Casale Monferrato, Piemonte - Cappesante non solo nel piatto.
Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.
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lunedì 7 luglio 2014
Cappesante
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Ubicazione:
15033 Casale Monferrato AL, Italia
martedì 31 dicembre 2013
Cappesante a colazione
Piemonte - Saltata quella che sarebbe stata una ormai tardiva colazione, approdo a un
acerbo doppio aperitivo con Arneis e cappesante, per poi sfilare davanti a
una pattuglia con la leggerezza di un palloncino.
Ultime dal 2013.
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lunedì 15 aprile 2013
Dall'altra parte del vetro
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Cappasanta foie gras sedano rapa croccante al “nero” e coulis al Pelaverga © Brillante-Severina |
San Remo, Liguria - Se invece che delle mie memorie si trattasse di quelle dei ristoratori, della mia cena scriverebbero:
Era una serata fiacca di aprile con due soli tavoli riservati, uno da quattro e l'altro da uno, stranamente prenotato con una settimana di anticipo da una donna a nome B., probabilmente la segretaria di un businessman di passaggio, alla quale non avevamo neanche chiesto un recapito telefonico. Il tavolo da quattro, due donne francesi arrivate presto con i nipotini, alle 20.30 aveva già quasi terminato la cena, mentre l'altro alle 20.45 non si era ancora presentato. Questa sera si va a casa presto, ci eravamo detti senza dispiacere visto che il giorno dopo dovevamo alzarci presto per un corso ad Alassio. Poi alle 20.50 era arrivato un taxi e ne era scesa una donna. Di età difficile da definire, con capelli bruni lunghi e ricci e occhi di uno strano colore marino, sotto la giacca verde menta affidata al guardaroba, indossava una camicia di seta che non lasciava intravedere niente, pantaloni tipo tight e scarpe con i tacchi molto sexy e per niente volgari, notate anche dallo chef. Il signor B. che aspettavamo era dunque una lei e fu subito chiaro che non era venuta per una cena veloce. Scelto il tavolo di fronte alla vetrata della cucina a vista dove la brigata la guardava con curiosità ricambiata, ordinò il nostro menu degustazione più ricco, quello da cinque portate più appetizer e pre-dessert, accettò volentieri il calice di Prosecco di aperitivo e, contrariamente a molti nostri clienti che dopo quello si limitano a ordinarne un altro e ci fanno tutta cena, lei ne aveva già bevuto metà prima dell'arrivo dello stuzzichino e chiese la carta dei vini. Voleva un Vermentino, ma il sommelier la convinse abilmente a scegliere un più pregiato e costoso Pigato in barrique. Il fatto di essere sola non le creava imbarazzo, si trastullava con un Ipad e un giornale, ma appena la cucina posava sulla mensola davanti alla vetrata la stoviglia nella quale il piatto andava a comporsi, non aveva occhi che per quello. Lodò i nostri gamberi rossi sanremesi affumicati su legno di quercia e andò in brodo di giuggiole per la cappasanta (noi la scriviamo con una p sola) col foie gras che, normalmente trangugiata in due bocconi, con lei durò parecchio. Ripensandoci, mangiava tutto molto lentamente e la cucina lavorava col freno a mano tirato per non superarla. Quando fu la volta dei ravioli di orata in guazzetto di crostacei tememmo per la sua camicia bianca ma non osammo proporle un bavaglino e lei se la cavò. Intanto la bottiglia continuava a calare e quando chiese che fosse estratta dal secchiello perché troppo gelata era già a metà. Dopo la pescatrice avvolta nello speak con riduzione al passito, le portammo il nostro pre-dessert, un batuffolo di zucchero filato avvolto su un bastoncino infilzato in una fragola che diverte sempre i clienti e lei non fece eccezione. Visto il suo entusiasmo, le lasciammo scegliere il dolce che preferiva, ma lei rimase su quello previsto dalla degustazione, la variazione di mandarino, e volle anche provare il gelato al tabacco da pipa. Come avevamo previsto lo trovò pungente ma fu lo chef a esser punto quando gli disse che il gelato al tabacco era un dolce di battaglia della Conchiglia, lo stellato ristorante di Taggia, dove raccontò di averlo assaggiato alcuni anni prima. A mezzanotte, mentre il sous chef andava a casa e la cucina era ormai linda e immobile, lei e lo chef continuarono a parlare di cucina, Liguria e Piemonte, regione, quest'ultima, dalla quale provenivamo tutti. Lungi da mostrare stanchezza o sonno, lei chiese una grappa e lo chef, che nel frattempo si era preparato un caffè, tirò fuori due bicchierini nei quali versò il Bas Armagnac delle grandi occasioni dando fondo alla bottiglia. Quando lo chef la accompagnò a vedere il dehor lei espresse il desiderio di tornare il giorno dopo a pranzo per assaggiare il crudo di pesce che le aveva descritto, ma per fatale coincidenza era il nostro giorno di chiusura e c'era anche il corso ad Alassio quindi non potemmo accontentarla. Dopo aver pagato il conto, dal quale avevamo detratto Armagnac e caraffa d'acqua (peraltro intatta), la vedemmo salire sul taxi dal quale il guidatore, appena l'aveva vista arrivare, era sceso per aprirle lo sportello, per poi allontanarsi nella notte verso il Porto vecchio.
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mercoledì 6 giugno 2012
Appetiti
"...l'uomo al quale non si serviva meno di un'intera schiera di toro adulto era poi destinato a bere in una coppa di cui poteva appena sostenere il peso.” Brillat-Savarin
- Savona, Liguria – La titolare del ristorante è la mia antitesi. Capelli biondi e diritti, spalle larghe, abbigliamento sportivo, jeans, scarpe da ginnastica. Sentirle dire che si è messa a dieta rinunciando a formaggi vino (e sesso, ma questo forse riguarda altri appetiti) per prepararsi alla prova costume non è piacevole per chi come me ha appena ordinato cappesante arrosto con caponata agrodolce di verdure, taglierini e gamberi, filetto di ricciola (25 euro, ma è pescata nel Mediterraneo assicurano) di sublime polposità cucinata al forno con aromi, pinoli, olive taggiasche, patate e pomodori. Più una bottiglia di Vermentino che bevo a metà. Ogni tanto la signora fa capolino al mio tavolo: pare che la cuoca sia preoccupata per la mia ordinazione fuori dal comune (gli altri clienti sono tutti a dieta e pronti per la spiaggia, immagino). Alla fine chiedo se posso assaggiare una (di numero) fragolina caramellata all'anicioso pastis, ma ormai la cucina ha perso la bussola e mi omaggia di una cosiddetta piccola porzione composta di numerose fragole e una pallina di gelato che per dimensioni non sfigurerebbe su un campo da tennis. La -mia- prova costume è decisamente rinviata a data da destinarsi.
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domenica 13 maggio 2012
Selvaggi
"È noto che gli uomini ancor vicini allo stato di natura ogni faccenda importante la trattano a tavola: i selvaggi decidono la guerra o fanno la pace in mezzo ai banchetti...” Brillat-Savarin
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Fossano, Piemonte – I due uomini affrontano il pranzo di lavoro come una vacanza a gardaland. Mangiano con lo stupore di chi ha appena scoperto che i tonni non nascono nelle scatolette e bevono come se a casa la le chiavi della cantina fossero custodite da mogli astemie. Per l'aspetto, uno rotondetto e l'altro dinoccolato, potrebbero ispirare un nuovo capitolo del Triste, solitario y final di Osvaldo Soriano, se non fosse che non si sentono perdenti, anzi, e sono comunque lontani dalla malinconica empatia ispirata da Stan Laurel e Oliver Hardy. Arrivati a fine pranzo, estraggono i portatili dalle fondine-valigette e parlano di lavoro a voce alta come se fossero soli e infarcendo i discorsi con espressioni scurrili neanche originali. Che fortuna averli come vicini di tavolo... Porto pazienza mentre addento la mezza dozzina di ravioli di gamberi e zucchine al nero di seppia con bisque di crostacei, stringo i denti pucciando i paffuti gamberi rossi d’Imperia nella vellutata di ceci e soffici meringhe di ricotta di capra, mastico amaro con la cappasanta arrostita incoronata di vongole, spero invano che i due si decidano a togliere le tende mentre mi concentro sui formaggi di capra, punto infine sull'effetto calmante del sorbetto, ma l'idea di guastarmi anche il dolce... no, no e no. Fermo la cameriera, le chiedo se c'è un altro posto dove concludere il pranzo e mi autoesilio nello spazio all'aperto (non fa tanto caldo, la congestione è quasi assicurata) per godermi il meritato finale di crostatina di cioccolato fondente con gelato al ruhm e bicchiere (ricolmato dalla cameriera, brava) di un vino siculo di aroma albicoccoso. Dopo il primo crunch, sento le voci dei due salire dalle scale. Se si trasferiscono qui anche loro mi faccio impacchettare il dolce e vado a mangiarlo su una panchina! Pericolo sventato; i pavoni, spennati dall'assenza di pubblico, hanno terminato la recita e se ne vanno.
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domenica 8 gennaio 2012
Considera l'aragosta... di Jessica Fletcher
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Fotografia © Brillante-Severina |
“...è impossibile che, di qui a pochi anni, [la gastronomia] non abbia ad avere i suoi accademici e lezioni e professori...” Brillat-Savarin
- New York – Leggo sul giornale che un celebre storico e un giornalista della rivista New Yorker hanno discusso dei piaceri della tavola durante un pranzo al Jean Georges, un raffinato locale di New York (il testo è apparso sul Financial Times). I piatti sui quali cadono le loro scelte mi sembrano un po' banali -dal salmone al manzo, l'unico guizzo di audacia è il tè al limone con sedano rapa- e così vado sul sito del ristorante e scorro il menu. Io avrei scelto Scallop sashimi Chipotle mayo Crispi rice, Roasted foie gras Infused apples and lime, Roasted Maine Lobster Romanesco Cauliflower and smoked Chili-Almond Emulsion. Tre piatti a scelta per 98 $. Supplemento di 15 $ per l'aragosta del Maine, che è peraltro la stessa creaturina marina oggetto di umane torture che dà il titolo al saggio di David F. Wallace "Considera l'aragosta" -Consider the lobster-. Il capitolo dedicato al vanto culinario del Maine (che la omaggia con tanto di mainelobsterfestival) sfata molte credenze sul modo in cui si può cucinare l'aragosta procurandole meno sofferenza possibile. Appurato che il soffocamento in pentola è il metodo più atroce, si scopre che non rappresenta una valida alternativa neppure la lobotomia proposta dalla celebre Julia Child nel testo sacro Mastering the Art of French Cuisine (riportato in auge dal film Julia&Julia con Meryl Streep a sua volta ispirato al blog di Julie Powell che in un anno ha tentato di cucinare tutte le ricette indicate nel libro) visto che non recide l'intero e ramificato sistema nervoso del crostaceo. Inoltre, poichè le aragoste amano solitudine e buio, già la permanenza in acquari e pescherie è motivo di shock e feroci duelli all'ultima chela. E dire che il solitario crostaceo è con tutta probabilità il manicaretto preferito della sagace Jessica Fletcher della serie tv "La signora in giallo" -Murder she wrote-, che proprio nel Maine vive. Ora che stanno andando in onda le repliche, mi accorgo che non c'è episodio nel quale l'arguta e saputella ma comunque simpatica Angela Lansbury non scelga quale scenario delle sue criminologiche deduzioni un tavolo di ristorante, bar, pub, per non parlare della cucina e della sala da pranzo di casa. E quando non è a Cabot Cove nel Maine ma alloggia in albergo (rigorosamente a 5 stelle e spesso in una affascinante New York anni '80), ecco spuntare il carrello con cloche d'argento del servizio in camera. Altro che autopsie per stomaci forti alla CSI.
Foto: l'aragosta de La Casa dei Capitani, Genova 2010 © Brillante-Severina
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