© Brillante-Severina |
Roma - Il cibo mi perseguita. Ne ho l'ennesima prova mentre rientro da una cena a mezzanotte passata. Sto salendo a piedi le sei (o sono otto?) rampe di scale (non per scelta salutista ma perché il palazzo non ha ascensore) e noto il pomello del corrimano che per forma e colore sembra un tubero. Avendo appena ingollato un menu da dieci portate annaffiato da mezza bottiglia di bollicine e non sentendomi del tutto salda sui sandali preferiti verde metallico il cui tacco dodici avrebbe bisogno di un condono, attribuisco la fisiognomica somiglianza alla fantasia sovraeccitata dalle libagioni. Eppure... torno indietro e osservo il pomolo del passamano a fianco: ha una forma snella e allungata completamente diversa ed è in ferro. Mi decido ad allungare un dito verso il pomello sospetto e, si, è proprio una patata, infilata lì non si sa da chi e non più rimossa. L'ho già detto che il cibo mi perseguita?
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