- Piemonte – Quando ero bambina, almeno una domenica al mese con i miei genitori andavamo in macchina ad Alessandria in una certa pizzeria per mangiare la pizza al tegamino. Il viaggio mi sembrava lunghissimo (in realtà durava solo mezz'ora) e noioso (per ingannare il tempo in inverno contavo i nidi sui rami spogli degli alberi), ma era ampiamente riscattato dalla pizza: soffice, succulenta e saporitissima con la sua giusta dose di (tanto) formaggio e salsa ben distribuiti su tutta la superficie (mica solo al centro come su un bersaglio). Erano caratteristiche costanti, sulle quali si poteva sempre fare affidamento e perciò si ritornava, un mese dopo l'altro. La pizza al tegamino evoca ancora in me il ricordo e il sogno di quella che mangiavo nelle gite domenicali con i miei, e assaggiarla oggi mi regala spesso delusioni.
Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.
lunedì 27 giugno 2011
L'arte della pizza al tegamino
“... la memoria ricorda le cose che hanno lusingato il suo gusto; la fantasia quasi le vede: c'è in tutto questo qualcosa del sogno.” Brillat-Savarin
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