- Torino, Piemonte – Sono in una confetteria di piazza San Carlo. Davanti a me una signora anziana vestita con semplicità ha appena comperato caramelle sufficienti per i nipoti suoi e dei vicini di casa. Al momento di pagare, sotto lo sguardo allibito della cassiera -e mio- estrae una banconota dalla borsina di plastica bianca che tiene in mano. La borsina è di quelle che danno nei negozi per riporre gli acquisti, è trasparente e si vede benissimo che contiene un mucchietto di banconote da cento euro. Che abbia appena ritirato la pensione o rapinato un bancomat, le uniche preoccupate per lei sembriamo io e la cassiera, perché la vecchina ritira il resto (che infila, ovviamente, nella borsina di plastica) e se ne va serena, con le caramelle in una mano e il malloppo in bella vista nell'altra. Nei giorni seguenti non leggo di alcuna aggressione a senili golosastre, forse lo zucchero tutto sommato allunga la vita.
Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.
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sabato 4 agosto 2012
Lo zucchero che allunga la vita
"Lo zucchero mescolato con la frutta e coi fiori, dà le confetture, le marmellate, le conserve, le torte e i canditi...” Brillat-Savarin
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mercoledì 25 luglio 2012
Uccellacci e uccellini sul mio aperitivo
Fotografia © Brillante-Severina |
- Torino, Piemonte – Se l'aperitivo è un rito, farlo durare il giusto è un'arte. Con i piedi brucianti e la temperatura che inizia a farsi seria, mi siedo a uno dei tavoli di Stratta sotto i portici di piazza S. Carlo prima di avviarmi in stazione. Centellino il mio bicchiere di vino e spilluzzico le tartine con studiata lentezza. Sto iniziando ad assaporare la pausa quando una mezza dozzina di pennuti di specie purtroppo non migratrice del genere columbide plana improvvisamente sul tavolo e si avventa sul piatto delle (mie!) tartine, facendone scempio con gran turbinio di aperture alari, occhietti strabuzzati e avidi becchi spalancati e richiusi come tagliole. Scatto in piedi e resto a guardare lo spettacolo come una sopravvissuta Hitchcockiana, col bicchiere di vino istintivamente salvato in una mano e una tartina mezza mozzicata in un'altra. E mentre il cameriere accorre armato di spruzzino e garruli "sciò sciò", penso che forse il piccione delle piazze rappresenta la coscienza del bevitore, nel qual caso meriterebbe la fine del corvo del film pasoliniano.
Fotografia © Brillante-Severina
Fotografia © Brillante-Severina
lunedì 7 maggio 2012
Acerbo, eppure da gustare
“...il buongusto versa ai letterati a piene mani i più dolci favori." Brillat-Savarin
- Torino, Piemonte - Mentre il cielo sopra Torino minaccia tempesta, entro nella sala, non di un ristorante, ma del teatro Gobetti. Sono venuta a piedi, passando per la confetteria di piazza San Carlo dove ho raccolto bonbons alla frutta come margherite. Guscio caramellato da frantumare piano per arrivare senza far rumore al cuore gommoso di marmellata, mentre sul palcoscenico Valter Malosti, luciferino e misurato malgrado la camicia fucsia, inizia a recitare la seduzione di Venere al ritroso Adone. Le caramelle sono altrettanto seducenti e la mano continua a cercarle nel buio, senza che orecchi e occhi si distraggano dalla scena, in una fusione totale con lo spettacolo. Gusto limone "ti mostra acerbo, eppure da gustare", gusto cannella "lui rosso di vergogna, e dentro un ghiaccio", gusto uva "povero uccel, ch'uva dipinta inganna, e ingozza l'occhio, mentre affama il ventre", gusto liquirizia "t'aliterò fiato celeste", gusto latte e fragola e la camicia di Adone vola via per mostrare il petto candido e liscio, gusto cocco "un bianco più che bianco al lino insegna", gusto ciliegia "la porta di rubino ancora s'apre", gusto arancia "tocca col tuo bel labbro il labbro mio", gusto mela "sarò il tuo parco... bruca ove vuoi", gusto pera "che banchetto mai saresti al gusto". Improvvisamente Malosti attira a sé il giovane Adone, gli fa voltare la schiena al pubblico e senza preavviso gli tira giù i pantaloni. Collo, schiena, natiche, cosce fanno una breve quanto abbagliante apparizione prima che il buio ne copra il pallore con pudore. "Gustato il cibo, bellezza posseduta, profumi l'erba, l'albero dia frutti".
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