Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.
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domenica 21 ottobre 2012

Cartoccio di bell'aspetto

Funghi porcini e salsiccia di Bra al cartoccio, Alba
"...fu servito agl'illustri commensali e ci furono esclamazioni di compiacimento sul suo bell'aspetto." Brillat-Savarin
 Alba, PiemonteNon ci avrei scommesso, e invece ho scelto il piatto giusto, pfiuuuuu. Dunque, alle 14.00 mi alzo a malincuore dalla panchina del localino affacciato su una piccola piazza con vista su torre medievale dove si sta proprio bene, complice l'aria di festa imminente (sono i giorni della fiera), il bicchiere di Arneis e le tartine al formaggio tartufato, ma urge decidere dove mangiare, cosa provare. Scarto il solito ristorante preferito, troppo facile, e poi chissà che folla (però peccato per quel raviolone con tartufo bianco alla maniera di Marcattilii del San Domenico di Imola... che del resto costa 40 euro) e scelgo l'enoteca in piazza Savona. Indicando un tavolo libero all'aperto, chiedo alla cameriera alta e magra e accigliata se posso pranzare. Lei risponde bruscamente di lasciarle tempo (ahhhh, il raviolone...). Indugio un po' leggendo il menu esposto (taglierini al tartufo bianco 50 euro) e facendo un giro dentro il locale (nessun profumo di tartufo); poi torno fuori e decido di sedermi. Mi portano un menu diverso da quello esposto all'ingresso (che, mi spiegano come si fa con i tonti, è valido solo per il ristorante al piano di sotto) e ci pesco questi funghi porcini nostrani (una grossa cappella divisa in quattro spicchi polposi e morbidi e cubetti di gambo) e salsiccia di Bra al cartoccio insaporiti con foglia di vite, patate, rosmarino e alloro. Al suo arrivo, gli stranieri seduti ai tavoli a fianco spiano il misterioso involto di carta stagnola e quando con gesto fintamente esperto lo squarcio ed escono vapori e profumi, li sento delusi per aver scelto Patanegra, Acciughe Cantabrico e Club Sandwich. Al cartoccio (18 euro, ma ben spesi) aggiungo un piccolo tagliere di formaggi, acqua, un bicchiere di Nebbiolo e mi ritengo soddisfatta. Complimenti alla cucina e grazie per lo sconto di tre euro (dovuto ai complimenti al piatto o a un errore?), ma per la mancia ne riparliamo.

giovedì 11 ottobre 2012

Ancelle di Bacco, o come fare fiasco col vino

De La Tour, part.
"... ci buttò dietro un altro bicchiere di vino per preparare la strada al passaggio del resto..." Brillat-Savarin
- Firenze, Toscana – Rinuncio al menu di pesce, anche se so essere la specialità della cuoca, e ordino un Brunello di Montalcino del 1995. Non è tra le bottiglie più costose della carta dei vini, ma cinquantacinque euro rappresentano un serio investimento sulla felicità per me. Sulla scaraffatura dei vini rossi esistono varie scuole di pensiero. Il pensiero (non solo) mio è che soprattutto il vino giovane ne ha bisogno, per ossigenarsi e aprirsi velocemente. Anche il sommelier del ristorante in odor di stella è giovane, ma non mi chiede niente, arriva con la bottiglia, la mostra, la stappa, me ne fa assaggiare il contenuto, riempie il fondo (ma proprio il fondo) di un calice neanche panciuto e se ne va. Non lo rivedo per tutta la sera, né per un dialogo sul vino scelto, né per versarlo, e nessuno dei camerieri si sogna di svolgere il ruolo delle ancelle di Bacco, intenti a sfrecciare fra i tavoli dei clienti stranieri. La tiepida serata autunnale sull'Arno è troppo bella per lasciarsela rovinare. Il Brunello me lo coccolo da sola, riempiendo il calice il giusto, facendolo roteare spesso e godendone ogni sfumatura granata, ogni profumo rubato al bosco, ogni lacrima che inesorabilmente cede alla forza di gravità. Bevo circa metà bottiglia e quando, arrivata ormai al dolce, si presenta uno mai visto e mi riempie ridicolmente il bicchiere, non mi lascio impressionare. Niente mance e se torno ordino un Chianti in fiasco.

mercoledì 19 settembre 2012

Nonostante il tavolo

Fotografia © Brillante-Severina
"...il modo in cui si svolgono i pasti ha molto valore sulla felicità della vita." Brillat-Savarin
- Roma, più o meno Parioli – Alla fine ho deciso di andarci. Prenoto un tavolo a cena nel nuovo due stelle romano. Ho portato diversi vestiti che potrebbero andare bene per la serata, ma come spesso capita in queste situazioni, al momento della scelta nessuno sembra adeguato e ho un pretesto per andare a comprare un abito nuovo. Non faccio in tempo a uscire dal negozio col mio setoso bottino che inizia a piovere. A Roma il sanpietrino, già controindicato per i tacchi, diventa addirittura infido se bagnato e scivoloso. Il taxista è abbastanza gentile da aprirmi lo sportello (merito del sandalo), ma non abbastanza da tirare su il finestrino (aiuttt, sembrerò la Medusa). Queste attenzioni al superfluo tanto necessario si rivelano pateticamente vane, perché al ristorante mi accompagnano a un tavolo che rivolge le spalle alla sala: potrei indossare un sacco di tela e gli occhiali di Groucho Marx e nessuno se ne accorgerebbe. Non amo questi tavoli un po' disgraziati, ma capisco il motivo della scelta: offrirmi la vista sul grande giardino (che conosco a memoria, ma qui non lo sanno), reso suggestivo dal baluginare delle torce accese. Fiammelle simbolicamente eteree che un nuovo acquazzone a metà serata impietosamente spegne, tra il fuggi fuggi del personale in giacca bianca che mette in salvo i cuscini dei divani. Per fortuna la grande vetrata è non solo un occhio sull'esterno, ma riflette anche i movimenti della sala alle mie spalle, altrimenti farei un balzo sulla sedia allo sbucare ogni due minuti di uno dei tanti camerieri che serve il tavolo per versare l'acqua gallese, porgere i grissini sottili come spaghi o i panini caldi, cambiare il tovagliolo, stappare un nuovo vino, presentare i piatti della degustazione (150 euro) che prevede lumache alla mentuccia con bava di fagioli e caffè, eliche di pasta cacio e pepe con ricci di mare che in effetti sollevano da terra per quanto sono buone, astice con finferli e schiuma alle rose (un insieme che produce un mesto sapore di brodo di pollo), quaglia e fegato grasso supportata dal felice incontro di frutta secca e sedano, eterea mousse di cioccolato e caramello con gelato al fior di sale seguita da goduriose zeppole... guadagnandosi la lauta mancia, nonostante il tavolo.

domenica 9 settembre 2012

Occhio, grappa e mancia

"L'occhio... rivela le meraviglie di cui l'essere umano è circondato..." Brillat-Savarin
- Torino, Piemonte – Alla fine del pranzo il mio unico desiderio è svenire in pace sulla poltrona col viatico di un bicchierino di grappa. E invece ecco appare il cuoco che sin dal dolce minacciava di accompagnarmi a visitare la terrazza panoramica del ristorante. Non ha mangiato cinque portate, lui... Prima di alzarmi pago il conto e cerco una banconota per la mancia. Il cuoco scalpita (che ci sarà mai fuori, un tirannosauro di ghiaccio da cui zampilla Barolo chinato?), frugo nel portafogli e trovo solo un biglietto da 20 euro. Lascio la spropositata mancia (prova provata che sono in coma) e approdo sulla terrazza. Non solo è spoglia e chiazzata da pozzanghere d'acqua di una recente pioggia, ma offre lo stesso identico panorama che ho visto dall'ampia finestra accanto al tavolo durante le due ore e mezza del pranzo. Come previsto, sarebbe stato meglio un ozio distillato.

mercoledì 22 agosto 2012

A Galileo non far sapere...

Fotografia: Calamaro © Brillante-Severina
"...occuparsi della sua felicità durante tutto il tempo ch'essa passa sotto il vostro tetto." Brillat-Savarin  
- Varigotti, Liguria – Con un'amica in un ristorante ligure, guardiamo un po' indecise i tavoli sulla terrazza e chiediamo lumi alla cameriera su quale sia il migliore, quello dove il sole non arrivi troppo presto a guastarci il pranzo. Lei, con la stessa espressione che avrebbe un cercatore d'oro al quale si chiedessero indicazioni sul più vicino rigagnolo dove setacciar pepite, ci risponde che "il sole gira". Quanto è facile giocarsi la mancia ostinandosi sulla teoria Tolemaica...

martedì 31 luglio 2012

Confessioni di una mangiatrice di melanzane

"L'esperienza, fondandosi su milioni di osservazioni, ha insegnato che la dieta determina i sogni.” Brillat-Savarin  
- Usa verso Italia – Una volta tanto l'America non è un passo avanti a noi. Nel resoconto sulle cene da sola in alcuni raffinati ristoranti newyorchesi, l'autrice di Alone in the Kitchen with an Eggplant scrive che i locali nei quali è stata trattata meglio l'hanno accolta come un'eroina. Esprime anche soddisfazione per la solidarietà manifestata dalle cameriere che si sarebbero complimentate per tanto coraggio. Come sia stata accolta negli altri preferisco non saperlo perché, se una donna che mangia sola compie un gesto sovversivo, gli Stati Uniti non sono messi molto meglio di noi. Ammesso e non concesso che le confessioni della mangiatrice di melanzane (le Eggplant del titolo) siano veritiere e non conseguenza di sogni prodotti da cattiva digestione (del conto magari, o della melanzana stessa, nome un tempo interpretato come mela non sana, non essendo commestibile cruda). Comunque, se volete mandare in brodo di giuggiole le cameriere dei ristoranti ora sapete cosa fare. E se non fa effetto... una generosa mancia funziona sempre.