Girolamo di Benvenuto |
- Cetona, Toscana - Quando arriviamo all'eremo (mica uno qualunque, il primo convento fondato da San Francesco), siamo in ritardo perché abbiamo sottovalutato i tornanti. Non è mancata qualche discussione, io convinta che passando per Siena non ci potessimo perdere un posto così particolare, lui perplesso sull'opportunità di fare tanta strada per una cena. Davanti al portone di ingresso una donna ci aspetta tranquilla per traghettarci attraverso cortili ormai bui. Entriamo in una sala lunga e stretta arredata con molto gusto di cui ricordo soprattutto medievali giochi di luci e ombre sulla pietra ambrata. Il menu degustazione è scritto su un foglio di carta pregiata decorata con un grande fiore acquarellato a mano che stempera gli ultimi mugugni di lui. Per centoventimila lire a testa, cifra ragguardevole nel 1997, ci portano affettato del convento con sottaceti e paté di olive, filetti di orata con pomodoro e cipolla, spuma calda di pecorino e gorgonzola, ravioli di melanzane con pomodoro e basilico, sartù di riso al ragù di piccione, anatra brasata all’aceto balsamico con verdure in agrodolce. Molti prodotti sono coltivati in loco (dalla comunità ospite del convento impegnata nella disintossicazione dalla droga), i sapori dei piatti, dopo tanti anni, li ho ormai dimenticati. Tutti tranne uno, quello dei lombi di coniglio in vinaigrette, al punto che ancora oggi se vedo lombi di coniglio in menu (capita di rado) li ordino, sperando di ritrovare quel piatto ormai mitizzato dal ricordo. Alla fine della cena chiedo del bagno e un giovane uomo mi accompagna nuovamente attraverso corridoi e chiostri e scale, e ben presto perdo l'orientamento. Mentre mi asciugo le mani nella salvietta di lino bianco mi chiedo preoccupata come riuscirò a tornare indietro, esco titubante, ma la persona che mi ha accompagnata è ancora lì ad aspettarmi per riportarmi in sala. Mai stata così felice di vedere un uomo. Quanto a "lui", dimenticata l'iniziale riottosità, si vanta con gli amici della cena al convento per mesi e mesi.
"Ti prego ancora che mi porti di quei dolci, che eri solita darmi quando mi trovavo ammalato a Roma" scrive un San Francesco vicino alla morte, a Donna Jacopa "serva dell’Altissimo"
RispondiElimina/ Dalle Fonti Francescane — Sezione prima, pag. 158/
I dolci in questione sono i mostaccioli