"Considerando il piacere della tavola sotto tutti gli aspetti, avevo visto da un pezzo che su quest'argomento si poteva fare qualcosa di meglio che dei libri di cucina..." Brillat-Savarin
Volpedo, Piemonte - Mentre arringava la folla volpedese che gli consegnava il premio Quarto Stato, Carlo Petrini continuava a citarmi facendomi saltare sulla sedia: già nell'Ottocento quel genio di Brilla(n)t(e)-Savarin(a) diceva questo e diceva quello... Che io c'entrassi qualcosa si accorgeva Walter Massa il quale, convinto forse che del gastronomo io fossi la reincarnazione, tosto mi invitava alla Soms monlease dove il suo Timorasso scorreva a magnum e nel fiume etilico i ciottoli eran fette di salame alte un dito e tozzi di Montebore spiramidato e molliche di mica. All'ora dei vampiri si materializzava al tavolo Claudio Mariotto che molto sul serio prendeva la domanda mia se avesse portato meco il Timorasso Pitasso perché senza indugio ne estraeva, stappava e mesceva anche lui una magnum. E tra le chiacchiere calde e morbide di contadini canuti, enologi rampanti, vignaioli timorassi di dio Bacco, gastroscribacchini inodori di santità, e la fila di magnum prosciugate, la notte scoccava uno dopo l'altro i suoi quarti, senza indurre in alcuno il desiderio di alzarsi e scendere in pianura. L'atto finale consisteva in pellegrinaggi alla cucina in cerca di polli non ancora in fuga ma alla cacciatora acconciati e seppure la mia porzione si rivelava composta per metà da un collo impossibile da ridurre a miti consigli con lo smidollato coltello di plastica, non me ne crucciavo e sulle carnose verdure lestamente pigra mi tuffavo.
Volpedo, Piemonte - Mentre arringava la folla volpedese che gli consegnava il premio Quarto Stato, Carlo Petrini continuava a citarmi facendomi saltare sulla sedia: già nell'Ottocento quel genio di Brilla(n)t(e)-Savarin(a) diceva questo e diceva quello... Che io c'entrassi qualcosa si accorgeva Walter Massa il quale, convinto forse che del gastronomo io fossi la reincarnazione, tosto mi invitava alla Soms monlease dove il suo Timorasso scorreva a magnum e nel fiume etilico i ciottoli eran fette di salame alte un dito e tozzi di Montebore spiramidato e molliche di mica. All'ora dei vampiri si materializzava al tavolo Claudio Mariotto che molto sul serio prendeva la domanda mia se avesse portato meco il Timorasso Pitasso perché senza indugio ne estraeva, stappava e mesceva anche lui una magnum. E tra le chiacchiere calde e morbide di contadini canuti, enologi rampanti, vignaioli timorassi di dio Bacco, gastroscribacchini inodori di santità, e la fila di magnum prosciugate, la notte scoccava uno dopo l'altro i suoi quarti, senza indurre in alcuno il desiderio di alzarsi e scendere in pianura. L'atto finale consisteva in pellegrinaggi alla cucina in cerca di polli non ancora in fuga ma alla cacciatora acconciati e seppure la mia porzione si rivelava composta per metà da un collo impossibile da ridurre a miti consigli con lo smidollato coltello di plastica, non me ne crucciavo e sulle carnose verdure lestamente pigra mi tuffavo.