- Liguria – È giugno, ho trascorso quasi tre ore in treno e alle 12.15 finalmente approdo nel paesino del Ponente ligure dove mi metto in cerca del ristorante nel quale ho prenotato un tavolo per le 13.00. Unico indizio: si affaccia sul mare. In giro non ci sono molte persone alle quali chiedere indicazioni (cartelli mai…). Fermo un gruppo di bagnanti che hanno tutta l’aria di aver appena lasciato la spiaggia, ma non lo hanno mai sentito nominare e anzi me lo sconsigliano (ma se non lo conoscete, e per giunta avete l’accento milanese!). Proseguo nell’esplorazione e chiedo a un ragazzo che è del posto, sa dov’è il locale e mi spiega come arrivarci. Lo ringrazio e mentre lo saluto lui fa:
- “In bocca al lupo!”- “Perché gli auguri? Si mangia così male?”
- “No, ma… non vai per un colloquio di lavoro?”
Eh certo, alle 13.00 vado al ristorante tutta elegante per cercare lavoro, mica per mangiare…
- “No, vado a pranzo”
- “Ah scusa… credevo andassi a cercare un posto di cameriera”
- “…”
Alla fine trovo il ristorante, preceduto da una scalinata al termine della quale una ragazza in camicia bianca e pantalone nero mi aspetta (non ci sono altri clienti), mi accoglie con un sorriso e mi invita a scegliere il tavolo che preferisco. Mentre mangio antipasto, primo e secondo sul piacevole patio carezzato dalle onde e bevo una bottiglia di Vermentino, ripenso alla conversazione con l’oriundo. La vicenda me ne ricorda un’altra: una ricercatrice universitaria italiana va in un negozio per cercare un abito da indossare a un convegno straniero prestigioso e la commessa le chiede se vi parteciperà come hostess. “Sono la relatrice”, risponde lei.