Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.

lunedì 6 maggio 2013

Non c'è due senza tre

Agnello scottadito © Brillante-Severina
"La gastronomia considera il gusto nei suoi piaceri come nei suoi dolori..." Brillat-Savarin
Penango, Piemonte - È la terza volta in dieci anni che recensisco per la Guida questo ristorante. Del primo pranzo (anno 2003), quando il locale aveva ancora un voto alto, ricordo soprattutto un piacevole aperitivo nello spazio all'aperto affacciato sulle colline e profumato di glicine. La seconda volta la decadenza era ormai in stato avanzato e i ricordi si legano alla strada chiusa per lavori imprevisti, alla receptionist che non sapeva indicare strade alternative, al fegato grasso verdognolo (leggere Se questo è un foie gras >>), al maître che a fine pranzo mi porgeva il proprio biglietto da visita aggiungendo un ammiccante "mi chiami per qualunque necessità" (spero che aver lasciato cadere il biglietto sul viale di ingresso sia stata una risposta esauriente). Poi c'è stato il terzo pranzo, con l'accoglienza sussiegosa e poi le briciole sulla sedia, il calice di vino di aperitivo triste per servizio e scandaloso per prezzo, il maître nuovo che si ferma a parlare sempre allo stesso tavolo, la cucina migliorata ma non memorabile (della quale salvo le costolette d'agnello impanate con grissini e camomilla), l'impressione di essere in una colonia a uso di stranieri per i quali, bontà loro, tutto ciò che è italiano è pittoresco.

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