- Firenze, Toscana – Non si decide tutti i giorni di andare a cena in un ristorante fregiato di tre stelle Michelin. Perciò ci rimasi male quando, ventenne, la mia prenotazione in un locale-mito di Firenze non fu accettata. E nonostante avessi telefonato con più di una settimana di anticipo. La mia colpa? Chiedere un tavolo per una persona di sabato sera.
- “Vorrei prenotare un tavolo per sabato prossimo a cena, è possibile?” - “Certo signora, per quante persone?”
- “Una persona”
- “… Mi spiace signora… ma non ci sono tavoli disponibili per sabato sera…”
Strano, all'inizio della telefonata non sembrava esserci penuria di posti.
- “Sono a Firenze solo due giorni e ci terrei a venire, è sicuro...?”
- “No mi spiace… però le riservo un tavolo per venerdì e per sabato a pranzo… venga quando vuole e senza neanche avvisare, sarà la benvenuta”.
Avrei preferito essere la benvenuta di sabato sera.
Recentemente ho ricordato l'episodio al direttore di sala del ristorante in questione, incontrato a una cena di gemellaggio Firenze-Langhe (convivio di alta cucina a grandi tavoli rotondi condivisi con sconosciuti, uno spasso). Dalla sua espressione ho capito che se “il” principale avesse saputo di un tavolo prenotato per una sola persona di sabato sera, non sarebbe stato contento, per usare un eufemismo. E io che lo immaginavo come vestale del più raffinato tempio della ristorazione italiana.
In ogni caso, nonostante fossi un po’ offesa, alla fine non rinunciai al tavolo stellato fiorentino e ci andai sabato a pranzo (il venerdì sera avevo già prenotato in un altro locale dove mi scambiarono, per evidenti problemi di vista, per una giovane attrice allora in voga, risollevandomi non poco il morale). Il pranzo a tre stelle risultò piacevole più che per il menu (degustazione a sorpresa di sei portate) per altre cosucce. Questa però è un’altra storia, che racconterò la prossima volta.
Settembre 1994
Settembre 1994
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