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Fotografia © Brillante-Severina |
"...tutto si è svolto con garbo; ognuno se ne va contento della propria giornata..."
Brillat-Savarin
- Lombardia e Piemonte – Un ferragosto banalmente adorabile: sveglia alle 9.30, pantaloni e top con paillettes blu, sandali azzurro acqua e sono in macchina. Alle 11.00 mi parcheggio con un quotidiano a un tavolo della Sala dei gelati di Salice Terme e faccio colazione. L'età media è da pensionato, ma è fresco e la brioche è decente. Alle 12.00 ordino un aperitivo della casa rigorosamente alcolico e arriva un succo arancio-rosa in calice tubolare decorato con frutta esotica e stecco con lustrini. Manca solo l'ombrellino di carta. A un tavolo un uomo arrivato non so quando estrae dalla tasca laterale dei pantaloni un tablet e legge bevendo un caffè ghiacciato. I camerieri del vicino ristorante dove andavo spesso con i miei genitori quando ero piccola armeggiano con sedie, calici e secchielli da vino. Sono molto eleganti nella divisa: camicia bianca, pantaloni neri e grembiule con pettorina dello stesso colore. Mi fermerei volentieri a mangiare, ma devo conservare l'appetito per la cena. Alle 13.30 mi decido ad alzarmi tuffandomi nel sole, nei 34 gradi e negli aromi dei barbecue. Passo dalla panetteria famosa per le pizzette e ne prendo due. A casa sono la custode della dimora avita, tutti vanno in vacanza. Innaffio i fiori mentre le pizzette si scaldano in forno e poi mi spaparanzo in poltrona con un generoso calice di Moscato giallo e il sottofondo dell'aria condizionata che a tratti singhiozza. Mi sento un po' Lebowski e guardo film tutto il pomeriggio (Due settimane in un'altra città con Kirk Douglas non è un capolavoro ma è ambientato a Roma e mi basta), poi scelgo l'abito per la cena. Rosso, e sandali verde metallizzato con rosa scarlatta. Passo a prendere P. alle 19.30. In due abbiamo più di 20 cm di tacchi e ciononostane arriviamo al ristorante troppo presto. Insisto per sederci un po' fuori (almeno fino all'arrivo delle zanzare) per un aperitivo. Siamo due fanciulle all'ombra di un campanile bianco-meringa, tetti e cespugli con bacche rosse e una finestra da cui spiare la cucina. Ci portano bollicine italiche, focaccia e coppa. Dentro siamo le più giovani e la clientela agée, intollerante al fresco, fa spegnere uno dei condizionatori. Noi ci "rinfreschiamo" con una bottiglia di Champagne di Bruno Paillard Première Cuvée Rosé che richiederà un pagamento in cambiali e ingolliamo petto e cosce (le più sexy della sala) di quaglia con verdure al curry, teneri calamaretti ripieni di baccalà mantecato su (inutile) cipolla di Tropea uvetta e pinoli, tagliolini con ragù di rana pescatrice e zucchine che sembrano un distillato dell'estate, sella di coniglio cotta a bassa temperatura (P. era scettica ma la divora) e peperoni di Carmagnola, perfetto cannolo di gianduia e mascarpone con gelato di nocciola e salsa mou. Quando i vecchietti freddolosi se ne sono andati e l'aria è più fresca, ci facciamo versare un dito di Armagnac e, piluccando la piccola pasticceria ormai disfatta, condividiamo meditazioni su amori, uomini, amicizie, progetti di lavoro, sogni, diete... Mentre torniamo a casa, un guizzo di pelliccia fulva attraversa la strada e scompare nei campi; è una volpe, perfetta chiosa di un giorno garbato.