bicchiere di grappa?". Senza indugio rispondo: "Facciamo due" anche se non basterebbero tre bicchieri per digerire costui. Non ne arriva neanche mezzo.

mercoledì 17 giugno 2015

I vermi della terra (un racconto di R.E. Howard)

Uovo poché e asparagi
"Su quest'argomento ci fu tra i due... una deliberazione fatta con scambio d'occhiate..." Brillat-Savarin
Lago d'Orta, Piemonte - Sono al terzo antipasto nel ristorante le cui ex tre stelle-cappelli-forchettine mi avevano da sempre suscitato grande curiosità. La cucina è ottima e non capisco come la chef, donna indubbiamente sensibile, possa aver sposato l'uomo che si aggira in sala sempre pronto a inciampare nei propri sgambetti di spirito. Intanto mangio l'uovo poché, preparazione di gran moda e qui presentata in modo originale che io intepreto come una passeggiata nel bosco (più probabilmente nell'orto): gli asparagi sembrano rami caduti, il crumble di pane è la terra, le gelatine e i fondant alla lavanda evocano la flora, il cannolo un piccolo tronco e la spuma di parmigiano un laghetto di montagna. Il patron passa accanto al mio tavolo proprio mentre poso forchetta e coltello nel piatto (a proposito, quando si serve l'uovo poché si porta in tavola anche il cucchiaio) a indicare che ho finito e mimando spaventato stupore chiede: "Ma, ha mangiato anche la terra?". Vorrei rispondergli che quella che lui chiama "terra" ha lo specifico nome "crumble", le cui origini non affondano le radici nelle sue cucine ma in quelle inglesi e vorrei aggiungere che in un solo anno il crumble che imita la terra l'ho trovato nel piatto almeno mezza dozzina di volte, ma mi trattengo in nome del profilo basso da mantenere e rispondo: "Spero nei germogli!" (e penso ai vermi, chissà perché). Ma lui deve avere l'ultima parola e prosegue evocando la medesima battuta (un caposaldo del suo repertorio, quindi) che da una coppia era stata presa alla lettera e mentre l'uomo era rimasto tranquillo la signora blablabla... Eccolo lì, pronto a esternare l'ennesima malignità nei confronti delle donne poco avvezze a penetrare le sottili ragnatele del suo implacabile humor rimanendoci intrappolate come mosche sceme. Le mie labbra non si arricciano nell'atteso Sorriso e spero che lo sguardo trasmetta il messaggio. Qui c'è un maschilista che oggi non la passa liscia ...continua

martedì 16 giugno 2015

Spiritoso santo gambero

"Qualcuno forse mi domanderà se la noia non s'insinuò in qualche momento durante una così lunga seduta." Brillat-Savarin
Lago d'Orta, Piemonte - Sono all'inizio di quello che sarà un lungo pranzo costellato da ottimi piatti conditi con capitomboli di eleganza da parte del patron, quando mi annunciano che il menu degustazione prevede un cambio di antipasto - a quanto pare a mio favore - che si materializza in una torre cilindrica di gamberi rossi di Sicilia poggiati su una sapida collinetta di puntarelle romane condite in salsa aioli alla senape. Mentre nel piatto non resta ormai che una vacillante maceria della roccaforte di crostacei, il patron mi chiede se mi piacciono. Rispondo che sono ottimi e lui, tipo che non rinuncerebbe alla battuta neanche se la conseguenza fosse scatenare la terza guerra mondiale, di rimando esclama: "Ehhhh la mafia... la mafia siciliana". Lo guardo con la lupara, hem la posata, pronta a infilzare l'ultimo gambero rosso (di vergogna) rimasta a mezz'aria, e ancora spero di aver capito male, mentre lui trotterella via soddisfatto per quella che considera un'arguta sortita. Che nessuno porti qui il dittatore di Pyongyang o siamo fritti ...continua

Il naso agitato del maître

Cappasanta, vellutata di piselli, uova di trota, fiori e germogli, biglie di melone
"…avevo osservato che i nasi di quegl’illustrissimi erano agitati da movimenti molto visibili di olfatto…" Brillat-Savarin
Lago d'Orta, Piemonte - Il maître-sommelier del bistellato-cappellato-forchettato ristorante che ogni tre respiri emette uno strano grugnito e attraversa la sala a lunghe falcate spostando la già peraltro fresca aria, si è attaccato come una cappasanta al bastone del pellegrino all'unico altro tavolo occupato del locale. Disserta di città vivibili ed economia internazionale, con personali soluzioni alla crisi (in primis l'uscita dall'euro, citando a supporto le politiche economiche dell'Islanda, notoriamente un paese nevralgico negli equilibri internazionali) e si allontana malvolentieri dalla coppia alla Bonnie and Clyde di passaggio - dall'Emilia lei e dalla Repubblica di San Marino lui - che pagherà il conto di circa cinquecento euro con fruscianti contanti contati sotto la tovaglia. Al mio tavolo non si vede quasi mai, e lo prendo come un segno che dopotutto forse dio esiste.

lunedì 15 giugno 2015

Galanti scortesie sul servizio del vino

Autoritratto parabolico intorno al Lago d'Orta
"I buongustai hanno tanto ardore e tanta bontà, che hanno sopportato a lungo le scortesie di…" Brillat-Savarin
Lago d'Orta, Piemonte - << Prologo Il patron del ristorante con due stelle Michelin mi chiede se gradisco del vino da accompagnare al menu degustazione di sette portate che ho appena scelto e lo fa proprio mentre sto sgranocchiando un grissino. Inghiotto le ruvide briciole e chiedo di vedere la carta dei vini. Non sono impreparata allo spettacolo del corposo libro rilegato in pelle che viene posato sul tavolo, ma fa comunque una certa impressione vedere bottiglie di media qualità proposte altrove a diciotto massimo venticinque euro, costare qui sessanta euro. Quanto ai vini più interessanti, sono tutti inavvicinabili. Tra i vini bianchi, ve ne sono tre disponibili nella bottiglia da mezzo litro e quando faccio scorrere il dito fra il friulano Tocai (quaranta euro) e il marchigiano Verdicchio (quarantacinque euro), il patron raccomanda il secondo. La piccola bottiglia passa anonima, senza transitare dal tavolo, dalla cantina direttamente al secchiello del ghiaccio posto alle mie spalle dove, ammollata nell'acqua, il maître-sommelier le si affanna intorno e la apre non senza sforzo (dell'operazione sento solo gli ansiti visto che si svolge alle mie spalle). Bisbiglia qualcosa al patron il quale, con aria serissima e funerea, mi annuncia che il vino è ossidato. Può capitare, soprattutto nelle mezze bottiglie e tanto più in una come questa che è del 2004, si giustifica con un tono che allontana da sè qualunque responsabilità (fino a cinque minuti prima la decantava come la più valida fra le mezze bottiglie disponibili) e anzi fa quasi sembrare che la "disgrazia" sia da attribuire a me che ho scelleratamente scelto una mezza bottiglia. Visto che né lui né il maitre accennano a presentarne un'altra, chiedo se quella fosse l'ultima. "No no, purtroppo no" - "???" - "Ne portiamo un'altra". Neanche la seconda Cenerentola è degna di un passaggio in tavola, e malgrado provenga non dalla cantina ma dal frigorifero, il maître-sommelier la tuffa nel secchiello e tra un ansito e l'altro (sospetto sia asmatico) la stappa, ne versa un poco sul fondo di un piccolo bicchiere e lo passa al patron il quale assaggia e orgoglioso come di un figlio che dopo due bocciature prende finalmente la sufficienza, esclama gongolante: "Questo è perfetto!". Dice lui, perché a me non è chiesto alcun parere. Mi viene riempito (parola grossa) il calice e, senza domandare se approvo il vino o se almeno mi piace, maître e patron si dileguano prima che io abbia il tempo di avvicinare il naso al bicchiere. Un bicchiere colmo di odori e sapori magari non guasti come quelli della bottiglia precedente, ma sulla buona strada. Un vino che comunque avrebbe avuto bisogno di essere stappato e ossigenato per ben più di cinque minuti prima di essere servito in tavola e che infatti solo verso metà pasto inizia a sprigionare gradevoli sensazioni (senza mai arrivare a nulla di sensazionale comunque). Bevo senza avanzare un goccio della bottiglia e, se non sono solleciti nel mescere, alzo il sopracciglio guardando contrariata il bicchiere vuoto finché sommelier e patron fra i più paternalisti e maschilisti di sempre capiscono: i quarantacinque euro sono una rapina che bisogna guadagnarsi ...continua

(In)avvertibili sfumature

"Io ho visto nascere la rilassatezza: essa è venuta a poco a poco, per inavvertibili sfumature." Brillat-Savarin
Lago d'Orta, Piemonte - PROLOGO: Non so perché un ristorante con voto ottimo e, fino a poco tempo fa, tra i pochissimi in Italia a potersi fregiare di tre stelle Michelin, sia da anni non solo poco richiesto dai colleghi ma addirittura assegnato con imbarazzo. Comunque sto per scoprirlo visto che ho accolto la supplica del caporegione e ne sto oltrepassando la soglia. Ad accogliermi all'ingresso trovo l'attempato patron in elegante quanto classica tenuta composta da giacca blu con bottoni dorati e pantaloni scuri e un camerierino giovane e biondo dal marcato accento teutonico che, se non fossimo in una Valle del novarese, mi aspetterei di trovare in un bar di Los Angeles a pagarsi gli studi per diventare il futuro James Dean. Malgrado sia domenica c'è solo un altro tavolo occupato e dopo di me non arriverà più nessuno a godersi il profluvio di argenti, i centrini sulle porcellane profilate in oro, le tende ricamate che neanche più Nonna Speranza e un'enorme pianta di calle bianche adagiata in un vaso di porcellana fiorentina dipinta di impressionanti dimensioni. Mi sono data un budget che devo cercare di rispettare e perciò quando il patron in doppiopetto mi propone un aperitivo di cui dopo un'ora e mezza di guida in autostrada avrei proprio voglia, lo rifiuto per il semplice motivo che non essendomi ancora stato consegnato il menu ignoro se esso sia gentilmente offerto o se, come sospetto, si debba pagare e profumatamente (no, non pensate sia un caso: sul menu c'è scritto se l'aperitivo ha un costo e mentre mi rivolge la domanda il patron trattiene il menu in mano senza alcun accenno a consegnarmelo). Non che l'arrivo in tavola del menu risulti illuminante, visto che i prezzi non sono indicati. Nei ristoranti eleganti, alle signore -di una coppia- viene lasciato un menu senza prezzi come segno di galanteria (nel quale noi signore moderne iniziamo in realtà a leggere altri significati), ma porgere un menu senza prezzi, per giunta in un locale dove la media è di 40 euro a piatto con punte di 70,  a una donna che mangia da sola si rovescia in indelicata scortesia. Scorro i nomi dei piatti che del resto già conosco a memoria per averli studiati sul sito e aspetto che patron, maître o cameriere mi capitino a tiro. Ovviamente sono tutti impegnati altrove. "Mi perdoni…" - pronuncio col più gentile dei toni in direzione del patron che finalmente compare - "…potrei avere un menu con i prezzi?" Quello, sorridente e traboccante spirito fino a un attimo prima, sbianca e ogni muscolo della faccia sembra paralizzarsi come se gli avessi chiesto uno sconto ancor prima di iniziare a mangiare. "O forse i prezzi non sono previsti?" aggiungo io con un sorriso per trarlo d'impaccio. Favore ricambiato con una battuta sul fatto che poi il pranzo dovrebbe pagarlo il mio "cavaliere". Né l'ultima né la più infelice della serie di battute e comportamenti di dubbia eleganza che costelleranno il pranzo, ma da parte mia la cortesia è finita e la guerra può iniziare, a colpi di sorrisi falsi, imbarazzi veri e, sorpresa, cucina ottima ...continua >>
PS
Quando arriva il menu con i prezzi, leggo il costo dell'aperitivo: 10 euro.

venerdì 29 maggio 2015

Il rabbocco che fa traboccare

"...definire con precisione ciò che si deve intendere per buongusto...." Brillat-Savarin
Priocca, Piemonte - In un momento di imperdonabile debolezza, decido di bere vino al calice invece di ordinare una bottiglia adocchiata nella carta da abbinare al menu degustazione del ristorante nel Roero. La mia sorpresa quando, arrivata a metà del bicchiere di Arneis consigliato dal patron e che contavo di far bastare per i tre antipasti, l'uomo si avvicina con la bottiglia chiedendo se ne gradisco ancora un po' e, arrivata a metà del secondo rabbocco, si ripresenta con la stessa domanda e cortesia. Ovviamente accetto, pensando di lui il meglio possibile. Che gentiluomo, che garbo, ma soprattutto che generosità! In abbinamento al primo e al secondo piatto mi propone, sempre al calice, un Nebbiolo. Poco impegnativo e di facile beva, adatto all'anatra in salsa di ciliege. Di nuovo, mentre sono a metà del bicchiere, si avvicina e chiede se ne gradisco ancora (notare che il bicchiere era ancora piuttosto pieno e quindi solo piccolo rabbocco fu). Dopo l'ottimo cibo e anche se il finale della cena non è stato proprio il massimo (alle 22.30 c'è stato un fuggi fuggi dei clienti e non mi è sembrato il caso di ordinare una grappa -del resto neppure proposta- che avrei probabilmente dovuto bere in fretta e furia) chiedo il conto e pago senza neppure controllare le voci come mi invita a fare il patron. Lo faccio più tardi, ed eccole lì, le cifre. Il bicchiere di Arneis con i due mezzi rabbocchi mi è costato 10 euro (ovvero il costo di metà bottiglia) e il buongusto ha raggiunto l'apice con bicchiere di Nebbiolo che con il timido rabbocco è costato 12 euro. Con il totale dei calici di vino (22 euro) avrei potuto ordinare una bottiglia intera di buona qualità. Non si fa e non torno più (per un po').

sabato 23 maggio 2015

Mi commuovo con molto (poco)

Ivrea, Piemonte - Mi commuovo con poco: guidare costeggiando e scavalcando la Dora Baltea, trovare nel piatto i suoi vivaci natanti. Tartara di trota e coregone con agrumi, gnam.