Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.
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venerdì 26 gennaio 2018

Barattoli, gatti e solitudine di provincia



Invitare a pranzo da me i miei genitori è l’occasione per acquistare una serie di barattolini colmi di sfiziosità sott’olio che, secondo la mia strategia, saranno preziosi alleati a tavola mentre farò paciughi ai fornelli. 
I barattoli in questione stanno appunto scorrendo sul rullo del supermercato nel quale mi piace andare a fare una piccola spesa quasi ogni domenica mattina. Esperienza quasi Zen per me, complici gli ambienti ampi e luminosi che mi mettono di buon umore, gli avventori misti (diverse coppie, poche famiglie, qualche single) e un bar dove trovo quasi sempre posto per bere un caffè e leggere il giornale portato da casa. Se aprissero anche un’edicola o una libreria degna di questo nome stazionerei per ore, ma stabilisco già un ragguardevole record considerato che per inserire una decina di alimenti nel cestello impiego non meno di un paio d’ore, soffermandomi a studiare i prodotti, gli ingredienti, la grafica delle etichette eccetera. Neanche il cestello a mano mi incoraggia ad accelerare i tempi (cosa potrei fare con il più comodo modello a rotelle è imprevedibile; il carrello, poi, potrebbe prosciugarmi giornata e finanze). 
Mentre i barattoli arrivano al capolinea della cassa, la signora prima di me ha ormai pagato e sta infilando gli acquisti in una borsa di plastica. La sua spesa è ancora più scarna della mia e si muove con gesti lenti, nell’atteggiamento di chi non ha fretta di uscire che conosco bene. Mentre sto già infilando vasetti e altre sfiziosità nella mia borsa di tela, lei è ancora lì, me ne accorgo quando mi rivolge inaspettatamente la parola:
- “I suoi vasetti mi hanno fatto ricordare un disastro che ha fatto il mio gatto” mi dice con il sorriso ammiccante di chi sta per rivelare un segreto di vita la cui condivisione ritiene utile per salvare il fortunato interlocutore da chissà quali catastrofi “ne ha versato uno e c’era olio dappertutto, avesse visto…”
La guardo con maggiore attenzione ora. Il viso senza un filo di trucco ma non privo di rughe e l’abbigliamento anonimo rendono difficile attribuirle un’età. Forse è anche più giovane di mia madre ma ha un aspetto mesto. Sorride di un sorriso un po’ nervoso, come quando cerchi di fare conversazione con degli sconosciuti consapevole che potrebbero non gradirlo e trovarti invadente. Eppure lo fai lo stesso. 
Anche se la mia natura individualista e solitaria non mi fa pesare più di tanto le molte giornate trascorse senza parlare con qualcuno (gioia dei lavoratori autonomi), so che talvolta rivolgere sorrisi o qualche parola agli sconosciuti sono gesti naturali contro l’inselvatichimento. Così, pur non avendo un gatto né altri animali domestici, le sorrido a mia volta e sto davvero per chiederle cosa contenesse il vasetto rovesciato quando lei si volta e se ne va, non senza imbarazzo, mi pare.
La seguo con lo sguardo alcuni secondi prima di tornare a riempire la borsa, incalzata dagli sguardi già impazienti dei clienti successivi. Persone con le quali non attaccare bottone né condividere barattolo. 

domenica 21 gennaio 2018

Aria sospetta... moi?

Non mi piace pranzare presto, così faccio una passeggiata per le vie semi deserte del paesino collinare che ospita il ristorante da recensire e scatto qualche foto a un roseto in letargo.
Incrocio un'auto dell'Arma. Una, due, tre volte. Alla quarta mi chiedo se ho l'aria sospetta anche lontana da un tavolo di ristorante.
(Mezzodì a) Govone, Piemonte

Posso avere un menu con i prezzi, per favore?

A pranzo da sola, in ristorante elegante.
- "La signora gradisce la carta dei dessert?"
- (Li conosco a memoria, perché ho letto tutto il menu sul sito prima di venire) "Si, certo, grazie"
Il cameriere mi porge il menu aperto sulla pagina dei dolci. Mi ha portato però il menu senza prezzi. 
- (Un gesto automatico, un'associazione mentale che ne ha tradito la... distrazione? Farglielo notare è come sparare sull'ambulanza, ma se nessuna mai protesta... da qualche parte bisogna pur cominciare...)
- "Ha scelto un dolce, signora?"
- (Cerca di essere gentile, ma ferma... non essere arrogante, ma non passarci sopra...) "Posso avere un menu con i prezzi, per favore?"
Il cameriere sbianca, io accenno un sorriso per dargli sostegno morale e lui se ne esce così:
- "Scusi... sa... è per galanteria"
(non so se sia meglio pensare che sia stato maschilismo o distrazione a) Govone, Piemonte

domenica 6 settembre 2015

Colazione da riders

Lombardia - Mentre guido verso la solita pasticceria per oziosa colazione e lettura giornale domenicale, incappo in una lunga coda di macchine guidate solo da uomini. La colazione promette bene oggi, penso.
E penso male, perché perdo tutti a una rotonda che porta a un affollato raduno di riders.

lunedì 15 giugno 2015

(In)avvertibili sfumature

"Io ho visto nascere la rilassatezza: essa è venuta a poco a poco, per inavvertibili sfumature." Brillat-Savarin
Lago d'Orta, Piemonte - PROLOGO: Non so perché un ristorante con voto ottimo e, fino a poco tempo fa, tra i pochissimi in Italia a potersi fregiare di tre stelle Michelin, sia da anni non solo poco richiesto dai colleghi ma addirittura assegnato con imbarazzo. Comunque sto per scoprirlo visto che ho accolto la supplica del caporegione e ne sto oltrepassando la soglia. Ad accogliermi all'ingresso trovo l'attempato patron in elegante quanto classica tenuta composta da giacca blu con bottoni dorati e pantaloni scuri e un camerierino giovane e biondo dal marcato accento teutonico che, se non fossimo in una Valle del novarese, mi aspetterei di trovare in un bar di Los Angeles a pagarsi gli studi per diventare il futuro James Dean. Malgrado sia domenica c'è solo un altro tavolo occupato e dopo di me non arriverà più nessuno a godersi il profluvio di argenti, i centrini sulle porcellane profilate in oro, le tende ricamate che neanche più Nonna Speranza e un'enorme pianta di calle bianche adagiata in un vaso di porcellana fiorentina dipinta di impressionanti dimensioni. Mi sono data un budget che devo cercare di rispettare e perciò quando il patron in doppiopetto mi propone un aperitivo di cui dopo un'ora e mezza di guida in autostrada avrei proprio voglia, lo rifiuto per il semplice motivo che non essendomi ancora stato consegnato il menu ignoro se esso sia gentilmente offerto o se, come sospetto, si debba pagare e profumatamente (no, non pensate sia un caso: sul menu c'è scritto se l'aperitivo ha un costo e mentre mi rivolge la domanda il patron trattiene il menu in mano senza alcun accenno a consegnarmelo). Non che l'arrivo in tavola del menu risulti illuminante, visto che i prezzi non sono indicati. Nei ristoranti eleganti, alle signore -di una coppia- viene lasciato un menu senza prezzi come segno di galanteria (nel quale noi signore moderne iniziamo in realtà a leggere altri significati), ma porgere un menu senza prezzi, per giunta in un locale dove la media è di 40 euro a piatto con punte di 70,  a una donna che mangia da sola si rovescia in indelicata scortesia. Scorro i nomi dei piatti che del resto già conosco a memoria per averli studiati sul sito e aspetto che patron, maître o cameriere mi capitino a tiro. Ovviamente sono tutti impegnati altrove. "Mi perdoni…" - pronuncio col più gentile dei toni in direzione del patron che finalmente compare - "…potrei avere un menu con i prezzi?" Quello, sorridente e traboccante spirito fino a un attimo prima, sbianca e ogni muscolo della faccia sembra paralizzarsi come se gli avessi chiesto uno sconto ancor prima di iniziare a mangiare. "O forse i prezzi non sono previsti?" aggiungo io con un sorriso per trarlo d'impaccio. Favore ricambiato con una battuta sul fatto che poi il pranzo dovrebbe pagarlo il mio "cavaliere". Né l'ultima né la più infelice della serie di battute e comportamenti di dubbia eleganza che costelleranno il pranzo, ma da parte mia la cortesia è finita e la guerra può iniziare, a colpi di sorrisi falsi, imbarazzi veri e, sorpresa, cucina ottima ...continua >>
PS
Quando arriva il menu con i prezzi, leggo il costo dell'aperitivo: 10 euro.

venerdì 29 maggio 2015

Il rabbocco che fa traboccare

"...definire con precisione ciò che si deve intendere per buongusto...." Brillat-Savarin
Priocca, Piemonte - In un momento di imperdonabile debolezza, decido di bere vino al calice invece di ordinare una bottiglia adocchiata nella carta da abbinare al menu degustazione del ristorante nel Roero. La mia sorpresa quando, arrivata a metà del bicchiere di Arneis consigliato dal patron e che contavo di far bastare per i tre antipasti, l'uomo si avvicina con la bottiglia chiedendo se ne gradisco ancora un po' e, arrivata a metà del secondo rabbocco, si ripresenta con la stessa domanda e cortesia. Ovviamente accetto, pensando di lui il meglio possibile. Che gentiluomo, che garbo, ma soprattutto che generosità! In abbinamento al primo e al secondo piatto mi propone, sempre al calice, un Nebbiolo. Poco impegnativo e di facile beva, adatto all'anatra in salsa di ciliege. Di nuovo, mentre sono a metà del bicchiere, si avvicina e chiede se ne gradisco ancora (notare che il bicchiere era ancora piuttosto pieno e quindi solo piccolo rabbocco fu). Dopo l'ottimo cibo e anche se il finale della cena non è stato proprio il massimo (alle 22.30 c'è stato un fuggi fuggi dei clienti e non mi è sembrato il caso di ordinare una grappa -del resto neppure proposta- che avrei probabilmente dovuto bere in fretta e furia) chiedo il conto e pago senza neppure controllare le voci come mi invita a fare il patron. Lo faccio più tardi, ed eccole lì, le cifre. Il bicchiere di Arneis con i due mezzi rabbocchi mi è costato 10 euro (ovvero il costo di metà bottiglia) e il buongusto ha raggiunto l'apice con bicchiere di Nebbiolo che con il timido rabbocco è costato 12 euro. Con il totale dei calici di vino (22 euro) avrei potuto ordinare una bottiglia intera di buona qualità. Non si fa e non torno più (per un po').

giovedì 7 maggio 2015

Capitombolo caseario

"Io manovrai sul campo di battaglia..." Brillat-Savarin
Colline Tortonesi, Piemonte - La cosa bella dell’inserire nella spesa del sabato un serio investimento economico in formaggi, è che poi la sera hai un ottimo pretesto per startene a casa guardando vecchi film in dvd e sbocconcellando caprini di media stagionatura tagliati da forme piramidali e cilindriche, talvolta rivestite di cenere, erborinati giallo ocra impastati con il whisky o più pallidi e solcati da muffe blu-viola al Sauternes o di pasta compatta crestata da agrumi e bergamotto e ancora generose porzioni triangolari di Brie de Meaux la cui pasta molle e cremosa color giallo paglia e il "saveur de noisette" potrebbero resuscitare la diplomazia di Talleyrand che al banchetto di chiusura del Congresso di Vienna del 1815 riuscì a farlo proclamare re dei formaggi, conquistando perfino la simpatia di Metternich che prediligeva il Bleu de Bavière e non lasciando probabilmente neanche la crosta "fiorita", pregiata e commestibile, allo sconfitto Napoleone (che comunque pare preferisse il pungente e morbidoso Époisses de Bourgogne dalla crosta rossa). È tutto un tagliare, spalmare, tartinare, sperimentare abbinamenti con miele all’anice stellato (souvenir di una vacanza di due giorni ad Ancona), confetture ai petali di rosa o alla zucca cedrina (preparate da abili cheraschesi per non so quale benefica iniziativa promossa durante un mercatino antiquario), al glicine (dall’Oltrepo) o alle pere con note speziate e piccanti (dal Monferrato alessandrino) e un goccio estratto a forza dal fondo di bottiglia di Moscato Passito che languiva in frigorifero da settimane. Finché, riluttante, decidi di fermarti e vai in semiletargo davanti allo schermo. Ti svegli a mezzanotte passata e valuti che l’ora ti concede di andare a dormire senza sentirti troppo gallina e stai per farlo quando ti accorgi di aver dimenticato di gettare le olezzanti carte nelle quali i formaggi erano avvolti (nella foga di consumarne il contenuto…). Le abbranchi, sali i tre gradini che conducono alla portafinestra oltre la quale c’è il bidoncino dell’immondizia e nel percorso a ritroso, non si sa se per il sonno, per un’impressione suscitata alla pupilla dalla trama del film visto solo venti volte o per un vendicativo sgambetto del fantasma di Napoleone, perdi il conto dei gradini che da tre diventano due e getti il piede nel vuoto. Come fanno nei film a svenire dal dolore resta un mistero, perché le fitte alla caviglia e al piede tutto ti tengono sveglia, piangi come un vitello per il male e la tua stupidità, confermata dalla mancanza di ghiaccio nel freezer (stracolmo invece di tajarin, pinguini alla viola e presunte prelibatezze che in certi momenti perdono fascino) e dal fatto che dopo aver unto il piede con un gel antidolore leggi sulla scatola che è scaduto nel 2011. Il giorno dopo regali a te e al malcapitato genitore che è venuto a raccattarti una domenica al pronto soccorso dove, insulso codice verde che non sei altro, dopo oltre 6 ore di attesa, raggi e una benda di fortuna (hanno esaurito crema antinfiammatoria e garze) risulta che non ti sei rotta nulla. E per forza! Con tutti i formaggi ingurgitati, le ossa almeno si sono rafforzate! Ahio…

sabato 18 aprile 2015

Le inarrivabili sfumature della memoria

"Io ho visto nascere la rilassatezza: essa è venuta a poco a poco, per inarrivabili sfumature." Brillat-Savarin
Colline Tortonesi, Piemonte - Quando verso l'una entro nel ristorante dove ho prenotato senza lasciare nome (né vero né falso), non mi meraviglio della sala deserta e sorrido cordiale al patron che mi viene incontro in solitario con espressione perplessa e passo claudicante. Mi accompagna a un tavolo incuneato in un angolo claustrofobico vicino alla porta della cucina, ma di fronte alla mia faccia un po' delusa mi propone di scegliere il posto che preferisco. Siedo vicino alla luminosa vetrata con vista fuori sul verde delle siepi e dentro sulle bottiglie di vino infilate per il collo negli scaffali forati come groviera. Ogni volta che viene al tavolo (solo ora realizzo che la mia scelta lo costringe a percorrere lunghe distanze con la gamba zoppicante) l'uomo mi scruta, soffermandosi anche su abbigliamento e collana (spero guardi solo quella), come a cercare conferma di un sospetto al quale però non dà voce. Si trattiene all'appetizer, all'antipasto di pesce spada e lardo, ai tortelli ripieni di patate dolci, ma dopo aver servito la carne, al terzo boccone mi sento chiedere se la gradisco. Si tratta di un filetto di Fassona in zuppetta di funghi di buona qualità e fattura, forse un tantino troppo cotto, ma non lo dico, limitandomi alle lodi. Lui sorride e senza preavviso lascia uscire dal gargarozzo quel che evidentemente non gli era andato giù: "Non come l'agnello di tre anni fa che aveva trovato troppo duro". Touché, sgamé e peggio per me, mai rilassarsi.

Il silenzio è d'oro

"È segno d'ignoranza servire una quaglia non incartata..." Brillat-Savarin
Colline Tortonesi, Piemonte - Nell'assolata giornata di aprile sono l'unica ospite di un ristorante elegante. Come accade fin troppo spesso, il patron si fa un punto d'onore d'intrattenermi con quelle che considera amenità, ovvero un'insidiosa rete nella quale si incarta da solo:
Il silenzio è d'argento:
"All'alberghiero nel '99 ci dicevano che non è vero che il cliente ha sempre ragione, il cliente è stupido e bisogna spiegargli le cose" (se le sembra "cosa" da dire all'unica cliente presente...)
Il silenzio è d'oro:
"In una fase della mia vita volevo farmi prete, e quando ero seminarista..." (ma chi se ne...?)
Il silenzio è sempre più d'oro:
"Mi son fatto male a una gamba ma devo guarire per la partita di calcetto..." (davvero interessante, si si)
Il silenzio è di platino:
"Fra la vecchia gestione e quella attuale non c'è paragone. Durante la gestione precedente la sera le <donne> (leggi <escort>) portavano gli uomini a cena; adesso invece sono gli uomini (leggi <babbei di ogni età>) a portare le donne (sempre le <escort> di cui sopra)." Ah, beh, allora è tutta un'altra cosa.

mercoledì 15 aprile 2015

Incentivi

Per darmi un incentivo ad andare a recensire in serata un ristorante che so essere frequentato da babbei accompagnati da burrose escort straniere e che quindi mi attira quanto una passeggiata sotto la pioggia, vado dalla parrucchiera (più carina, più voglia di uscire a dilapidare i risparmi?). Risultato: mi viene un super raffreddore e alle 20.10 medito seriamente di scambiare coperto con coperte.
Scommetto che a Julia Roberts certe cose non succedono.

sabato 21 marzo 2015

Colla pazienza s'acquista s...auvignon

Flan ai tre cavoli con fonduta di Pizzocorno
"Gl'inizi non mi furono favorevoli..." Brillat-Savarin
Torrazza Coste, Lombardia - Guidando piano per studiare i boccioli degli alberi toccati dalla primavera (cerco idee e colori per il mio nascendo giardino), arrivo al ristorante alle porte dell'Oltrepò pavese dove non ho prenotato e che a quanto pare è al completo. Mi dicono che un tavolo sarà pronto nel giro di dieci minuti e io, che soprattutto il sabato amo i tempi lenti per non parlare del fatto che, abituata a mangiare in locali deserti, sono curiosa di vedere la sala tanto affollata al piano di sopra, volentieri aspetto. Sto socializzando col legno del bancone del bar all'ingresso, quando entra una coppia con figlia adolescente. Sono clienti abituali ma un tavolo potrebbe richiedere comunque un bel po' di tempo, perché il prossimo è per me. Si consultano, spiegano al proprietario che la figlia è reduce da un'influenza e che se l'attesa fosse troppo lunga sarebbe meglio per loro rinunciare. Mi offro di cedergli il mio e per convincerli che davvero non ho fretta, ordino un bicchiere di vino da bere come aperitivo lì al bar. Titubano, non sanno se accettare, io insisto. "Davvero molto gentile... Non ci era mai successo... Ma lei di dov'è?" e vogliono a tutti i costi offrirmi il bicchiere che l'oste nel frattempo sta colmando. Colla pazienza s'acquista scienza. E a quanto pare anche Sauvignon.

lunedì 10 novembre 2014

Servizio di genere

Se non dovessi più tornare in tutti i ristoranti dove ho riscontrato atteggiamenti paternalistici e maschilisti nei confronti delle clienti... dovrei imparare a cucinare.

martedì 30 settembre 2014

La classe non è sangue

Stati Uniti - La signora Frances Glessner Lee, progenitrice di tecniche investigative alla CSI e modello per il personaggio di Jessica Fletcher, dopo i seminari offriva ai partecipanti roast-beef al Ritz (in porcellane da lei ordinate allo scopo).
La classe non è sangue.

sabato 27 settembre 2014

Improbabile medioevo gourmet

Asti (ma anche altrove), Piemonte - A settembre  non puoi uscire di casa senza imbatterti nell'ennesima festa medievale. Ti tende il suo agguato, con una successione di banchetti legno&paglia che incoraggiano a consumare formaggi e salumi rimasti esposti all'aria per ore, porchette e salamini da porcelli allevati non si sa dove (e come) e a bere birra. E per gli infanti: guerreschi spadini di legno ai bimbi e stucchevoli fatine alle bambine, per insegnare da subito gli "ovvi" valori (di genere).

lunedì 28 luglio 2014

Finger food mania

Roma, Quartiere Esquilino - C'è chi nasce con la camicia. Quella che indosso per recensire il ristorante stellato sulla cresta dell'onda è bianca e vorrei non fosse un proposito effimero farla restare tale. Ecco perché quando al tavolo arriva l'ennesimo manicaretto a sorpresa, golosissimo e fragile nel suo straripare di salse colorate, polpe lucide e germogli, da mangiare rigorosamente senza posate (del resto neanche ancora portate in tavola), lo guardo un po' sconfortata. La ragazza del tavolo a fianco, che capisce al volo e teme forse anche lei l'effetto Pollock sull'abito, mi sorride. Ed è subito solidarietà femminile... (per la cronaca, non mi sono sporcata e me ne chiedo ancora la ragione e solo con l'arrivo delle posate ho iniziato a godermi la cena).

mercoledì 23 luglio 2014

mercoledì 9 luglio 2014

Distratti cronici

Roma - "Sorry" mi dice il giovane e barbuto cameriere mentre ritira il piatto vuoto, più impegnato a gigioneggiare con le amiche che occupano il tavolo vicino che a seguire con attenzione gli altri avventori. Poi cerca di riparare: "Scusi signò, non so mai chi ho davanti". Non sai quanto è vero, caro.

venerdì 27 giugno 2014

Scacco al tacco

Senza tacchi
Roma, dalle parti di piazza Navona - A volte a Roma la sera non metti i tacchi perché esci con amiche che non li portano, a volte perché i sanpietrini romani non perdonano e preferisci evitare di camminare come una quaglia (leggi Uccelli di ravanello >), a volte perché piove a dirotto e hai già i tuoi problemi a saltare le pozzanghere che ti separano dal taxi che parte proprio mentre lo raggiungi. Quando finalmente si presenta l'occasione giusta, ovvero una cena con una cara amica che ama i tacchi... non li metti perché ti fa male un piede. E questo chiude l'argomento.

giovedì 26 giugno 2014

Il sapore dell'ingiustizia

Alice marinata e calamaro in tempura
Mi guardano storto perché non ho voluto il tavolo nel corridoio di passaggio e ne ho scelto uno migliore. In fondo avevo prenotato con "solo" una settimana di anticipo.
Roma, dalle parti di piazza Fiume - Sulla città sta per piovere il più violento dei temporali serali e così abbandono i miei buoni propositi di camminatrice e alle 20.00 prendo un taxi per il ristorante. Sorvolando sui 15 euro della corsa, mi ritrovo davanti al locale troppo presto e cammino un po' per perdere tempo, ma la mancanza di attrattive nella via e il cielo ormai nerissimo mi fanno entrare quasi subito. Al cameriere che mi viene incontro dò il nome con il quale ho prenotato. Controlla sull'agenda e mi accompagna a uno dei peggiori tavoli, all'incrocio fra sala e corridoio, senza neanche chiedere se va bene. Non è certo la prima volta che mi succede, ma l'aver prenotato con una settimana di anticipo mi incoraggia a opporre resistenza e, guardando il tavolo perplessa, chiedo se sia possibile averne un altro. Lui, che come avrà ampiamente modo di dimostrare durante la cena, non è un genio del servizio (leggi Il cameriere alita sempre due volte >), ribadisce al cospetto degli altri clienti che quello è il tavolo riservato a me. Ci fronteggiamo, alto e scurovestito lui, riccioli scompigliati dal maltempo io. Qualcosa nel suo atteggiamento - non arrogante ma gentilmente beota - mi fa desiderare di andar via (brava, e l'articolo come lo scrivo poi?), ma rispondo timidamente che avendo prenotato con molto anticipo mi aspettavo un tavolo migliore. Sua esitazione, fine del braccio di ferro, posso scegliere un altro tavolo. Visto che quelli liberi sono solo due, bontà mia mi siedo a quello più laterale, posto fra il tavolo angusto rifiutato e quello che avrei desiderato perchè più centrale, dal quale riesco comunque a vedere cosa succede in sala. Non so se per una mia fissazione, ma nei minuti successivi ho l'impressione che gli altri membri dello staff mi guardino un po' storto per aver scombussolato la loro topografia conviviale. I piatti della cena si rivelano poi squisiti ma, come ribadisco spesso, non sempre basta. Considerato che il tavolo centrale al quale ho rinunciato è stato occupato da due ragazzi la cui cena era offerta (quindi 0 euro di incasso in serata) e che il tavolo rifiutato è stato assegnato a due inglesi che a) avevano prenotato il giorno stesso b) si sono presentati con 45 minuti di ritardo c) in due han speso quanto io da sola ho investito nella mia cena singola... ci ho sentito il sapore dell'ingiustizia.

mercoledì 25 giugno 2014

Gemelli diversi

Gamberi crudi e burrata

Roma, dalle parti di piazza Fiume - I due ragazzi del tavolo accanto scalpitano chiedendosi perché, dopo la successione abbastanza veloce di antipasti, il primo non sia neanche all'orizzonte. Il motivo è che loro e io abbiamo ordinato lo stesso (ricco) menu degustazione di pesce e la cucina ha quindi impresso ai due tavoli il medesimo ritmo, facendo uscire i piatti insieme. E dato che, lenta come al solito, non ho ancora terminato l'ultimo antipasto (dei gamberi crudi con burrata, biscotto brutto-ma-buono e salse di melanzana affumicata e pomodoro che vorrei non finissero mai), anche se loro sono in due e io da sola, sono io a scandire il ritmo delle uscite. Cavalleria rustica(na).