Tagliatelle e spugnole © Brillante-Severina |
Da qualche parte in Piemonte - Avevo notato il paese prima che il ristorante. Un giorno, tornando a casa da un servizio fotografico e un pranzo, avevo seguito la freccia gialla un po' sbiadita che indicava un castello e mi ero ritrovata ad arrampicarmi con la macchina su un piccolo borgo silenzioso e deserto. Chiesa parrocchiale con facciata rosa ondulata a ventaglio, case giallo zafferano con tendine di pizzo alle finestre, il profilo imponente del castello squadrato come un bonet (dolce tipico piemontese al cioccolato e amaretti) con rovine ricoperte da rampicanti rugginosi degno dell'attenzione di Walpole, cappella con affresco di drago calpestato dal piede in armatura del solito biondastro santo di nome giorgio. Era autunno e portai a casa un bel servizio fotografico e la scoperta di un ristorante affacciato su una delle vie che mi ero ripromessa di provare per proporne l'ingresso in Guida. Alcuni mesi dopo, una domenica di primavera, ripetevo il viaggio (circa centocinquanta chilometri), entravo nel locale accolta dalla più gentile ospitalità e trovavo un ambiente suggestivo, un servizio curato, piatti invitanti che sembravano confermare la buona scelta. Mi era stato apparecchiato un bel tavolo con vista sulla sala intera e coraggiosamente ordinavo un tris di antipasti, una pasta fresca con erbe e funghi e due secondi, di pesce e di carne e pure un dolce, crepasse l'inappetenza. La quale tosto si presentava sotto forma di capello di media lunghezza attorcigliato su se stesso sulle tagliatelle. Rimasi male.
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