Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.

martedì 31 gennaio 2012

Capriolo e ricciola o fagiano e pesce spada?

“Si chiama semplicemente carta l'elenco delle vivande con l'indicazione del prezzo...” Brillat-Savarin
- Milano, Lombardia – Nevica e non smette. Dato che è impossibile raggiungere qualunque meta per gastronomiche recensioni, faccio sogni per il week end. Vorrei andare all'inaugurazione del congresso di Identità golose domenica e la sera fermarmi al Maison Moschino per provare a cena il menu degustazione pesce-selvaggina dello chef Moreno Cedroni (Piña colada; Capriolo & ricciola, salsa di topinambur, ciliegie e scorza nera candita; Fagiano & pesce spada, "sciabu sciabu", salsa di ananas peperone e menta, rapanelli e panna acida; Quaglia & tonno "tataki", salsa di finocchio, arancia confit e olive nere; Cinghiale & vongole spinosini, ricotta affumicata, carote e burrata; Lepre & baccalà, brodo leggero di lampone e sedano; Polvere da sparo: gelato al mastice e cardamomo, terra di cioccolato, polvere di yogurt e mandorle, the lapsang). 
Solo che, tanto per rimettere i piedi a terra, per il week end hanno or ora annunciato un calo delle temperature che neanche l'Abominevole uomo delle nevi sopporterebbe figuriamoci i miei vestitini, il congresso (mi) dà l'accredito di giornalista per un solo giorno (ma perchè???), l'hotel costa tre volte la cena (nei festivi, mentre nei feriali almeno cinque volte di più), propongo la degustazione a un'amica gourmet ma trova il menu natura morta impressionante, a un amico ma a lui sembra afrodisiaco, a un altro amico ma ha già una cena con annessa presentazione di polacca bellezza... E alla fine ricomincia a nevicare, uff

domenica 29 gennaio 2012

La cuoca che vede passare i treni

“La sala... offre allo sguardo scrutatore del filosofo un quadro degno del suo interesse per la varietà delle situazioni che riunisce.” Brillat-Savarin
- Liguria – Serata gustosa in un piccolo locale di un piccolo paese della riviera ligure. Surreale l’atmosfera del ristorante, a partire dall’ingresso dove, vedendo un massiccio bancone da pub, si crede di aver sbagliato indirizzo. E invece si è gentilmente accompagnati in una sala lunga e stretta con panche in legno e finestre dai vetri scuri. Sembrerebbe priva di interesse se non fosse che da quelle finestre, ogni mezz’ora circa, arriva il rumore di un treno che passa. Sotto ci sono due binari, un passaggio a livello e pure una galleria. Il tutto mi diverte, forse un po’ meno il mio accompagnatore che credeva di cenare guardando il mare, ma ha insistito lui per accompagnarmi. Il mare comunque c’è, ed è nel piatto. Il pesce affumicato al legno di faggio è fresco e ben presentato, anche se è avaro di condimento. Chiedo un olio e, bella sorpresa, ne arriva uno siciliano (conservato nella bottiglia dell’acqua no, però…). Le tapas sono spassose perché difficili da conquistare (provate voi a mangiare un mini hamburger di alici alto 8 cm). Dei primi mi piacciono i tre tortelli verdi di baccalà con salsa di topinambur (l’odierno equivalente del prezzemolo e me ne compiaccio), mentre continuo a pensare che i paccheri bisogna lasciarli agli abili cucinieri del sud. Stappiamo la seconda bottiglia di vino con dolcissimi e teneri gamber(ett)i di S. Margherita e un fin troppo salutare cappon magro (a km 1000 da quello barocco di Paolo Masieri). I rintocchi inaspettati di un campanile precedono la sontuosa torta di mele destrutturata e se non fossi distratta dalla conversazione magari riuscirei a finirla prima di vederla squagliarsi. Vado a esplorare il bagno. Per coerenza, è minimalista, di un color caramello anni '70 e si trova sul poggiolo, forse per un’ultima occhiata ai binari prima di uscire, all'1.45. Sconsigliato ad aspiranti suicidi.

giovedì 26 gennaio 2012

Due dita di Armagnac

“[dopo un buon pasto] il cervello si rinfresca, la fisionomia si distende, il colorito si ravviva, gli occhi brillano, un dolce calore si diffonde per tutte le mebra.” Brillat-Savarin
- Alessandria, Piemonte – È giovedì sera e sono a cena in un buon ristorante dell'alessandrino. Insieme all'appetizer arriva nel locale un altro avventore solitario che sceglie il tavolo accanto al mio. Mi fa piacere che altri oltre me decidano di mangiare fuori da soli in una fredda serata invernale di provincia, ma dopo un fugace sguardo è chiaro che le nostre affinità si fermano a questo. Il suo viso, serioso e irsuto, non invita a una seconda occhiata (barbe, pizzetti, mosche... perché?) e le sue mani non si staccano dai tasti del cellulare per tutto il tempo della cena (ok, anch'io ho mandato qualche sms a un'amica, ma all'antipasto ho smesso). Ordino quaglietta con crema di scalogni allo zafferano e una ratatouille da far invidia al “Remy piccolo chef”, astice con purea di patate ormeggiata nella sua bisque, raviolini farciti di galletto e foie gras, e infine (favolosa) pancetta di maialino da latte dalla cotenna croccante con purea di mele e confettura di cipolle rosse di Tropea. Tra uno scrunch e l’altro bevo un calice di Franciacorta e una mezza bottiglia di discreto Barolo, decretando il prosciugamento delle mie finanze per il resto della settimana. Lui ordina il piccolo menu della tradizione, forse non è del luogo e vuole assaggiare i piatti tipici, ma chiede un solo bicchiere di Barbera per il timore che "mezza bottiglia sia troppo". Terminato il dessert, l'avventore paga il conto ed esce, con la stessa fisionomia di quando è entrato. Io chiedo due dita di Bas Armagnac. Che si trasformano in quasi quattro... non perchè ci veda già doppio, ma per merito della cameriera -simpatica ragazza- che versa con generosità. È quasi l'una quando pago ed esco dal ristorante, con occhi più brillanti.

mercoledì 25 gennaio 2012

Pane e vino

Fotografia © Brillante-Severina
“La gastronomia considera il gusto nei suoi piaceri come nei suoi dolori.” Brillat-Savarin
- Sorrento – Leggere mail può essere uno spasso. Al mio indirizzo romano ne ricevo una da un'agenzia di viaggi di Sorrento scritta da una signora con un bel cognome musicale di quelli che nei telefilm designano appuntati o commissari di polizia. L'appuntata mancata mi intima, senza presentazione alcuna né preamboli (roba inutile, per gente civile), di riservare "Degustazione di vino con pane + guida per spiegazione in francese ( tarda mattinata )". Dove? non si sa. Quando? a metà ottobre di anno imprecisato. Sarei curiosa di sapere perchè si rivolge a me e non a un'agenzia o direttamente a un'enoteca, in quale amena località vorrebbe fare codesta pantagruelica scorpacciata (su un prato di Villa Borghese?) e perchè non sceglie pane e acqua, così risparmia. Potrei rispondere per chiarire l'equivoco (ha preso male la mira, non sono un'agenzia e non mi chiamo Marcellino) ma mi dissuadono l'orripilante oggetto della mail, "riservazione", indegno perfino dell'ispettore Clouseau e la frase di chiusura che rincara la dose augurandomi "bona" giornata. Magari mi contatti nuovamente, da sobria.

domenica 8 gennaio 2012

Considera l'aragosta... di Jessica Fletcher

Fotografia © Brillante-Severina

“...è impossibile che, di qui a pochi anni, [la gastronomia] non abbia ad avere i suoi accademici e lezioni e professori...” Brillat-Savarin
- New York – Leggo sul giornale che un celebre storico e un giornalista della rivista New Yorker hanno discusso dei piaceri della tavola durante un pranzo al Jean Georges, un raffinato locale di New York (il testo è apparso sul Financial Times). I piatti sui quali cadono le loro scelte mi sembrano un po' banali -dal salmone al manzo, l'unico guizzo di audacia è il tè al limone con sedano rapa- e così vado sul sito del ristorante e scorro il menu. Io avrei scelto Scallop sashimi Chipotle mayo Crispi rice, Roasted foie gras Infused apples and lime, Roasted Maine Lobster Romanesco Cauliflower and smoked Chili-Almond Emulsion. Tre piatti a scelta per 98 $. Supplemento di 15 $ per l'aragosta del Maine, che è peraltro la stessa creaturina marina oggetto di umane torture che dà il titolo al saggio di David F. Wallace "Considera l'aragosta" -Consider the lobster-. Il capitolo dedicato al vanto culinario del Maine (che la omaggia con tanto di mainelobsterfestival) sfata molte credenze sul modo in cui si può cucinare l'aragosta procurandole meno sofferenza possibile. Appurato che il soffocamento in pentola è il metodo più atroce, si scopre che non rappresenta una valida alternativa neppure la lobotomia proposta dalla celebre Julia Child nel testo sacro Mastering the Art of French Cuisine (riportato in auge dal film Julia&Julia con Meryl Streep a sua volta ispirato al blog di Julie Powell che in un anno ha tentato di cucinare tutte le ricette indicate nel libro) visto che non recide l'intero e ramificato sistema nervoso del crostaceo. Inoltre, poichè le aragoste amano solitudine e buio, già la permanenza in acquari e pescherie è motivo di shock e feroci duelli all'ultima chela. E dire che il solitario crostaceo è con tutta probabilità il manicaretto preferito della sagace Jessica Fletcher della serie tv "La signora in giallo" -Murder she wrote-, che proprio nel Maine vive. Ora che stanno andando in onda le repliche, mi accorgo che non c'è episodio nel quale l'arguta e saputella ma comunque simpatica Angela Lansbury non scelga quale scenario delle sue criminologiche deduzioni un tavolo di ristorante, bar, pub, per non parlare della cucina e della sala da pranzo di casa. E quando non è a Cabot Cove nel Maine ma alloggia in albergo (rigorosamente a 5 stelle e spesso in una affascinante New York anni '80), ecco spuntare il carrello con cloche d'argento del servizio in camera. Altro che autopsie per stomaci forti alla CSI. 
Foto: l'aragosta de La Casa dei Capitani, Genova 2010 © Brillante-Severina

martedì 3 gennaio 2012

Gnam

“Nello stesso atto di assaporamento si possono trovare una seconda e anche una terza sensazione...” Brillat-Savarin
- Torino, Piemonte – Raccolgo due suggerimenti dello chef Del Cambio, Riccardo Ferrero. Il primo riguarda la brioche-croissant della pasticceria Venier, con la sfoglia esterna friabilissima, l'interno morbido, ma soprattutto la seria dose di burro (la si può avvolgere in dieci tovagliolini e unge ugualmente le dita). Gnam. 
Per gli amanti del burro, consiglio senza remore anche il pandoro di Ghigo, la pasticceria storica vicino a piazza Vittorio, che mi ha indicato lo chef Marcello Trentini del Magorabin: praticamente un blocco di burro trasformato in panettone venduto a 30 euro al kg. Gnam gnam.
Il secondo suggerimento di Ferrero riguarda i ravioli della gran tradizione torinese che si trovano esclusivamente il sabato da De Filippis. Per ora li ho acquistati una sola volta, perchè il week end mi capita raramente di essere nella città sabauda. Mi è piaciuto molto il packaging: per sottolineare che sono fatti a mano uno per uno, vengono confezionati come cioccolatini, adagiati ognuno nel suo spazio all'interno di un doppio contenitore di carta bianca patinata munito di appositi separatori e posto a sua volta in una bella scatola di cartone ocra a due piani, il tutto chiuso da un filo di lana rossa e accompagnato da una pergamena che illustra l'antico metodo di preparazione e gli ingredienti. Uova da allevamenti a terra, tre tipi di carne, riso ecc. Gnam, gnam, gnam.