Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.

martedì 12 marzo 2013

Un chinotto con David Lynch al Palazzo d'Oro

© Brillante-Severina
"L'uomo che ha riflettuto sulla propria esistenza fisica... prepara con accortezza il suo riposo, il sonno e i sogni." Brillat-Savarin 
Devo fermarmi a dormire a Torino, trovo un'offerta per un hotel 5 stelle e con grandi aspettative arrivo nel piovoso venerdì pomeriggio. Fuori il palazzo mostra un’austera architettura littoria, ma dentro la hall non manca di originalità. Sembra il covo di uno dei cattivi di James Bond scavato nella roccia di un’isola remota con nicchie oltre le quali non mi stupirei di veder scorrere lava ardente. Oltre la porta girevole c'è una scala ma neanche l'ombra di qualcuno che aiuti col bagaglio. Difficile vedere entrare i clienti se invece che all’ingresso si sta nella hall a chiacchierare con la receptionist. Registrazione, consegna della chiave elettronica, camera 433. Poi la receptionist-vestale inizia a spiegarmi come arrivare alla stanza. La fermo subito, a questo varco la aspettavo. Perché neanche se mi avessero dato un colpo in testa avrei accettato di pagare la tariffa di un hotel di questa categoria senza avere in cambio un trattamento proporzionato che inizia con qualcuno che ti apre la porta e prende il bagaglio (e abbiamo iniziato male) e con l’essere accompagnata in camera. "Se lo preferisce, certo...". Non è che lo preferisco, è il minimo. Una ragazza molto truccata, taccata, scosciata mi accompagna lungo un corridoio e poi a un ascensore. Non faccio subito caso al piano al quale scendiamo, ma poi mi accorgo che non è il quarto. Percorriamo un altro lungo corridoio, giriamo a destra ed entriamo in una deserta galleria con vista su palazzi moderni e antichi affiancati, quindi giriamo di nuovo e prendiamo un secondo ascensore. Perso il senso dell'orientamento, sorrido dei miei pensieri (sembra di stare in un film di David Lynch, alla fine mi verrà consegnata una scatola da aprire con una chiave blu?) come del fatto che la receptionist riteneva che avrei potuto trovare da sola la camera nel dedalo del palazzo. Arianna in versione cubista alla fine mi parcheggia davanti a una porta che la carta elettronica bruna apre su una camera color ocra e marrone. Congedata Arianna, atteggiarmi a Bacco è impossibile: il frigobar non contiene alcolici, solo gazzosa, succhi di frutta e chinotto, anch'esso marroncino e intonato all'ambiente ...continua

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