Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.

martedì 3 aprile 2012

La civiltà delle posate

"...questa parte di anfitrione durava poco: dopo averla recitata subito si eclissava...” Brillat-Savarin  
- Cuneo, Piemonte – Il via vai non manca nella sala del ristorante. Ma è dovuto alle frequenti uscite dalla cucina del giovane cuoco e del suo vice, un ragazzo con baffi arricciati all'insù alla Dalì e braccia interamente tatuate. Vanno ai tavoli dei clienti a salutare, a chiedere se i piatti sono graditi, a servirli personalmente. Le mie scelte prandiali non si sono rivelate particolarmente felici e arrivata al dolce mi do il colpo di grazia lasciandomi tentare dal "panino" con cioccolata e banana. Immaginavo chissà cosa e invece sono due fette di pane croccanti e farcite da mangiare con le mani. E chi se ne importa se già nel Rinascimento si usavano le posate e Monsignor Della Casa ci ha insegnato a usarle. Il panino è duretto e di non facile gestione a causa dell’altezza. Lo assaggio appena, vorrei un dolce diverso ma i due chef si sono eclissati, confermando il sospetto che escono dalla cucina solo per per i complimenti. Che arrivano copiosi dai due avventori del tavolo vicino, un uomo anziano elegante e grassoccio accompagnato da un giovane affamato che se potesse leccherebbe i piatti. Lodano tutto, anche il Barbaresco che secondo loro è prodotto da uve Chardonnay. Quando alla fine il cameriere mi porta il pre-conto emerge che mi vengono detratti 10 euro. Considerato che il "panino" costava 12 ne deduco che il mozzico è costato 2 euro, un affare.

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