Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.
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martedì 16 giugno 2015

Spiritoso santo gambero

"Qualcuno forse mi domanderà se la noia non s'insinuò in qualche momento durante una così lunga seduta." Brillat-Savarin
Lago d'Orta, Piemonte - Sono all'inizio di quello che sarà un lungo pranzo costellato da ottimi piatti conditi con capitomboli di eleganza da parte del patron, quando mi annunciano che il menu degustazione prevede un cambio di antipasto - a quanto pare a mio favore - che si materializza in una torre cilindrica di gamberi rossi di Sicilia poggiati su una sapida collinetta di puntarelle romane condite in salsa aioli alla senape. Mentre nel piatto non resta ormai che una vacillante maceria della roccaforte di crostacei, il patron mi chiede se mi piacciono. Rispondo che sono ottimi e lui, tipo che non rinuncerebbe alla battuta neanche se la conseguenza fosse scatenare la terza guerra mondiale, di rimando esclama: "Ehhhh la mafia... la mafia siciliana". Lo guardo con la lupara, hem la posata, pronta a infilzare l'ultimo gambero rosso (di vergogna) rimasta a mezz'aria, e ancora spero di aver capito male, mentre lui trotterella via soddisfatto per quella che considera un'arguta sortita. Che nessuno porti qui il dittatore di Pyongyang o siamo fritti ...continua

sabato 20 settembre 2014

lunedì 5 agosto 2013

L'autopsia dello scampo con le posate della Barbie

Ravioli di pesce su zuppetta di mare
"I denti dividono gli alimenti solidi..." Brillat-Savarin
Monferrato casalese, Piemonte - Il piatto è piacevole, seppure migliorabile. Tortelli giganti ripieni di polpa di pesce (un po' crudo il nodo della chiusura, difetto frequente in questo tipo di pasta) posati su una saporita zuppetta di pesce non liquida ma con consistenza di ragù, cozze e vongole intere in bella vista. A corona del tutto, un antennato scampo che con le posate a disposizione (non da pesce e coltello con lama rotonda) non è facilissimo estrarre dallo scafandro e consegnare ai denti. Non facile ma neanche impossibile; del resto, se metà del menu è dedicato al pesce, le posate devono essere appropriate.

venerdì 10 maggio 2013

Astice, bavagliolo e passione

Astice e pasta di Gragnano © Brillante-Severina
"Intanto il tempo era trascorso e il mio orologio segnava le..." Brillat-Savarin
Non lontano dall'Abbazia di Staffarda, Piemonte - Non portavo il bavagliolo dai tempi dell'omogeneizzato, mi pare. Era ora di riprovare. Sono ai piedi del Monviso, a pranzo in un ristorante ingiustamente deserto dove ho scelto il tavolo vicino alla vetrata, con vista sul grande prato verde cintato da alberi che nascondono la strada trafficata e che nelle giornate di bel tempo offre come monumentale sfondo la catena alpina. Carne cruda, plin e brasato oggi proprio no. Ordino una coroncina di cappesante grigliate e poi il piatto per cui sono venuta: le penne di Gragnano con astice e pomodorini pachino. Il piatto arriva al dente e corredato di pinza, forchettina per estrarre celate polpe, salvietta profumata (in bustina industriale, pazienza) e bavagliolo, proposto e poi maternamente allacciato dietro al collo dalla proprietaria del ristorante. La quale, a ragionevoli intervalli di tempo, viene a ritirare il piatto scoprendo per ben tre volte che non l'ho ancora finito. Non si può aver fretta di terminare il tête-à-tête tutto tatto e vista con un crostaceo sempre meno coriaceo e con l'invisibile profilo del Monviso nascosto dalle nuvole. La passione non è cieca, è visionaria (Stendhal).

lunedì 15 aprile 2013

Dall'altra parte del vetro

Cappasanta foie gras sedano rapa croccante al “nero” e coulis al Pelaverga   © Brillante-Severina
"...colui il quale inventò la trattoria fu certamente... un osservatore profondo." Brillat-Savarin
San Remo, Liguria - Se invece che delle mie memorie si trattasse di quelle dei ristoratori, della mia cena scriverebbero: 
Era una serata fiacca di aprile con due soli tavoli riservati, uno da quattro e l'altro da uno, stranamente prenotato con una settimana di anticipo da una donna a nome B., probabilmente la segretaria di un businessman di passaggio, alla quale non avevamo neanche chiesto un recapito telefonico. Il tavolo da quattro, due donne francesi arrivate presto con i nipotini, alle 20.30 aveva già quasi terminato la cena, mentre l'altro alle 20.45 non si era ancora presentato. Questa sera si va a casa presto, ci eravamo detti senza dispiacere visto che il giorno dopo dovevamo alzarci presto per un corso ad Alassio. Poi alle 20.50 era arrivato un taxi e ne era scesa una donna. Di età difficile da definire, con capelli bruni lunghi e ricci e occhi di uno strano colore marino, sotto la giacca verde menta affidata al guardaroba, indossava una camicia di seta che non lasciava intravedere niente, pantaloni tipo tight e scarpe con i tacchi molto sexy e per niente volgari, notate anche dallo chef. Il signor B. che aspettavamo era dunque una lei e fu subito chiaro che non era venuta per una cena veloce. Scelto il tavolo di fronte alla vetrata della cucina a vista dove la brigata la guardava con curiosità ricambiata, ordinò il nostro menu degustazione più ricco, quello da cinque portate più appetizer e pre-dessert, accettò volentieri il calice di Prosecco di aperitivo e, contrariamente a molti nostri clienti che dopo quello si limitano a ordinarne un altro e ci fanno tutta cena, lei ne aveva già bevuto metà prima dell'arrivo dello stuzzichino e chiese la carta dei vini. Voleva un Vermentino, ma il sommelier la convinse abilmente a scegliere un più pregiato e costoso Pigato in barrique. Il fatto di essere sola non le creava imbarazzo, si trastullava con un Ipad e un giornale, ma appena la cucina posava sulla mensola davanti alla vetrata la stoviglia nella quale il piatto andava a comporsi, non aveva occhi che per quello. Lodò i nostri gamberi rossi sanremesi affumicati su legno di quercia e andò in brodo di giuggiole per la cappasanta (noi la scriviamo con una p sola) col foie gras che, normalmente trangugiata in due bocconi, con lei durò parecchio. Ripensandoci, mangiava tutto molto lentamente e la cucina lavorava col freno a mano tirato per non superarla. Quando fu la volta dei ravioli di orata in guazzetto di crostacei tememmo per la sua camicia bianca ma non osammo proporle un bavaglino e lei se la cavò. Intanto la bottiglia continuava a calare e quando chiese che fosse estratta dal secchiello perché troppo gelata era già a metà. Dopo la pescatrice avvolta nello speak con riduzione al passito, le portammo il nostro pre-dessert, un batuffolo di zucchero filato avvolto su un bastoncino infilzato in una fragola che diverte sempre i clienti e lei non fece eccezione. Visto il suo entusiasmo, le lasciammo scegliere il dolce che preferiva, ma lei rimase su quello previsto dalla degustazione, la variazione di mandarino, e volle anche provare il gelato al tabacco da pipa. Come avevamo previsto lo trovò pungente ma fu lo chef a esser punto quando gli disse che il gelato al tabacco era un dolce di battaglia della Conchiglia, lo stellato ristorante di Taggia, dove raccontò di averlo assaggiato alcuni anni prima. A mezzanotte, mentre il sous chef andava a casa e la cucina era ormai linda e immobile, lei e lo chef continuarono a parlare di cucina, Liguria e Piemonte, regione, quest'ultima, dalla quale provenivamo tutti. Lungi da mostrare stanchezza o sonno, lei chiese una grappa e lo chef, che nel frattempo si era preparato un caffè, tirò fuori due bicchierini nei quali versò il Bas Armagnac delle grandi occasioni dando fondo alla bottiglia. Quando lo chef la accompagnò a vedere il dehor lei espresse il desiderio di tornare il giorno dopo a pranzo per assaggiare il crudo di pesce che le aveva descritto, ma per fatale coincidenza era il nostro giorno di chiusura e c'era anche il corso ad Alassio quindi non potemmo accontentarla. Dopo aver pagato il conto, dal quale avevamo detratto Armagnac e caraffa d'acqua (peraltro intatta), la vedemmo salire sul taxi dal quale il guidatore, appena l'aveva vista arrivare, era sceso per aprirle lo sportello, per poi allontanarsi nella notte verso il Porto vecchio.

martedì 12 giugno 2012

Il biodinamico che avanza

"...per poca attitudine che si abbia all'osservazione...” Brillat-Savarin  
- Mondovì, Piemonte – Sto sorseggiando un Arneis e piluccando l'appetizer, un hummus di fagioli borlotti con aceto balsamico, quando cinque tedeschi, tre donne e due uomini, entrano nel ristorante, mi salutano educatamente e siedono al tavolo di fronte alla finestra vista colline. Con molta cortesia chiedono a chi li serve spiegazioni e consigli sul menu e uno, l'eletto esperto, impugna la lista dei vini. L'orientamento verso il biodinamico di un noto produttore friulano è in tutti i modi scoraggiato dal proprietario, timoroso che gli stranieri non ne conoscano le caratteristiche. Il fatto che abbiano ordinato il piatto più difficile del menu, gamberi e trippa al curry, rivelatore di curiosità e orientamento a sapori insoliti, non lo impressiona e ammonisce: "Se volete questo vino, per carità... ma dovete essere sicuri... perché è davvero particolare..." - Lo sappiamo" risponde il tedesco, senza però convincerlo: "Dovete conoscerlo bene per ordinarlo... non è il classico vino bianco da bere ghiacciato che uno si aspetterebbe, anzi è più un rosso... è davvero particolare... siete pronti per una simile esperienza?" - "Siamo pronti!" è la ferma risposta del tedesco, alla quale seguono le allegre risate di approvazione dei compagni di tavolata che si girano verso di me per rendermi complice del loro buon umore. Solidarietà poco dopo tradita dall'alemanno sceglitore di vino che pare abbia insufflato nell'orecchio del proprietario il sospetto che io fossi "una delle guide". Un'idea... davvero particolare.

venerdì 8 giugno 2012

Gamberi e trippa contro l'avversità

"...a me piace la gente che reagisce contro l'avversità...” Brillat-Savarin  
- Mondovì, Piemonte – È venerdì mattina e piove su Mondovì alta. Dopo aver camminato per le vie silenziose ed essermi affacciata ai portoni di palazzi monumentali e chiese chiuse, aspetto che arrivi l'ora di pranzo seduta al tavolino di uno dei bar sotto i portici della piazza principale. Quando entro nel ristorante lo trovo molto bello, con imponente soffitto a cassettoni, tocchi vivaci alle pareti e dalle finestre vista su colline e Langhe. Oltre me c'è un tavolo di cinque tedeschi, uomini e donne di mezza età cordiali e allegri già prima di iniziare a bere. Ordino e mangio con gusto, senza dimenticare gli appunti mentali per la recensione destinata alla Guida: tortino di zucchine con provola leggermente affumicata e pesto, gamberi e trippa al curry (per i quali anche i tedeschi vanno in brodo di giuggiole, squittendo e scattando foto ricordo), tagliatelle di grano duro con fave salame cotto e pecorino, alici con patate e fagiolini, tortino caldo di cioccolato, qualche nocciola ricoperta di curry, Arneis e grappa. Pago il conto e, sorpresa, il cuoco mi dice sottovoce che dopo 8 anni chiude, causa scarsa affluenza. Si trasferisce non so dove. Mi è più chiaro di aver guidato molte ore per una recensione che cadrà nel vuoto. Per consolarmi vado a vedere i vivaci galletti dipinti sui piatti del (deserto) museo della ceramica e poi salgo sulla (vuota) funicolare per esplorare Mondovì bassa, come l'umore generale.

mercoledì 6 giugno 2012

Appetiti

"...l'uomo al quale non si serviva meno di un'intera schiera di toro adulto era poi destinato a bere in una coppa di cui poteva appena sostenere il peso.” Brillat-Savarin  
- Savona, Liguria – La titolare del ristorante è la mia antitesi. Capelli biondi e diritti, spalle larghe, abbigliamento sportivo, jeans, scarpe da ginnastica. Sentirle dire che si è messa a dieta rinunciando a formaggi vino (e sesso, ma questo forse riguarda altri appetiti) per prepararsi alla prova costume non è piacevole per chi come me ha appena ordinato cappesante arrosto con caponata agrodolce di verdure, taglierini e gamberi, filetto di ricciola (25 euro, ma è pescata nel Mediterraneo assicurano) di sublime polposità cucinata al forno con aromi, pinoli, olive taggiasche, patate e pomodori. Più una bottiglia di Vermentino che bevo a metà. Ogni tanto la signora fa capolino al mio tavolo: pare che la cuoca sia preoccupata per la mia ordinazione fuori dal comune (gli altri clienti sono tutti a dieta e pronti per la spiaggia, immagino). Alla fine chiedo se posso assaggiare una (di numero) fragolina caramellata all'anicioso pastis, ma ormai la cucina ha perso la bussola e mi omaggia di una cosiddetta piccola porzione composta di numerose fragole e una pallina di gelato che per dimensioni non sfigurerebbe su un campo da tennis. La -mia- prova costume è decisamente rinviata a data da destinarsi.

domenica 29 gennaio 2012

La cuoca che vede passare i treni

“La sala... offre allo sguardo scrutatore del filosofo un quadro degno del suo interesse per la varietà delle situazioni che riunisce.” Brillat-Savarin
- Liguria – Serata gustosa in un piccolo locale di un piccolo paese della riviera ligure. Surreale l’atmosfera del ristorante, a partire dall’ingresso dove, vedendo un massiccio bancone da pub, si crede di aver sbagliato indirizzo. E invece si è gentilmente accompagnati in una sala lunga e stretta con panche in legno e finestre dai vetri scuri. Sembrerebbe priva di interesse se non fosse che da quelle finestre, ogni mezz’ora circa, arriva il rumore di un treno che passa. Sotto ci sono due binari, un passaggio a livello e pure una galleria. Il tutto mi diverte, forse un po’ meno il mio accompagnatore che credeva di cenare guardando il mare, ma ha insistito lui per accompagnarmi. Il mare comunque c’è, ed è nel piatto. Il pesce affumicato al legno di faggio è fresco e ben presentato, anche se è avaro di condimento. Chiedo un olio e, bella sorpresa, ne arriva uno siciliano (conservato nella bottiglia dell’acqua no, però…). Le tapas sono spassose perché difficili da conquistare (provate voi a mangiare un mini hamburger di alici alto 8 cm). Dei primi mi piacciono i tre tortelli verdi di baccalà con salsa di topinambur (l’odierno equivalente del prezzemolo e me ne compiaccio), mentre continuo a pensare che i paccheri bisogna lasciarli agli abili cucinieri del sud. Stappiamo la seconda bottiglia di vino con dolcissimi e teneri gamber(ett)i di S. Margherita e un fin troppo salutare cappon magro (a km 1000 da quello barocco di Paolo Masieri). I rintocchi inaspettati di un campanile precedono la sontuosa torta di mele destrutturata e se non fossi distratta dalla conversazione magari riuscirei a finirla prima di vederla squagliarsi. Vado a esplorare il bagno. Per coerenza, è minimalista, di un color caramello anni '70 e si trova sul poggiolo, forse per un’ultima occhiata ai binari prima di uscire, all'1.45. Sconsigliato ad aspiranti suicidi.

domenica 8 gennaio 2012

Considera l'aragosta... di Jessica Fletcher

Fotografia © Brillante-Severina

“...è impossibile che, di qui a pochi anni, [la gastronomia] non abbia ad avere i suoi accademici e lezioni e professori...” Brillat-Savarin
- New York – Leggo sul giornale che un celebre storico e un giornalista della rivista New Yorker hanno discusso dei piaceri della tavola durante un pranzo al Jean Georges, un raffinato locale di New York (il testo è apparso sul Financial Times). I piatti sui quali cadono le loro scelte mi sembrano un po' banali -dal salmone al manzo, l'unico guizzo di audacia è il tè al limone con sedano rapa- e così vado sul sito del ristorante e scorro il menu. Io avrei scelto Scallop sashimi Chipotle mayo Crispi rice, Roasted foie gras Infused apples and lime, Roasted Maine Lobster Romanesco Cauliflower and smoked Chili-Almond Emulsion. Tre piatti a scelta per 98 $. Supplemento di 15 $ per l'aragosta del Maine, che è peraltro la stessa creaturina marina oggetto di umane torture che dà il titolo al saggio di David F. Wallace "Considera l'aragosta" -Consider the lobster-. Il capitolo dedicato al vanto culinario del Maine (che la omaggia con tanto di mainelobsterfestival) sfata molte credenze sul modo in cui si può cucinare l'aragosta procurandole meno sofferenza possibile. Appurato che il soffocamento in pentola è il metodo più atroce, si scopre che non rappresenta una valida alternativa neppure la lobotomia proposta dalla celebre Julia Child nel testo sacro Mastering the Art of French Cuisine (riportato in auge dal film Julia&Julia con Meryl Streep a sua volta ispirato al blog di Julie Powell che in un anno ha tentato di cucinare tutte le ricette indicate nel libro) visto che non recide l'intero e ramificato sistema nervoso del crostaceo. Inoltre, poichè le aragoste amano solitudine e buio, già la permanenza in acquari e pescherie è motivo di shock e feroci duelli all'ultima chela. E dire che il solitario crostaceo è con tutta probabilità il manicaretto preferito della sagace Jessica Fletcher della serie tv "La signora in giallo" -Murder she wrote-, che proprio nel Maine vive. Ora che stanno andando in onda le repliche, mi accorgo che non c'è episodio nel quale l'arguta e saputella ma comunque simpatica Angela Lansbury non scelga quale scenario delle sue criminologiche deduzioni un tavolo di ristorante, bar, pub, per non parlare della cucina e della sala da pranzo di casa. E quando non è a Cabot Cove nel Maine ma alloggia in albergo (rigorosamente a 5 stelle e spesso in una affascinante New York anni '80), ecco spuntare il carrello con cloche d'argento del servizio in camera. Altro che autopsie per stomaci forti alla CSI. 
Foto: l'aragosta de La Casa dei Capitani, Genova 2010 © Brillante-Severina

venerdì 2 settembre 2011

Piovono aragoste

Fotografia © Brillante-Severina

“La dieta ha un effetto importante sui sogni.” Brillat-Savarin  
- Torino – Non si sa se la Pixart si sia ispirata a loro in Alla ricerca di Nemo o se viceversa i protagonisti di questa storia abbiano ideato l'evasione dopo aver visto il cartone animato, fatto sta che un giorno a Torino le persone che camminavano su un marciapiede si sono viste piovere addosso un buon numero di aragoste, tanto da non saper più se dirsi sveglie e sognanti. Gli arzilli crostacei, le cui gesta sono state immortalate anche dalla stampa cittadina, erano in allegra fuga dalla cucina di un ristorante le cui finestre si affacciavano sulla via. Probabilmente avevano puntato le antenne in direzione Po, con sosta in piazza Castello per un bicerin e poi ai Murazzi per un concerto a suon di nacchere-chele, e avevano come meta finale un tuffo carpiato nel mar Adriatico. Perchè non sono mai sotto la finestra giusta quando c'è un'ittica evasione in corso?