Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.

domenica 4 settembre 2011

Effetto piercing

“...non ci vogliono tanti preparativi per fare una buona tavola.” Brillat-Savarin  
- Asti – Torno sempre volentieri ad Asti, il centro storico è grazioso e in estate arrivano persino i turisti, così mentre si prende un aperitivo al bar (con buoni vini ma tartine da dimenticare) si ha l'impressione di essere in vacanza. Non mancano comunque le avventure gastronomiche demenziali, come quella volta che ho pranzato in un ristorante del centro che cita gli angeli nell'insegna. Ci ero già stata, ma prima che traslocasse nella sede attuale e nel cambio, come a volte accade, il locale ci ha perso. Nell'atmosfera, perchè vorrebbe giocare sul contrasto fra antico (open space e mattoni a vista, belli, rammendo sulla tovaglia, brutto) e moderno (ai tavoli lattee sedie inutilmente girevoli fanno venire il mal di mare) senza riuscirci. Nel servizio, perchè il desiderio di rinnovamento si è esteso anche al personale, trascurando però di prepararlo in modo adeguato. Il cameriere del mio tavolo era un giovane aitante adatto a fare tanti mestieri (bagnino, guardacoste, forestale ecc.) ma non a servire: camminava sul rimbombante parquè con passo marziale enfatizzato da stivaloni a punta alla Easy rider e mentre porgeva i piatti mostrava un piercing che gli trapassava un sopracciglio. Roba da far passare l'appetito. Neanche la cucina offriva consolazione e sembrava un po' disorientata. I buoni sapori della precedente visita sembravano essersi persi, come il suono dei tacchi del cameriere-stallone nell'open space finto trendy.

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