Lombardia - Il mio cappotto di lana ha una bella linea sartoriale affusolata che culmina in un vaporoso collo di pelo e i pochi centimetri che lo separano, quando è indossato, dalla rotula, gli impediscono di toccare terra, sospeso com'è dallo stendino a vista al quale è appeso, anche se è difficile credere che nell’imponente armadio antico a fianco non ci fosse più posto. Dal mio tavolo riesco a vederlo bene e anche se non guardavo mentre veniva riposto, non ho fatto fatica a riconoscerlo. È infatti non solo l’unico cappotto, ma anche l’unico capo in lana e l’unico indumento di colore nero in un plotone di piumini e giacconi in fustagno che paiono un campionario delle sfumature che può assumere il color fango, dal mascolino grigio canna di fucile al rustico tortora sino al color pulce amato dalla settecentesca sarta della regina Maria Antonietta anche se dubito che il proprietario abbia uno spirito rococò. Povero cappotto, è una giornata di sole e non vede l’ora di uscire dal ristorante. Come la sua proprietaria.
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