Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.

mercoledì 1 giugno 2011

Splendori e miserie del servizio

“... l'industria umana si è concentrata per aumentare la durata e l'intensità del piacere della tavola.” Brillat-Savarin  
- Roma – Da sottoscrivere l'editoriale di Franco Maria Ricci sul numero di giugno 2011 della rivista Bibenda nel quale il direttore descrive allibito le miserie del servizio romano portando a esempio una serata importante in una ben riconoscibile terrazza capitolina, con camerieri che servivano il risotto nel piatto con la stessa grazia con la quale avrebbero usato una cazzuola e disattenzioni assortite. La lettura mi ha ricordato una personale disavventura in un'enoteca di piazza Navona dove andai tempo fa su consiglio di uno chef solitamente affidabile. Mi aveva entusiasmata l'idea che in una delle più belle piazze di Roma ci fosse un locale non turistico dove poter mangiare e bere bene godendo di uno spettacolo unico, e ci andai a pranzo. L'illusione durò poco, grazie anche ai camerieri che diedero il peggio di se stessi. Non avendo l'accento romano mi etichettarono come turista e sfoggiarono l'odioso stile da "vitellone" rivolgendosi a me (e a tutte le altre signore e signorine ai tavoli) con una "disinvoltura" inacettabile, per non dire del modo con cui "lusingavano" verbalmente le turiste vere in transito nella piazza. Non trovai sollievo neanche nel vino perchè quando mi sentii chiedere: "Ci facciamo una bella bottiglia, signò?" per dispetto ordinai solo un bicchiere. Nel locale, la cui cucina era discreta ma non indimenticabile, non tornai più e tantomeno scrissi una recensione sulla guida. Si moltiplichi la mia reazione per il numero di persone buongustaie che da lì passano e il conto delle perdite è presto fatto.

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