La pizza del Tegamino © Brillante-Severina |
"...è accolto con la più tenera premura..." Brillat-Savarin
Torino, via Bogino - Non ho pranzato. Né cenato. E neanche un aperitivo sono riuscita a rimediare. Quindi, finito l'impegno di lavoro serale a teatro, con sincero appetito entro nella pizzeria di via Bogino nella quale sono stata il mese prima, a pochi giorni dall'apertura. Stranamente al piano di sotto non c'è nessun cliente ed è quasi vuota anche la sala sopra (leggi anche Ai piani bassi), ma l'accoglienza è gentile e sapendo che la chiusura è tardi, scorro con calma il menu. Arriva la cameriera e mi dice che, ehm, i forni sono stati spenti perché di solito a quell'ora nessuno va più a mangiare. "Ma non chiudere alle due?" - "Da pochi giorni abbiamo cambiato orari, apriamo a pranzo e la sera chiudiamo prima". Io me ne andrei... riproviamo un'altra volta non è detto e poi non si sa mai... mi dice una pooh-vocina, e anche la ragazza insiste che per la pizza non ci sono problemi e mi invita a scegliere... tenendo però conto che il pomodoro è finito. Scartata quella con mozzarella pomodori e prosciutto dell'altra volta (foto), corteggio la carciofi violetti e speak, ma sento invece la mia voce ordinare la patate, fontina e porri di Cervere. Dopo pochi minuti è uno dei pizzaioli in persona a servirla e non sono neanche a metà di pizza e ambrata birra belga che gli unici altri due tavoli occupati restano deserti. Mastico e ingollo nella sala bianca e vuota. Spengono la musica. A rischio di congestione sono alla cassa, dove si ricordano di me (per i capelli, boh...) e chiedono se la pizza mi è piaciuta. Ne segue una conversazione con proprietaria e pizzaioli (al porro io sostituirei la salsiccia, come in un'ormai classica versione di Gabriele Bonci) che sarebbe davvero piacevole se non si svolgesse in piedi e tutto sommato incalzata dalla saracinesca tentata dalla forza di gravità. Mio malgrado vengo sgamata e non c'è verso di pagare il conto. Così esco con due sensi di colpa, aver fatto lavorare i pizzaioli fuori orario e gratis.
Torino, via Bogino - Non ho pranzato. Né cenato. E neanche un aperitivo sono riuscita a rimediare. Quindi, finito l'impegno di lavoro serale a teatro, con sincero appetito entro nella pizzeria di via Bogino nella quale sono stata il mese prima, a pochi giorni dall'apertura. Stranamente al piano di sotto non c'è nessun cliente ed è quasi vuota anche la sala sopra (leggi anche Ai piani bassi), ma l'accoglienza è gentile e sapendo che la chiusura è tardi, scorro con calma il menu. Arriva la cameriera e mi dice che, ehm, i forni sono stati spenti perché di solito a quell'ora nessuno va più a mangiare. "Ma non chiudere alle due?" - "Da pochi giorni abbiamo cambiato orari, apriamo a pranzo e la sera chiudiamo prima". Io me ne andrei... riproviamo un'altra volta non è detto e poi non si sa mai... mi dice una pooh-vocina, e anche la ragazza insiste che per la pizza non ci sono problemi e mi invita a scegliere... tenendo però conto che il pomodoro è finito. Scartata quella con mozzarella pomodori e prosciutto dell'altra volta (foto), corteggio la carciofi violetti e speak, ma sento invece la mia voce ordinare la patate, fontina e porri di Cervere. Dopo pochi minuti è uno dei pizzaioli in persona a servirla e non sono neanche a metà di pizza e ambrata birra belga che gli unici altri due tavoli occupati restano deserti. Mastico e ingollo nella sala bianca e vuota. Spengono la musica. A rischio di congestione sono alla cassa, dove si ricordano di me (per i capelli, boh...) e chiedono se la pizza mi è piaciuta. Ne segue una conversazione con proprietaria e pizzaioli (al porro io sostituirei la salsiccia, come in un'ormai classica versione di Gabriele Bonci) che sarebbe davvero piacevole se non si svolgesse in piedi e tutto sommato incalzata dalla saracinesca tentata dalla forza di gravità. Mio malgrado vengo sgamata e non c'è verso di pagare il conto. Così esco con due sensi di colpa, aver fatto lavorare i pizzaioli fuori orario e gratis.
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