Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.
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mercoledì 8 ottobre 2014

Il servizio è veloce ma il risotto scuoce

Firenze, Borgo Pinti - La sala è piena, il servizio veloce e il risotto scuoce. Ma l'ho apprezzato ugualmente: porcini, burrata e chorizo. Gnam

domenica 8 giugno 2014

Lasciarci le animelle

Risotto con animelle, nocciole e carciofi
Casale Monferrato - Il giugno più caldo della storia con 37 gradi all'ombra e io ordino Risotto con animelle... e senza aver fatto testamento.

sabato 6 aprile 2013

L'eco del raglio dell'aglio frustata dal caffè

Risotto alle erbe e polpo arrostito, Mondovì © Brillante-Severina
"...forse la frustata che (dal caffè) riceve l'intelligenza fa camminare la folla immensa che assedia tutte le vie dell'Olimpo..." Brillat-Savarin
Mondovì, Piemonte - Sono appena al risotto e tutto a un tratto mi accorgo di essere stanca e che per proseguire mi ci vorrebbe un caffè. La mattina mi sono alzata presto e dopo due ore di guida sotto la pioggia sono arrivata a Mondovì Piazza (il quartiere alto, più antico e monumentale della città), ho fatto colazione sotto un soffitto affrescato a grottesche e poi sono andata all'Ufficio turistico che mi ha affidata (diciamo pure sbolognata) al sacrestano, una specie di San Pietro con le chiavi di palazzi, chiese e cripte. Pomeriggio di arrampicata per i vicoli, poi viaggio verso Vicoforte dove invece di andare a godermi la bellissima camera dell'albergo e la vasca con idromassaggio e cromoterapia, mi sono imbambolata prima davanti al Santuario e poi sotto la cupola ellittica (è solo la più grande del mondo). Giusto il tempo per prepararmi per la cena ed ero in macchina, diretta nuovamente a Mondovì. E adesso sono stanca e assonnata. Comunque ho ordinato tutti i piatti più allettanti del menu, a partire da due fette di foie gras al torcione alte un dito e non parlo del mignolo. Il concerto di erbe primaverili e polpo arrostito del risotto è una meraviglia e le proprietà benefiche dell'ortica forse fanno già effetto perché quando arrivano le tre sofficiose costolette d'agnello (quadrupede per giunta arrivato qui non in aereo ma dalle Valli vicine, per cui mangiarlo significa non solo rivacare piacere ma anche sostenere il territorio) panate nelle olive taggiasche le spolpo fino all'osso. Nella crema di patate l'aglio di Caraglio non mi ama e l'eco del suo raglio mi imbavaglia... fino a quando arriva il sapore prezioso del lingotto ai due cioccolati. Grappa non pervenuta, chiudo con vermouth a base di Moscato e una frustata di caffè.

mercoledì 27 giugno 2012

Piovono singles

"Gli uomini siano spiritosi senza ostentazione e le donne amabili senza troppa civetteria.” Brillat-Savarin  
- Biella, Piemonte – A pranzo dopo un impegno di lavoro in un ristorante-enoteca trovato sulla Guida. Mi è capitato di rado di vedere una così alta concentrazione di bei ragazzi (sia singles, sia accompagnati da fidanzate o colleghe di lavoro) come in questo locale. Il problema è che mi è capitato altrettanto raramente di trovare una così alta concentrazione di ostentazione come in questo locale. Maschile e femminile. Accarezzo la seta del mio vestito nuovo e socializzo col mio bicchiere di Pecorino e col risotto agli agrumi e foie gras.

lunedì 26 marzo 2012

Last night a cheese save my life

“...l'animo cerca cose analoghe ai suoi bisogni..." Brillat-Savarin
- Verona, Veneto - La sola cosa gourmet di questa edizione del Vinitaly che per quanto mi riguarda voglio ricordare è la cena che amici mi hanno offerto la sera, unica consolazione all'impossibilità di tornare a casa (causa treni soppressi, leggi). Il succulento tomino avvolto nello speck con insalatina di radicchio e il barocco risotto all'Amarone servito in una cialda croccante di parmigiano mi hanno proprio risollevato il morale. Potere del cibo.

giovedì 8 marzo 2012

La lepre e il dominio dell'universo

“Gastare è la decima musa: presiede ai piaceri del gusto. Potrebbe pretendere il dominio dell'universo, perchè l'universo non è nulla senza la vita, e tutto ciò che vive si nutre.” Brillat-Savarin
- Alessandria, Piemonte - < premessa Oggi si festeggiano le donne. Ieri sera ero a cena da sola in un ristorante "prestigioso". Intorno a me, mentre mi scorreva sotto gli occhi, e fra le posate, un menu composto di piccole gourmandise salate, risotto con lumache e porri, maialino della Val Borbera e vari bicchieri di vino, ai tavoli vicini si consumavano civilissime cene di lavoro parlate in francese e inglese. L'unico altro essere di genere femminile oltre me presente ai conviti era però la lepre che avevo nel piatto. 

sabato 10 settembre 2011

Il risotto alla milanese di Gadda

"I predestinati del buongusto sono per lo più di statura media, hanno il viso tondo o quadrato, occhi brillanti, fronte piccola, naso corto, labbra carnose e mento tondeggiante.” Brillat-Savarin  
- Italia – Carlo Emilio Gadda è sempre stato il mio autore italiano preferito e scoprire che era anche un gourmet me lo ha reso ancora più caro, confermando la teoria dei buongustai per predestinazione. Per chi, dopo l'ebbrezza aurea offerta dal risotto di Gualtiero Marchesi, volesse mettersi ai fornelli per preparare la più milanese delle ricette, ecco la versione gaddiana:

L'approntamento di un buon risotto alla milanese domanda  riso di qualità, come il tipo Vialone, dal chicco grosso e relativamente più tozzo del chicco tipo Caterina, che ha forma allungata, quasi di fuso. Un riso non interamente « sbramato », cioè non interamente spogliato del pericarpo, incontra il favore degli intendenti piemontesi e lombardi, dei coltivatori diretti, per la loro privata cucina. Il chicco, a guardarlo bene, si palesa qua e là coperto dai residui sbrani d'una pellicola, il pericarpo, come da una lacera veste color noce o color cuoio, ma esilissima: cucinato a regola, dà luogo a risotti eccellenti, nutrienti, ricchi di quelle vitamine che rendono insigni i frumenti teneri, i semi, e le loro bucce velari. Il risotto alla paesana riesce da detti risi particolarmente squisito, ma anche il risotto alla milanese: un po' più scuro, è vero, dopo l'aurato battesimo dello zafferano.

Recipiente classico per la cottura del risotto alla milanese è la casseruola rotonda, ma anche ovale, di rame stagnato, con manico di ferro: la vecchia e pesante casseruola di cui da un certo momento in poi non si sono più avute notizie: prezioso arredo della vecchia, della vasta cucina: faceva parte come numero essenziale del «rame» o dei «rami» di cucina, se un vecchio poeta, il Bussano, non ha trascurato di noverarla nei suoi poetici «interni», ove i lucidi rami più d'una volta figurano sull'ammattonato, a captare e a rimandare un raggio del sole che, digerito il pranzo, decade. Rapitoci il vecchio rame, non rimane che aver fede nel sostituto: l'alluminio.

La casseruola, tenuta al fuoco pel manico o per una presa di feltro con la sinistra mano, riceva degli spicchi o dei minimi pezzi di cipolla tenera, e un quarto di ramaiolo di brodo, preferibilmente di manzo: e burro lodigiano di classe.

Burro, quantum prodest, udito il numero de' commensali. Al primo soffriggere di codesto modico apporto, butirroso-cipollino, per piccoli reiterati versamenti, sarà buttato il riso: a poco a poco, fino a raggiungere un totale di due tre pugni a persona, secondo l'appetito prevedibile degli attavolati: né il poco brodo vorrà dare inizio per sé solo a un processo di bollitura del riso: il mestolo (di legno, ora) ci avrà che fare tuttavia: gira e rigira. I chicchi dovranno pertanto rosolarsi e a momenti indurarsi contro il fondo stagnato, ardente, in codesta fase del rituale, mantenendo ognuno la propria « personalità »: non impastarsi e neppure aggrumarsi.

Burro, quantum sufficit, non più, ve ne prego; non deve far bagna, o intingolo sozzo: deve untare ogni chicco, non annegarlo. Il riso ha da indurarsi, ho detto, sul fondo stagnato. Poi a poco a poco si rigonfia, e cuoce, per l'aggiungervi a mano a mano del brodo, in che vorrete esser cauti, e solerti: aggiungete un po' per volta del brodo, a principiare da due mezze ramaiolate di quello attinto da una scodella « marginale », che avrete in pronto. In essa sarà stato disciolto lo zafferano in polvere, vivace, incomparabile stimolante del gastrico, venutoci dai pistilli disseccati e poi debitamente macinati del fiore. Per otto persone due cucchiaini da caffè.

Il brodo zafferanato dovrà aver attinto un color giallo mandarino: talché il risotto, a cottura perfetta, venti-ventidue minuti, abbia a risultare giallo-arancio: per gli stomaci timorati basterà un po' meno, due cucchiaini rasi, e non colmi: e ne verrà fuori un giallo chiaro canarino. Quel che più importa è adibire al rito un animo timorato degli dei è reverente del reverendo Esculapio o per dir meglio Asclepio, e immettere nel sacro «risotto alla milanese» ingredienti di prima (qualità): il suddetto Vialone con la suddetta veste lacera, il suddetto Lodi (Laus Pompeia), le suddette cipolline; per il brodo, un lesso di manzo con carote-sedani, venuti tutti e tre dalla pianura padana, non un toro pensionato, di animo e di corna balcaniche: per lo zafferano consiglio Carlo Erba Milano in boccette sigillate: si tratterà di dieci dodici, al massimo quindici, lire a persona: mezza sigaretta. Non ingannare gli dei, non obliare Asclepio, non tradire i familiari, né gli ospiti che Giove Xenio protegge, per contendere alla Carlo Erba il suo ragionevole guadagno. No! Per il burro, in mancanza di Lodi potranno sovvenire Melegnano, Casalbuttano, Soresina, Melzo, Casalpusterlengo, tutta la bassa milanese al disotto della zona delle risorgive, dal Ticino all'Adda e insino a Crema e Cremona. Alla margarina dico no! E al burro che ha il sapore delle saponette: no!

Tra le aggiunte pensabili, anzi consigliate o richieste dagli iperintendenti e ipertecnici, figurano le midolle di osso (di bue) previamente accantonate e delicatamente serbate a tanto impiego in altra marginale scodella. Si sogliono deporre sul riso dopo metà cottura all'incirca: una almeno per ogni commensale: e verranno rimestate e travolte dal mestolo (di legno, ora) con cui si adempia all'ultimo ufficio risottiero. Le midolle conferiscono al risotto, non più che il misuratissimo burro, una sobria untuosità: e assecondano, pare, la funzione ematopoietica delle nostre proprie midolle. Due o più cucchiai di vin rosso e corposo (Piemonte) non discendono da prescrizione obbligativa, ma, chi gli piace, conferiranno alla vivanda quel gusto aromatico che ne accelera e ne favorisce la digestione.

Il risotto alla milanese non deve essere scotto, ohibò, no! solo un po' più che al dente sul piatto: il chicco intriso ed enfiato de' suddetti succhi, ma chicco individuo, non appiccicato ai compagni, non ammollato in una melma, in una bagna che riuscirebbe schifenza. Del parmigiano grattuggiato è appena ammesso, dai buoni risottai; è una banalizzazione della sobrietà e dell'eleganza milanesi. Alle prime acquate di settembre, funghi freschi nella casseruola; o, dopo S. Martino, scaglie asciutte di tartufo dallo speciale arnese affetto-trifole potranno decedere sul piatto, cioè sul risotto servito, a opera di premuroso tavolante, debitamente remunerato a cose fatte, a festa consunta. Né la soluzione funghi, né la soluzione tartufo, arrivano a pervertire il profondo, il vitale, nobile significato del risotto alla milanese.
 

Tratto da Il gatto selvatico n. 10 - agosto 1955
Dall'Archivio storico ENI

giovedì 16 giugno 2011

La tirannia delle battute

“...allo stato attuale dell'arte culinaria, i cuochi sanno benissimo farci mangiare senza fame.” Brillat-Savarin  
- Novara, Piemonte – A volte scrivere una recensione per la Guida è castrante perchè ogni anno il numero delle battute si riduce mentre le cose da dire aumentano. Non c'è spazio per raccontare quanto può essere divertente un benvenuto dello chef che ti invade letteralmente la tavola: un grande sasso con due fessure dalle quali affiorano i craker alle erbe coltivate nell’erbario che la cucina si coltiva da sè e che aromatizzano anche le gonfie e croccanti cheaps. E poi lo spiedino che infilza una polpetta di quaglia e una fetta di zucchina in tempura o il tubo d'acciaio che nasconde una carotina all’arancia. E ancora la lastra in pietra su cui giace come una lumaca addormentata un involtino tiepido di Gorgonzola. Dulcis in fundo la polposa ciliegia imbevuta di liquore e succo d'arancia presentata denocciolata ma con il gambo attaccato. Il vero e proprio menu deve ancora iniziare e non ci sono più battute per descrivere la porchetta cotta a bassa temperatura tenera come le seppioline che le giocano intorno, le due biglie di foie gras ricoperte di granella di pistacchio o di noci con accanto una briochina calda, gli agnolotti del plin all’acciuga con palline di Bettelmatt che nuotano nel consommé di peperone, il risotto con la striscia di ragù di quaglia mela e formaggio, il piccione con i datteri farciti, i cubi di milanese con un ketchup casalingo che ti fa venire voglia di imparare a farlo e una senape troppo delicata e mucchietti di verdure tagliate forse da folletti per quanto sono sottili. Impensabile citare l'assaggio di Gorgonzola stagionato fatto con il latte della mungitura del mattino e perciò più grasso e perciò adatto alla stagionatura e poi le fragole nel vino con la meringa sbriciolata. Ingiusto esilio dall'articolo anche per la scatola in vimini a più piani colma di biscottini, croccanti, nocciole e gelatine di more...