Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.
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sabato 3 agosto 2013

Piccione in menu

La marchesa Casati passeggiava per Venezia con un ghepardo al quale aggiungeva una colomba. Lui la mangiava solo raramente.

mercoledì 24 ottobre 2012

Convento chic

Girolamo di Benvenuto
"...andavamo a... abbazia sita su una delle più alte montagne del circondario..." Brillat-Savarin
- Cetona, Toscana - Quando arriviamo all'eremo (mica uno qualunque, il primo convento fondato da San Francesco), siamo in ritardo perché abbiamo sottovalutato i tornanti. Non è mancata qualche discussione, io convinta che passando per Siena non ci potessimo perdere un posto così particolare, lui perplesso sull'opportunità di fare tanta strada per una cena. Davanti al portone di ingresso una donna ci aspetta tranquilla per traghettarci attraverso cortili ormai bui. Entriamo in una sala lunga e stretta arredata con molto gusto di cui ricordo soprattutto medievali giochi di luci e ombre sulla pietra ambrata. Il menu degustazione è scritto su un foglio di carta pregiata decorata con un grande fiore acquarellato a mano che stempera gli ultimi mugugni di lui. Per centoventimila lire a testa, cifra ragguardevole nel 1997, ci portanaffettato del convento con sottaceti e paté di olive, filetti di orata con pomodoro e cipolla, spuma calda di pecorino e gorgonzola, ravioli di melanzane con pomodoro e basilico, sartù di riso al ragù di piccione, anatra brasata all’aceto balsamico con verdure in agrodolce. Molti prodotti sono coltivati in loco (dalla comunità ospite del convento impegnata nella disintossicazione dalla droga), i sapori dei piatti, dopo tanti anni, li ho ormai dimenticati. Tutti tranne uno, quello dei lombi di coniglio in vinaigrette, al punto che ancora oggi se vedo lombi di coniglio in menu (capita di rado) li ordino, sperando di ritrovare quel piatto ormai mitizzato dal ricordo. Alla fine della cena chiedo del bagno e un giovane uomo mi accompagna nuovamente attraverso corridoi e chiostri e scale, e ben presto perdo l'orientamento. Mentre mi asciugo le mani nella salvietta di lino bianco mi chiedo preoccupata come riuscirò a tornare indietro, esco titubante, ma la persona che mi ha accompagnata è ancora lì ad aspettarmi per riportarmi in sala. Mai stata così felice di vedere un uomo. Quanto a "lui", dimenticata l'iniziale riottosità, si vanta con gli amici della cena al convento per mesi e mesi.

domenica 2 settembre 2012

Sorsi

"...dissi fra me <questo è l'esploratore che è venuto per una ricognizione>. E ricominciai a sperare...” Brillat-Savarin  
- Langhe, Piemonte – Scorro una carta dei vini di ristorante stellato ben scritta e ricca di tentazioni di ogni dove. Immagino quindi che una degustazione al calice possa essere divertente, tanto più se abbinata a un menu degustazione di varie portate. E immagino male. Il sommelier, che sospetto appena uscito da un corso per perfetti bevitori astemi, propone abbinamenti di esasperante prudenza ed esclusivamente piemontesi (anzi, langaroli), senza neanche una capatina non dico in un lontano continente, ma almeno in una regione confinante. La successione di vini bianchi è un inno a eterei fiori bianchi in boccio, susine e pesche acerbe, preludio di sorsi più intensi solo sperati, rime perfette per un delicato haiku. Fanno poi capolino un rosato da abbinare ai gamberi in tempura con gelatina all'aperol al quale mi ribello (ci starebbe sicuramente bene, ma il rosato no...) e un Barbaresco il cui arrivo in tavola insieme al piccione finisce col deludere perché vincitore di una tenzone interiore del sommelier nella quale a soccombere è nientepopodimenoche un Barolo. Morale della favola baccante: l'abbinamento al calice rimane un bel test per fantasia e sensibilità dei sommelier. Soprattutto di quelli che partono in quarta senza informarsi sui gusti del cliente.

lunedì 21 maggio 2012

Piccioni d'artista

"...quell'istinto che ci avverte come la nostra attività non può continuare...” Brillat-Savarin  
- Boves, Piemonte – Approfittando della sala silenziosa e deserta e del lungo menu degustazione, invece del giornale apro un libro, una guida a una località del cuneese. La cuoca la nota e mi dice che se amo l'arte nelle vicinanze c'è un Santuario con affreschi interessanti, addirittura un Giudizio universale uguale a quello michelangiolesco della Cappella Sistina, da raggiungere facilmente a piedi perchè distante non più un chilometro. Alla fine del pranzo mi incammino da brava pellegrina, ma capisco quasi subito che quel chilometro, forse per i troppi convivi degli ultimi giorni, per l'aria frescolina, per la salita, per le ballerine poco adatte, ne vale almeno tre. Faccio dietro front, recupero l'auto e in pochi minuti percorro la salita lasciandomi alle spalle alcune persone, soprattutto anziane, che si stanno arrampicando con pacifica determinazione. La chiesa è piccola ma gli affreschi valgono gli sforzi, podistici o 'a cavalli' che siano. Ispira tenerezza l'ancella vestita di scuro che tiene fra le braccia dei candidi pennuti, forse piccioni da sacrificare in cucina per tenere in forze il pittore salito a piedi.