Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.
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domenica 4 settembre 2011

Effetto piercing

“...non ci vogliono tanti preparativi per fare una buona tavola.” Brillat-Savarin  
- Asti – Torno sempre volentieri ad Asti, il centro storico è grazioso e in estate arrivano persino i turisti, così mentre si prende un aperitivo al bar (con buoni vini ma tartine da dimenticare) si ha l'impressione di essere in vacanza. Non mancano comunque le avventure gastronomiche demenziali, come quella volta che ho pranzato in un ristorante del centro che cita gli angeli nell'insegna. Ci ero già stata, ma prima che traslocasse nella sede attuale e nel cambio, come a volte accade, il locale ci ha perso. Nell'atmosfera, perchè vorrebbe giocare sul contrasto fra antico (open space e mattoni a vista, belli, rammendo sulla tovaglia, brutto) e moderno (ai tavoli lattee sedie inutilmente girevoli fanno venire il mal di mare) senza riuscirci. Nel servizio, perchè il desiderio di rinnovamento si è esteso anche al personale, trascurando però di prepararlo in modo adeguato. Il cameriere del mio tavolo era un giovane aitante adatto a fare tanti mestieri (bagnino, guardacoste, forestale ecc.) ma non a servire: camminava sul rimbombante parquè con passo marziale enfatizzato da stivaloni a punta alla Easy rider e mentre porgeva i piatti mostrava un piercing che gli trapassava un sopracciglio. Roba da far passare l'appetito. Neanche la cucina offriva consolazione e sembrava un po' disorientata. I buoni sapori della precedente visita sembravano essersi persi, come il suono dei tacchi del cameriere-stallone nell'open space finto trendy.

lunedì 15 agosto 2011

Pranzo di Ferragosto

“...l'ora dell'appetito era passata. Eravamo come stupiti di cominciare il pranzo a un'ora così indebita...” Brillat-Savarin  
- Piemonte – Diversi anni fa, in un mercatino dell'antiquariato, trovai un libro sui castelli piemontesi pubblicato nel mio anno di nascita. Le foto erano soprattutto in bianco e nero con qualche eccezione a colori per affreschi e quadri. Lo acquistai e decisi di tornare nei luoghi dei castelli per rifotografarli e scoprire quanto erano cambiati. Disegnai una mappa (ancora oggi conservata nel mio stradario) e a ferragosto partii in macchina per il giro fotografico dei castelli. I giorni del navigatore erano ancora lontani e scelsi di cominciare con i territori più vicini: le province di Alessandria e Asti. Faceva molto caldo, ovviamente, e con me avevo acqua e qualche cracker. "Mangerò in qualche trattoria o bar che troverò sul percorso" pensai... E pensai male. I castelli erano silenti e affascinanti, arroccati in cima alle colline o crogiolati nel centro dei paesi e l'immobilismo generato dalla festività conferiva ai luoghi quello spleen tutto piemontese che si legge nei romanzi di Pavese. Le piazze e le vie, per non dire delle rocche, sembravano identiche a quelle del mio libro, come se un incantesimo avesse fermato il tempo e gli anni non fossero trascorsi. Si incontravano pochissime persone, i negozi e i bar erano chiusi. Quando la fame iniziò a farsi sentire mi affacciai a qualche ristorantino per chiedere se avevano un tavolo. Niente da fare, tutto prenotato. Proseguii a digiuno il mio pellegrinaggio fra torri merlate e ponti levatoi (nessuno dei castelli era aperto), annusando nell'aria il profumo sempre più intenso dei barbecue e le voci delle famiglie riunite intorno alle grigliate. Solo verso le cinque del pomeriggio arrivai a Castelnuovo Don Bosco, un paese abbastanza grande per non essere deserto e dove non ero mai stata. Dopo averlo esplorato, il fiuto gourmet mi fece scoprire una creperie molto graziosa (i ripiani dei tavoli in vetro incorniciavano fumetti a colori e le pareti erano allegre e colorate) dove mi diedi a meritati bagordi dolci e salati. Ogni anno, all'avvicinarsi del Ferragosto, fantastico su quei castelli e sul mio progetto di fotografarli, ma la voglia di ripetere l'esperimento di tanti anni fa non l'ho ancora trovata. Merito forse dell'accoglienza piemontese che non trovò un coperto per una persona di passaggio il giorno di ferragosto.

domenica 26 giugno 2011

Basta un poco di Prosecco e la pizza va giù...

“La gastronomia considera il gusto nei suoi piaceri come nei suoi dolori.” Brillat-Savarin  
- Asti, Piemonte – La cosa più buona della pizza al tegamino mangiata sabato sera nel ristorantino di Eataly prima di andare al cinema, era il Prosecco che ci ho bevuto sopra.