Arte diffusa. C'è un piccolo paese dell'alessandrino che vale una deviazione per gli agnolotti quadrati di una certa gastronomia. Le sue vetrine affacciano su una chiesa in stile gotico che è tutta un fiorire di decori e formelle in cotto (what else?), archi e pinnacoli. Santa Maria e San Siro, si chiama, ed è il valore aggiunto della spesa.
(Due piccioni con una deviazione a) Sale, Piemonte
Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.
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martedì 5 dicembre 2017
Arte diffusa
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martedì 24 giugno 2014
Alito di risarcimento
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Linguine con vongole, cedro, polvere di camomilla |
Roma, dalle parti di piazza Fiume - Il ristorante è piccolo e quando tutti gli avventori sono arrivati, il brusio riempie la sala. Il servizio al mio tavolo è svolto da una ragazza giovane e sveglia in leggins neri che la fanno sembrare un grillo e da un cameriere più elegante ma meno brillante seppure volenteroso. Se i piatti li porta lei sono sicura di quel sto per assaggiare, mentre quando li serve lui rimango nel dubbio: a causa del rumore si china verso di me per illustrare nomi e ingredienti, solo che soffre di alitosi e io naturalmente mi tiro indietro, con il risultato che non capisco niente. Uno dei piatti che mi arrivano ai timpani e al cuore sono le Linguine con vongole, crema di cedro e polvere di camomilla. Una preparazione equilibrata ma che stupisce, per il cedro che amplifica la nota marina delle vongole e la camomilla che sostiene la solida dolcezza della pasta. Quanto ai 6 euro tolti al conto di 80, li considero un alito di risarcimento.
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Roma, Italia
lunedì 28 aprile 2014
Ricci di mare e lingue d'anatra
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lunedì 5 agosto 2013
L'autopsia dello scampo con le posate della Barbie
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Ravioli di pesce su zuppetta di mare |
"I denti dividono gli alimenti solidi..." Brillat-Savarin
Monferrato casalese, Piemonte - Il piatto è piacevole, seppure migliorabile. Tortelli giganti ripieni di polpa di pesce (un po' crudo il nodo della chiusura, difetto frequente in questo tipo di pasta) posati su una saporita zuppetta di pesce non liquida ma con consistenza di ragù, cozze e vongole intere in bella vista. A corona del tutto, un antennato scampo che con le posate a disposizione (non da pesce e coltello con lama rotonda) non è facilissimo estrarre dallo scafandro e consegnare ai denti. Non facile ma neanche impossibile; del resto, se metà del menu è dedicato al pesce, le posate devono essere appropriate.
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martedì 18 giugno 2013
Teorema di lievito
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Anolini © Brillante-Severina |
Prendi la farina, trattala male, falla impastare per ore... Non farti viva quando l'aggrumi, stemperala come fosse un favore... Falle sentire che è poco importante, dosa bene polso e abilità... Cerca d'essere una tenera cuoca, ma fuori dalla spianatoia nessuna pietà... E allora si vedrai che ti riuscirà, chi é meno manipolato più soddisfazione ti dà.
No cara amica, non sono d'accordo, tu parli da cuoca apprendista. Pezzo di anolino, la pasta non ti é lievitata e tu non hai insistito. Non esistono crudeltà in impasto, basta essere quello che sei. Lascia aperta la porta della cucina, vedrai che una farina 00 é già in cerca di te!
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lunedì 20 maggio 2013
La terribile apparizione
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Tagliatelle e spugnole © Brillante-Severina |
Da qualche parte in Piemonte - Avevo notato il paese prima che il ristorante. Un giorno, tornando a casa da un servizio fotografico e un pranzo, avevo seguito la freccia gialla un po' sbiadita che indicava un castello e mi ero ritrovata ad arrampicarmi con la macchina su un piccolo borgo silenzioso e deserto. Chiesa parrocchiale con facciata rosa ondulata a ventaglio, case giallo zafferano con tendine di pizzo alle finestre, il profilo imponente del castello squadrato come un bonet (dolce tipico piemontese al cioccolato e amaretti) con rovine ricoperte da rampicanti rugginosi degno dell'attenzione di Walpole, cappella con affresco di drago calpestato dal piede in armatura del solito biondastro santo di nome giorgio. Era autunno e portai a casa un bel servizio fotografico e la scoperta di un ristorante affacciato su una delle vie che mi ero ripromessa di provare per proporne l'ingresso in Guida. Alcuni mesi dopo, una domenica di primavera, ripetevo il viaggio (circa centocinquanta chilometri), entravo nel locale accolta dalla più gentile ospitalità e trovavo un ambiente suggestivo, un servizio curato, piatti invitanti che sembravano confermare la buona scelta. Mi era stato apparecchiato un bel tavolo con vista sulla sala intera e coraggiosamente ordinavo un tris di antipasti, una pasta fresca con erbe e funghi e due secondi, di pesce e di carne e pure un dolce, crepasse l'inappetenza. La quale tosto si presentava sotto forma di capello di media lunghezza attorcigliato su se stesso sulle tagliatelle. Rimasi male.
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lunedì 13 maggio 2013
Tavolo per uno e visigoti
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Fettuccine di pasta al cacao e ragù di rombo © Brillante-Severina |
Saluzzo, Piemonte - Quando scendo nel ristorante dell'albergo, i tedeschi che occupano rumorosamente la camera accanto alla mia sono già da mezz'ora con le gambe sotto la grande tavola d'angolo. Per ora sono gli unici avventori. I tavoli apparecchiati per una persona (così si fa quando si aspetta l'ospite che ha prenotato per uno) sono due. Quello nella posizione migliore è vicino ai tedeschi, perciò scelgo l'altro, anche se si trova di fronte al corridoio di ingresso. Poco dopo scende il secondo avventore solitario, un ragazzo straniero in maglietta rossa a maniche corte, e gli viene proposto il tavolo accanto ai discendenti dei visigoti. Quando si accorge che non è il massimo è ormai tardi. Forse per questo ordina solo un'insalata e un primo (in quest'ordine) e, dopo una lunga lettura della carta dei vini, si rifugia in un calice di rosso scelto dal proprietario. Potrei quasi provare tenerezza per lui e offrirgli un bicchiere del mio strepitoso Nebbiolo, ma non ce n'è il tempo. Nel giro di mezz'ora, quando io non ho nemmeno ancora sfiorato le fettuccine di pasta al cacao e ragù di rombo, lui consuma i suoi due piatti e se ne va.
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venerdì 10 maggio 2013
Astice, bavagliolo e passione
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Astice e pasta di Gragnano © Brillante-Severina |
Non lontano dall'Abbazia di Staffarda, Piemonte - Non portavo il bavagliolo dai tempi dell'omogeneizzato, mi pare. Era ora di riprovare. Sono ai piedi del Monviso, a pranzo in un ristorante ingiustamente deserto dove ho scelto il tavolo vicino alla vetrata, con vista sul grande prato verde cintato da alberi che nascondono la strada trafficata e che nelle giornate di bel tempo offre come monumentale sfondo la catena alpina. Carne cruda, plin e brasato oggi proprio no. Ordino una coroncina di cappesante grigliate e poi il piatto per cui sono venuta: le penne di Gragnano con astice e pomodorini pachino. Il piatto arriva al dente e corredato di pinza, forchettina per estrarre celate polpe, salvietta profumata (in bustina industriale, pazienza) e bavagliolo, proposto e poi maternamente allacciato dietro al collo dalla proprietaria del ristorante. La quale, a ragionevoli intervalli di tempo, viene a ritirare il piatto scoprendo per ben tre volte che non l'ho ancora finito. Non si può aver fretta di terminare il tête-à-tête tutto tatto e vista con un crostaceo sempre meno coriaceo e con l'invisibile profilo del Monviso nascosto dalle nuvole. La passione non è cieca, è visionaria (Stendhal).
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mercoledì 24 aprile 2013
Sessappiglio
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Bottoncini di pasta e infuso © Brillante-Severina |
"...il liquido va sempre giù..." Brillat-Savarin
A nord del Bioparco, Roma - Noto sin dalle prime portate una certa parsimonia nella distribuzione delle posate. Ogni piatto è preceduto dall'arrivo di una sola posata alla volta e così il sorbetto lo pilucco con la forchetta, la tonica sfoglia di mozzarella la strazio a cucchiaiate e riduco a più miti consigli il coriaceo cuore di panzanella a colpi di rebbi, per non parlare dell'appetizer affrontato a mani nude. Forse han portato l'argenteria a lucidare, penso, e sono subito punita. Quando vengono serviti gli sferici bottoncini di pasta, completati con un infuso versato al tavolo dal maître con quel gesto evocativo dei cerimoniali della geisha che potrebbe ben accendersi di sessappiglio, accanto al piatto non c'è alcuna posata (fine del sex appeal). Cerco di richiamare a gesti l'attenzione della cameriera, che però mentre mi passa davanti guarda altrove, e del maître, anche lui in altri pensieri assorto. In un crescendo fantozziano, gorgheggio contenuti richiami "Signorinahhhhh..." ma niente. Quando mi decido ad alzare il tono di voce, per fatale coincidenza gli altri tavoli occupati della sala stringono un patto di posata alleanza e osservano un minuto di silenzio. L'attenzione è richiamata, più o meno come se stessi sorvolando i tavoli su una liana ululando a tonsille sciolte il richiamo di Tarzan. Comunque non arrivano gli animali della giungla e neanche quelli del vicino Bioparco, ma un cucchiaio e molte scuse. A chiedere anche una forchetta, che renderebbe più piacevole la consumazione dei bottoni di pasta, rinuncio. Ugola in sciopero.
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martedì 26 marzo 2013
Il mappazzone
Salice Terme, Lombardia - Prima o poi arriva, almeno una per ogni edizione della guida. È la peggior cena dell'anno. E come spesso accade, capita dove non te l'aspetti. Dopo una buona accoglienza, attraverso una sala elegante e approdo a un secondo ambiente decisamente più rustico. Malgrado vi siano diversi tavoli liberi, me ne viene assegnato uno in posizione infelice, accanto a una colonna con scarsa vista sulla sala e appiccicato a un termosifone che ogni tanto si anima come un pentolone infernale. Mi faccio spostare ma il motivo non è capito visto che una coppia arrivata subito dopo viene fatta sedere ancora lì. Inizio ad assaggiare i piatti ordinati con un crescendo di inappetenza. Il tortino di patate e porri non sa di molto ma in compenso i bigoli ai carciofi e acciughe sono talmente scotti che sembra di masticare una zuppa. La crespella (piatto del giorno proposto fuori carta) è precotta e mal riscaldata, ripiena di un mappazzone carciofoso che neanche i sofficini, ricoperta da un mantello di salsa al pomodoro impressionante (ma non l'impressione giusta) sotto il quale si intravede una crosta di formaggio che, non avendo fatto in tempo a sciogliersi, è ancora aggrumata e screpolata. Difficile immaginare che nella stessa sera possa arrivare in tavola qualcosa di meno appetitoso e invece ecco il coniglio alla ligure, normalmente arrostito e profumato, qui proposto in forma di bocconcini in umido circondati da una salsa acidula nella quale vanno alla deriva olive taggiasche e pinoli che sanno di muffa. L'unica cosa buona è il vino nel bicchiere. E proprio mentre questo pensiero mi attraversa la mente, dall'altra sala arrivano le voci di alcuni habitué (uomini certamente dotati di anticorpi fuori dalla norma) che parlano del luogo dove è (notare: non sarebbe, ma "è") conservato il Graal. Tutto paranormale, compreso il tipo che qualche tavolo più in là sta facendo una missione esplorativa fra i denti, me ne posso andare.
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mercoledì 19 settembre 2012
Nonostante il tavolo
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Fotografia © Brillante-Severina |
- Roma, più o meno Parioli – Alla fine ho deciso di andarci. Prenoto un tavolo a cena nel nuovo due stelle romano. Ho portato diversi vestiti che potrebbero andare bene per la serata, ma come spesso capita in queste situazioni, al momento della scelta nessuno sembra adeguato e ho un pretesto per andare a comprare un abito nuovo. Non faccio in tempo a uscire dal negozio col mio setoso bottino che inizia a piovere. A Roma il sanpietrino, già controindicato per i tacchi, diventa addirittura infido se bagnato e scivoloso. Il taxista è abbastanza gentile da aprirmi lo sportello (merito del sandalo), ma non abbastanza da tirare su il finestrino (aiuttt, sembrerò la Medusa). Queste attenzioni al superfluo tanto necessario si rivelano pateticamente vane, perché al ristorante mi accompagnano a un tavolo che rivolge le spalle alla sala: potrei indossare un sacco di tela e gli occhiali di Groucho Marx e nessuno se ne accorgerebbe. Non amo questi tavoli un po' disgraziati, ma capisco il motivo della scelta: offrirmi la vista sul grande giardino (che conosco a memoria, ma qui non lo sanno), reso suggestivo dal baluginare delle torce accese. Fiammelle simbolicamente eteree che un nuovo acquazzone a metà serata impietosamente spegne, tra il fuggi fuggi del personale in giacca bianca che mette in salvo i cuscini dei divani. Per fortuna la grande vetrata è non solo un occhio sull'esterno, ma riflette anche i movimenti della sala alle mie spalle, altrimenti farei un balzo sulla sedia allo sbucare ogni due minuti di uno dei tanti camerieri che serve il tavolo per versare l'acqua gallese, porgere i grissini sottili come spaghi o i panini caldi, cambiare il tovagliolo, stappare un nuovo vino, presentare i piatti della degustazione (150 euro) che prevede lumache alla mentuccia con bava di fagioli e caffè, eliche di pasta cacio e pepe con ricci di mare che in effetti sollevano da terra per quanto sono buone, astice con finferli e schiuma alle rose (un insieme che produce un mesto sapore di brodo di pollo), quaglia e fegato grasso supportata dal felice incontro di frutta secca e sedano, eterea mousse di cioccolato e caramello con gelato al fior di sale seguita da goduriose zeppole... guadagnandosi la lauta mancia, nonostante il tavolo.
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domenica 12 agosto 2012
L'arte di cavar tappi
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Fotografia © Brillante-Severina |
- Piemonte – Agostano pranzo domenicale con i genitori. Ordiniamo linguine con astice e Vermentino. Il cameriere porta la bottiglia, la infilza col cavatappi e, per aiutarsi a estrarre il sughero, infila la poveretta fra le gambe appena sotto l'inguine e tira. Quando ci versa il vino chiedendo se va bene, avremmo la tentazione di rispondere che sa di... bidé.
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venerdì 8 giugno 2012
Gamberi e trippa contro l'avversità
"...a me piace la gente che reagisce contro l'avversità...” Brillat-Savarin
- Mondovì, Piemonte – È venerdì mattina e piove su Mondovì alta. Dopo aver camminato per le vie silenziose ed essermi affacciata ai portoni di palazzi monumentali e chiese chiuse, aspetto che arrivi l'ora di pranzo seduta al tavolino di uno dei bar sotto i portici della piazza principale. Quando entro nel ristorante lo trovo molto bello, con imponente soffitto a cassettoni, tocchi vivaci alle pareti e dalle finestre vista su colline e Langhe. Oltre me c'è un tavolo di cinque tedeschi, uomini e donne di mezza età cordiali e allegri già prima di iniziare a bere. Ordino e mangio con gusto, senza dimenticare gli appunti mentali per la recensione destinata alla Guida: tortino di zucchine con provola leggermente affumicata e pesto, gamberi e trippa al curry (per i quali anche i tedeschi vanno in brodo di giuggiole, squittendo e scattando foto ricordo), tagliatelle di grano duro con fave salame cotto e pecorino, alici con patate e fagiolini, tortino caldo di cioccolato, qualche nocciola ricoperta di curry, Arneis e grappa. Pago il conto e, sorpresa, il cuoco mi dice sottovoce che dopo 8 anni chiude, causa scarsa affluenza. Si trasferisce non so dove. Mi è più chiaro di aver guidato molte ore per una recensione che cadrà nel vuoto. Per consolarmi vado a vedere i vivaci galletti dipinti sui piatti del (deserto) museo della ceramica e poi salgo sulla (vuota) funicolare per esplorare Mondovì bassa, come l'umore generale.
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giovedì 24 maggio 2012
Men at work
"Le persone di spirito più delle altre tengono in onore il buon gusto...” Brillat-Savarin
- Torino, Piemonte – Ore 14.00. Ho appena lasciato la valigia in albergo (ma è a norma una stanza con finta finestra in un tre stelle???) e sono già nel pastificio di via Lagrange per un pranzetto ristoratore. Per la prima volta nella storia della mia frequentazione del locale, trovo ad attendermi uno spettacolo inedito: non c'è anima viva. Nessuno seduto al tanto ambito tavolo centrale, nessuno appollaiato sui seggiolini davanti alla vetrata o in narcisistica estasi di fronte agli specchi. Mi siedo al tavolo rotondo al centro della sala fingendo di aver prenotato tutti i posti e il motivo del deserto mi è subito chiaro. Fuori stanno rimuovendo l'impalcatura che per mesi ha bendato la facciata del palazzo in restauro e l'operazione provoca una tempesta di sabbia. All'esterno i tavolini sono inagibili e dentro hanno preferito dirottare i clienti al piano di sopra. A me non hanno proposto di salire ma non mi abbatto e mangio il piattone di spaccatelle con melanzane pomodoro e mozzarella godendomi la vista sui bicipiti in tensione degli operai all'opera. E visto che i lavori vanno per le lunghe, ordino anche una seria porzione di crème brulée alla vaniglia. Burp.
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