- Verona, Veneto - Oggi pranzo nel giardino fiorito di un ristorante bistellato vicino Bra. Nel centro c'è una fontanella il cui gorgoglio è sorvegliato da una muta rana in pietra. Si sta davvero bene. E' il mio regalo per essere sopravvissuta al Vinitaly. Già, il Vinitaly... lunedì 26 marzo mi alzavo alle 5.00, salivo su treni assortiti e navette per acciughe per visitare una manifestazione nella quale appassionati, professionisti e beoni sono soliti mescolarsi allegramente. Ma senza la meraviglia della scoperta alla Sideways. Dopo una giornata fra padiglioni e stand, con i piedi a pezzi nonostante le scarpe basse, alle 19.00 ritornavo alla stazione di Verona P.N. con un solo desiderio: sedermi, e un sogno: essere già a casa. E invece mi aspettava una sorpresa: tutti i treni per Milano erano annunciati con un'ora di ritardo e poi puntualmente soppressi a causa di un incidente ferroviario. Lasciata in balia della stazione, squallida, priva di sala d'aspetto o di un parallelepipedo qualunque sul quale posare le stanche terga, condividevo la sorte di centinaia di persone sconosciute, più o meno rassegnate, arrabbiate, preoccupate, quando non in preda ai fumi dell'alcolico tour. Il binario sul quale era atteso il primo treno disponibile era talmente affollato da non riuscire più ad accedervi dalle scale. Conquistare -prima o poi- un posto in prima fila, salire su un treno che, deviando dal percorso solito, avrebbe impiegato ore per arrivare a Milano e riuscire poi a prendere una coincidenza per rientrare a casa sarebbe stato impossibile. Così come trovare una camera in albergo a Verona il secondo giorno della fiera. Una persona investita sui binari è una fatalità che non si può prevedere, d'accordo, ma se una città non dispone di una stazione degna di questo nome e non sa offrire la minima assistenza, è meglio evitare di organizzare manifestazioni che attirano migliaia di persone. Di Vinitaly io non voglio più sentir parlare.
Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.
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giovedì 29 marzo 2012
FS battono Vinitaly per ko
“L'essere umano che si riposa prova un benessere generale e indefinibile... le fibre si distendono, il cervello si rinfresca, i sensi sono calmi, le sensazioni ottuse..." Brillat-Savarin
lunedì 26 marzo 2012
Last night a cheese save my life
“...l'animo cerca cose analoghe ai suoi bisogni..." Brillat-Savarin
- Verona, Veneto - La sola cosa gourmet di questa edizione del Vinitaly che per quanto mi riguarda voglio ricordare è la cena che amici mi hanno offerto la sera, unica consolazione all'impossibilità di tornare a casa (causa treni soppressi, leggi). Il succulento tomino avvolto nello speck con insalatina di radicchio e il barocco risotto all'Amarone servito in una cialda croccante di parmigiano mi hanno proprio risollevato il morale. Potere del cibo.
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giovedì 22 marzo 2012
Camilleri, Montalbano e i bianchetti
Bianchetti, carciofi e zenzero © Brillante-Severina |
- Comunità europea verso Mediterraneo - Una rappresentante dell'Unione Europea per la pesca ha annunciato di aver scritto una lettera ad Andrea Camilleri, il papà del commissario Montalbano, per chiedergli di non far mangiare al protagonista dei suoi romanzi la pasta condita con il novellame di pesce (i bianchetti per intendersi, gianchetti in Liguria). Che si abboffi di triglie, sarde, pesce spada, ma il novellame no, perchè pescare i pesci di piccola taglia che non sono ancora nell'età della riproduzione, incide sulla loro sopravvivenza nel Mediterraneo. Camilleri si riserva di rispondere quando la lettera della commissaria europea gli sarà effettivamente recapitata...
Fotografia: frittura di bianchetti, carciofi e zenzero © Brillante-Severina
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domenica 18 marzo 2012
Fagiani in fuga
“...il piacere di osservare mi salvò dalle angustie della noia." Brillat-Savarin
- Colline astigiane, Piemonte - Dopo il pranzo in un ruspante ristorante fondato da un garibaldino che devo recensire per la Guida (leggi Garibaldini ai fornelli), percorro in macchina le montagne russe delle colline astigiane inseguendo i cartelli per il capoluogo e vedo: in uno stretto fosso un anziano che rimuove erbacce, in un fosso ancora più stretto un pony (giuro) che si abbevera, davanti al parabrezza un grosso fagiano che svolazza altrove spaventato (tranquillo, per oggi sono sazia), per strada due donne anziane imbacuccate nei cappotti che fanno una lenta passeggiata e un po' più avanti una ragazza che invece sui jeans indossa solo un top, in una piazza deserta un monumento alto e stretto eretto a un giovane partigiano caduto proprio lì. Mi fermo a leggere la lapide, sul muro sono ancora visibili i grossi fori del mitra. Ci infilo le dita e ascolto il silenzio di questo pomeriggio sospeso nel tempo.
sabato 17 marzo 2012
Mascherare l'amaro
“Bisogna aver riflettuto a lungo sui prodotti del globo per usare con abilità i condimenti e mascherare l'amaro di alcuni cibi, per aumentare il sapore di altri, per adoperare i migliori ingredienti." Brillat-Savarin
- Langhe, Piemonte - Ci sono chef giovani e promettenti talvolta rovinati da una critica gastronomica sensazionalistica e/o prezzolata. Leggo belle cose di un nuovo locale aperto in Langa. Le leggo nell'articolo di un importante quotidiano nazionale e sul blog a porzioni di un pluripremiato giornalista gastronomico (se ha pagato il conto di quel pranzo mi mangio i capelli). E andiamola ad assaggiare questa cucina, mi dico. È sabato a pranzo e il locale è deserto, ma questo non importa. Importa l'acqua nella bottiglia blu dal sapore orrendo, la signora che all'invito a fare un abbinamento al calice ai piatti risponde "non sono molto ferrata, ma ci provo" (e quel provarci si materializza nella bottiglia di vino più cara nella sua tipologia), le stoviglie da finger food in plastica per giunta segnate di rossetto, le posate dalla foggia talmente strana che non si riesce a impugnarle, l'ennesima variazione dell'indifeso ortaggio, gli agnolotti ripieni di formaggio che non si capisce perchè nella sfoglia abbiano il cacao amaro visto che tanto non si sente, la quaglia dall'aspra farcia di salsiccia che ha per contorno un inutile semolino e tre pezzetti di patata fritta assurdamente serviti in un bicchierino. Dopo il dolce (buon tortino di cioccolato liquido) mi alzo e pago il conto. La "signora dei vini" mi chiede se sono in zona di passaggio per lavoro. Rispondo di no, amo il cibo. Lei ci dovrebbe leggere l'occasione per presentare la cucina del locale e invece parla di crisi. Se non mi lamento io per l'amarezza di aver appena sprecato 67 euro per il pranzo (più benzina e autostrada), figuriamoci se ho voglia di sentire queste lagne. Sono già alla porta quando dalla cucina emerge il cuoco. Ha un'espressione timida che fa a pugni con la bizzarra toque a scacchi bianchi e neri poggiata sulla testa. Forse vuole dire qualcosa, più probabilmente no, io vado fuori al sole.
- Langhe, Piemonte - Ci sono chef giovani e promettenti talvolta rovinati da una critica gastronomica sensazionalistica e/o prezzolata. Leggo belle cose di un nuovo locale aperto in Langa. Le leggo nell'articolo di un importante quotidiano nazionale e sul blog a porzioni di un pluripremiato giornalista gastronomico (se ha pagato il conto di quel pranzo mi mangio i capelli). E andiamola ad assaggiare questa cucina, mi dico. È sabato a pranzo e il locale è deserto, ma questo non importa. Importa l'acqua nella bottiglia blu dal sapore orrendo, la signora che all'invito a fare un abbinamento al calice ai piatti risponde "non sono molto ferrata, ma ci provo" (e quel provarci si materializza nella bottiglia di vino più cara nella sua tipologia), le stoviglie da finger food in plastica per giunta segnate di rossetto, le posate dalla foggia talmente strana che non si riesce a impugnarle, l'ennesima variazione dell'indifeso ortaggio, gli agnolotti ripieni di formaggio che non si capisce perchè nella sfoglia abbiano il cacao amaro visto che tanto non si sente, la quaglia dall'aspra farcia di salsiccia che ha per contorno un inutile semolino e tre pezzetti di patata fritta assurdamente serviti in un bicchierino. Dopo il dolce (buon tortino di cioccolato liquido) mi alzo e pago il conto. La "signora dei vini" mi chiede se sono in zona di passaggio per lavoro. Rispondo di no, amo il cibo. Lei ci dovrebbe leggere l'occasione per presentare la cucina del locale e invece parla di crisi. Se non mi lamento io per l'amarezza di aver appena sprecato 67 euro per il pranzo (più benzina e autostrada), figuriamoci se ho voglia di sentire queste lagne. Sono già alla porta quando dalla cucina emerge il cuoco. Ha un'espressione timida che fa a pugni con la bizzarra toque a scacchi bianchi e neri poggiata sulla testa. Forse vuole dire qualcosa, più probabilmente no, io vado fuori al sole.
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giovedì 15 marzo 2012
Legami
“C'è un momento in cui la ragione dice all'appetito: Non procedes amplus (Non andrai oltre)" Brillat-Savarin
- Largo Argentina, Roma - Lui è davvero carino, alto, magro, capelli castano chiaro e occhi verdi. Quando viene a prendermi in macchina per portarmi a cena, lo trovo al portone, elegante nei suoi pantaloni blu e camicia chiara. In mano ha un'unica, perfetta, rosa rossa per me. Mi apre lo sportello e partiamo. Gli ho lasciato la scelta del locale che si rivela essere una trattoria di cucina tipica romana a largo Argentina. Con sè porta una valigetta da fotografo, "nel caso ci venga voglia di scattare qualche foto". Romantico. Al ristorante la cucina è un po' banale ma non lo dico perchè lui è premuroso e preoccupato che tutto mi piaccia. Arriva a ringraziarmi per essermi vestita così elegante. Parliamo di tante cose, mi racconta del suo lavoro alla Banca d'Italia che vorrebbe cambiare, della città, degli amici. E' un buon conversatore, capace di dosare racconto e ascolto. "Finalmente uno normale", penso. Dopo cena facciamo una passeggiata nelle stradine del Ghetto. Come tutti i romani che ho conosciuto si sente in dovere di portare in visita guidata la piemontese ai luoghi che vale la pena vedere, e così rieccola, la fontana delle tartarughe. Non propone mai una foto e alla fine scherzo sul peso della valigetta che si è trascinato dietro inutilmente. Solo allora confessa che lì dentro non ha attrezzature fotografiche ma... corde (bondage take away???). Chiedo stupita cosa gli avesse fatto pensare che io fossi incline a quella pratica e risponde tranquillo che non ha mai certezze su chi ha davanti e perciò tutto può capitare. Torno a casa sconsolata -e senza legami- pensando che se quelli in apparenza normali vogliono legarti come un salame, chissà gli altri...
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mercoledì 14 marzo 2012
L'insalata di Nanni Moretti
“Ma il regno vegetale non offre alla nutrizione nè minor varietà nè minori risorse." Brillat-Savarin
- Aventino, Roma - Pausa pranzo in piazza Albania, sull'Aventino, quartiere residenziale della Capitale. Se solo l'agenzia pubblicitaria dove ho avuto l'idea balzana di venire a lavorare lasciando il Piemonte e le sue pasticcerie fosse qualche numero civico più giù verso la stazione Ostiense, si potrebbe tentare una passeggiata fino alla pasticceria Andreotti (all'epoca del racconto non ancora rovinata dalle "migliorie") o verso Testaccio, ma qui ci sono solo bar con roba surgelata. Ogni giorno feriale intorno alle 13.00 esco in esplorazione alla ricerca di un giacimento gastronomico. A volte salto il pranzo, prendo l'autobus, arrivo al Colosseo, gli dò una sbirciata (non mi sono assuefatta ancora oggi allo stupore di alzare gli occhi sui monumenti che di solito si vedono in cartolina o sui libri) e torno indietro, oppure mi spingo a piedi fino a Volpetti, la salumeria (qui dicono salsamenteria) di via Marmorata dove però si rischia di spendere in un giorno quello che deve bastare per una settimana. Più spesso vado in un piccolo locale un po' prima della Piramide dove preparano focaccia (che a Roma chiamano pizza bianca) e insalate molto fantasiose. L'anticristo della catena Insalata ricca. Bisogna armarsi di pazienza, perchè l'attesa è in piedi e lunga, e di immaginazione, perchè la saletta ha tavolini e sedie che sembrano rimediati da una scuola elementare chiusa per smottamento. Il proprietario è un entusiasta e se mostri apprezzamento e gli lasci mano libera ti prepara veri e propri manicaretti (più o meno) vegetariani; ma non troppo libera, o anche qui il conto diventa più salato delle acciughe. E' d'accordo con me Nanni Moretti che un giorno fa il suo poco anonimo ingresso per ritirare l'insalata prenotata al telefono (il regista ha l'ufficio qui vicino) e, alla vista del conto, pronuncia con la sua voce in falsetto quello che tutti i presenti pensano: "Ormai siete quasi alla pari con Volpetti". Per poco ci scappa l'applauso e, visto che siamo tutti in piedi, con standing ovation.
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martedì 13 marzo 2012
Il pranzo frugale di Orazio
“…ho spesso pensato che mi sarebbe piaciuto assistere al pranzo frugale che Orazio destinava al vicino invitandolo… ossia: un buon pollastro, un capretto (certo grassoccio) e per frutta uva, fichi e noci." Brillat-Savarin
- Colline astigiane, Piemonte - Il ristoratore mi ha presto inquadrata, donna sola a pranzo, accento foresto, fisico non proprio da cantante lirica, dunque di debole appetito. Con un sorrisetto da scimmia mi recita solo i primi piatti del menu ("dopo l'antipasto vediamo se vuole altro") e aggiunge magnanimo che se voglio un bicchiere di vino "non c'è problema". Scommetto che a Raspelli queste cose non succedono, penso stirando le labbra in un sorriso. Per cominciare voglio tutti gli antipasti, poi una porzione generosa di taglierini al ragù e come secondo il fritto misto alla piemontese, non meno di dieci pezzi. Quanto al vino, ammesso che esista una carta ("gliela porto subito"), prendo una bottiglia di Barbera. Un digestivo? Se proprio non c'è la grappa va bene anche quello, ma non aspettatevi che dopo aiuti una mucca a partorire.
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lunedì 12 marzo 2012
La professione che conquista fortuna
“... il primo trattore inventò una professione che conquista la fortuna se chi l'esercita è onesto, ordinato e abile." Brillat-Savarin
- Trastevere, Roma - Con un'amica a cena di sabato sera a Trastevere, in un bellissimo ristorante tutto design, vetro e trasparenze che alcuni anni dopo, con stupore di alcuni, avrebbe preso la stella. Varcata la soglia, sembra di entrare nel castello della regina dei cristalli. Per la cucina, penso, non deve essere facile superare le emozioni procurate dall'architetto. E infatti... Antipasto e primo ci sembrano più belli che buoni e del secondo non riusciamo a ingurgitare più di due bocconi. Si tratta di cubi di carne (cotti a bassa temperatura?) che per forma e, ahinoi, sapore, ricordano la carne in scatola. A fine cena la chef fa il giro dei tavoli ma è al nostro che punta. Ha notato... vorrebbe sapere... cosa non ci è piaciuto del secondo (bisognava chiederlo prima, cara, e decurtare il piatto dal conto). Il suo atteggiamento è arrogante e un po' aggressivo. Ha studiato cucina negli USA, ci dice, come se noi fossimo vissute nella giungla mangiando vermi e radici. Ci saremo forse distratte, ma da quando l'America è considerata la culla della civiltà gastronomica? Sto pensando di tagliare corto e andare via, quando lei chiede come siamo arrivate al suo ristorante. Rispondo dicendo la verità, e cioè che lo abbiamo scoperto attraverso la Guida xy. Apriti cielo, la Guida in questione e che, ops, è quella alla quale collaboro, non deve piacerle molto perchè inizia a dirne peste e corna. Guardo la mia amica che ricambia lo sguardo complice: mettiamoci comode e godiamocela, la serata è ancora lunga e il divertimento è appena cominciato.
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domenica 11 marzo 2012
Garibaldini ai fornelli
“Vi sono persone per le quali il sogno è una vita a parte..." Brillat-Savarin
- Colline astigiane, Piemonte - Da quando ho lasciato l'autostrada e ho iniziato ad arrampicarmi sulle colline che portano, spero, al ristorante non ho incontrato anima viva. Attraverso campagne brulle dove la primavera non è ancora arrivata e piccoli paesi inanimati, come in un sogno boccaccesco in cui la popolazione sia fuggita da un'epidemia. Parcheggio davanti al locale ed entro, pregustando un pranzetto solitario. L'ingresso è silenzioso e anonimo; passano alcuni minuti prima che una giovane donna compaia e mi inviti a salire al piano di sopra. Mentre salgo le scale inizio a sentire un brusio, prima lieve poi sempre più forte finchè mi ritrovo in un salone con commoventi (perchè oggi quasi introvabili) soffitti decorati in gesso, affreschi liberty, gonfi divani ottocenteschi, suppellettili fra il Gozzaniano e il risorgimentale (la locanda fu fondata da un garibaldino) e, in mezzo a tutto questo, una serie di tavolate alle quali sono seduti una cinquantina di uomini anziani che si girano tutti contemporaneamente verso di me. Arrivano da Ivrea, mi spiega poco dopo il proprietario, e sono venuti a mangiare il fritto misto alla piemontese. Beh, allora lo voglio anch'io. I pezzi che "mi toccano" sono batsuà (piedino di maiale), fegato, salsiccia, filoni, milanese di tacchino, coscetta di rana, finocchio, amaretto, mela e semolino. Prima ho assaggiato tutti gli antipasti (acciughe con bagnetto rosso, prosciutto della casa, cipollina ripiena, insalata russa) e un generoso piatto di tajarin impastati alle erbe con ragù d'anatra. Su tutto, Barbera astigiana. E visto che è "solo" un pranzetto, digestivo alla cannella finale (nel senso che per oggi è proprio la fine).
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venerdì 9 marzo 2012
L'amore al tempo del Panda
“Si chiama semplicemente carta l’elenco delle vivande con l’indicazione del prezzo e conto il foglio dove è indicata la quantità dei cibi forniti e il loro prezzo. Brillat-Savarin
- Parioli, Roma - Anni fa un amico mi portò a cena al Panda, un ristorante allora in voga nel quartiere elegante per antonomasia della Capitale. Effettivamente nel menu spiccavano tutti i piatti modaioli del momento, a partire dalla scottata di tonno che lo chef, oggi felicemente insediato nella cucina di un altro locale, sicuramente non rimpiange. Mentre eravamo all'antipasto, arrivò una coppia. Lui sembrava uscito da un film degli anni '70 e lei... diciamo che non brillava per sobrietà (nulla comunque che oggi le ragazzine non indossino normalmente per una serata in discoteca). Aperto il menu e letti i piatti, con i tovaglioli già posati sulle ginocchia e l’acqua nei bicchieri, i due si alzarono e andarono via senza dire una parola ai camerieri. I quali riordinarono il tavolo senza scomporsi. Un comportamento che sembrò indecifrabile a me ma non al mio amico, il quale, con maliziosa sicurezza, era certo trattarsi di una coppia mercenaria. Secondo lui il "cliente", letti i prezzi del menu, si era accorto di aver preso male la mira e si era ritirato in buon ordine. Sarà...
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giovedì 8 marzo 2012
La lepre e il dominio dell'universo
“Gastare è la decima musa: presiede ai piaceri del gusto. Potrebbe pretendere il dominio dell'universo, perchè l'universo non è nulla senza la vita, e tutto ciò che vive si nutre.” Brillat-Savarin
- Alessandria, Piemonte - < premessa Oggi si festeggiano le donne. Ieri sera ero a cena da sola in un ristorante "prestigioso". Intorno a me, mentre mi scorreva sotto gli occhi, e fra le posate, un menu composto di piccole gourmandise salate, risotto con lumache e porri, maialino della Val Borbera e vari bicchieri di vino, ai tavoli vicini si consumavano civilissime cene di lavoro parlate in francese e inglese. L'unico altro essere di genere femminile oltre me presente ai conviti era però la lepre che avevo nel piatto.
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mercoledì 7 marzo 2012
Scapoli
“Dio mio! Gli scapoli sono sottoposti come gli altri, e qualche volta con grave danno nostro.” Brillat-Savarin
- Alessandria, Piemonte - Ho appena telefonato al ristorante per prenotare un tavolo per questa sera per una persona. Mi sono sentita chiedere da una voce femminile (il che è anche peggio) se "il signore" conosce la strada per arrivare. Mi hanno scambiata per la segretaria! Cominciamo bene... continua >
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martedì 6 marzo 2012
Il gusto degli altri
“Un buon pranzo non è mai molto più caro che uno cattivo." Brillat-Savarin
- Piazza Augusto Imperatore, Roma - Un ragazzo conosciuto da poco che lavora "alla tv" come autore e si dichiara molto interessato al mio lavoro di critica gastronomica, mi invita fuori a pranzo. A Roma sono talmente "straniera" che mi fa piacere conoscere persone autoctone e relativi gusti gastronomici ma ho scoperto che, data questa premessa, la fregatura è spesso in agguato. Ci incontriamo un sabato di precoce primavera a piazza del Popolo dove però c'è un gran chiasso per via dell'ennesima manifestazione e così ce ne allontaniamo verso via del Corso. Il romano doc e presunto buongustaio, propone un ristorante che conosco, che tutti conoscono. Ci sediamo fuori e scorriamo il menu. I soliti piatti, pensati per (molte) persone attirate dai tavoli all'aperto, dai prezzi ragionevoli, dalla possibilità di incontrare un cosiddetto "vip", insomma, un posto dove la priorità non è la cucina, come ammette quasi subito anche il mio cavaliere (e perché ci è voluto venire?). Dopo pochi preamboli e tutti rigorosamente autobiografici, si decide a dirmi che gli piacerebbe collaborare alla Guida (ma va?) e a chiedermi se posso proporlo come collaboratore. Finalmente illuminata sul motivo dell’invito, penso che se proprio desiderava una raccomandazione da una persona praticamente sconosciuta, avrebbe almeno potuto scegliere un locale migliore per ingraziarmiviticisi. Se non altro per dar prova di competenza e gusto. Invece gli dico che mi informerò. La risposta non gli piace, neanche un po’, e ritenendo di non aver fatto sufficienti rivelazioni sui propri meriti, estrae dalla manica tutti i suoi assi prima di offrirmi la possibilità di congedarmi, finalmente, dal pranzo delle beffe.
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domenica 4 marzo 2012
Radici
“Ci sarebbero ancora molte cose da dire...” Brillat-Savarin
Ho appena finito di leggere il saggio Contro le radici di Maurizio Bettini. Ad attirarmi è stata la tesi per cui nascere in un territorio non deve equivalere a un fatale e indissolubile nodo con la sua identità. Condivido (anche se avrei voluto che l'autore avesse approfondito). In futuro vedrò di non usare, nelle recensioni per la Guida, espressioni trite tipo "cucina radicata nella tradizione". E tagliamole codeste radicine...
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sabato 3 marzo 2012
Per un pugno di tartine
“...la bevve avidamente e ne avrebbe voluta un'altra.” Brillat-Savarin
- Alessandria, Piemonte - Non mi fermavo ad Alessandria di sabato sera per un aperitivo da mesi. Sono le 17.55 e ordino un bicchiere di Arneis al banco di uno dei bar pasticceria che preferisco. C'è un barista nuovo che, non contento di avermi versato pochissimo vino, aspetta che lo abbia quasi finito per decidersi a portare sul bancone quel tripudio di tartine e salatini per i quali la pasticceria è giustamente famosa. Pur non avendo io proferito verbo, si sente in colpa e mi dice che fino alle 18.00 l'aperitivo non viene apparecchiato. A parte che frequento il locale da più di dieci anni, che sono ormai le 18.30 di sabato e che lo storico barista, in pensione da qualche anno, magari era più incline al brontolio che al sorriso però non serviva un aperitivo senza accompagnarlo con qualcosa che fosse degno di essere masticato, deve ancora nascere il barista che mi tiene lontana dai miei salatini preferiti. E ne ingurgito quasi una dozzina prima di andarmene.
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