Capunet vegetariano e rane fritte © Brillante-Severina |
Da qualche parte, in Piemonte - Giovedì sera. Dopo aver trovato inaspettatamente chiuso il ristorante per giunta stellato prenotato giorni prima (leggere Piaceri e dolori del gusto >>), sarebbe ragionevole rimettermi in macchina e tornare a casa, per non aggiungere delusione a delusione. Lo sarebbe, davvero. Invece guardo l'elenco dei "miei" ristoranti per individuarne uno che sia vicino e del quale mi serva una conferma del giudizio. Lo trovo, è un locale ambizioso sul quale io e il caporegione non la pensiamo allo stesso modo. Ricordo il capunet inutilmente vegetariano con coscette di rane fritte di cui due buone e due no ma anche uno dei migliori risotti mangiati quest'anno con caldarroste e coniglio confit. Parto e decido che se vedrò le luci accese telefonerò per chiedere un tavolo, altrimenti riprenderò la strada di casa. Quando arrivo, alle 21.30, le luci sono effettivamente accese. Parcheggio, telefono e una voce poco amichevole mi dice che il ristorante è chiuso. Non cambia idea neanche quando accenno al loro diverso giorno di chiusura e dico che sono già lì. Per la seconda volta nel giro di mezz'ora mi sento buttare giù il telefono senza troppi complimenti (a nessuno dei due ristoratori è venuto per esempio in mente di consigliarmi un locale alternativo dove cenare). Indicare orari di apertura e giorni di chiusura non è un gesto di cortesia ma un obbligo e prima o poi capita di essere colti in castagna dalla persona sbagliata, per esempio un cliente poco conciliante (che dopo essere partito da casa, aver sprecato soldi per benzina e autostrada e aver trovato la porta chiusa presenta lui il conto sotto forma di denuncia) o un critico in incognito (che dopo essere partito da casa, aver sprecato soldi per benzina e autostrada e aver trovato due porte chiuse lì per lì non reagisce perché non può... ma non tirate un sospiro di sollievo).
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