Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.

martedì 28 maggio 2013

Il grande freddo (della sala)

Ruhm agricolo © Brillante-Severina
"La sala da pranzo sia illuminata sfarzosamente, la tavola pulitissima e la temperatura da 13 a 16 gradi Réaumur." Brillat-Savarin
Da qualche parte a Roma - Ho sempre affermato, e lo ribadisco, che mangiare da sola non mi crea problemi, tanto meno in un ristorante vuoto (e meno male, visto il deserto feriale). Però se la sala è gelata perché la primavera non ne vuol sapere di arrivare e fuori piove a dirotto e per riscaldarmi devo bere mezza bottiglia di vino con i soli antipasti, l'equilibrio "dello spirito" vacilla. Questo penso mentre la patronne del ristorante, che durante la cena si è materializzata al tavolo una sola volta al momento della scelta del vino e poi non si è più vista lasciandomi alle cure del cameriere gentile ma meteoimpermeabile, si ripresenta alla fine della serata, quando chiedo un distillato (in alternativa potrei accendere un falò?). Con intuizione esatta ma tardiva come l'uva intontita del Recioto, mi chiede se desidero che accenda il riscaldamento. Avrei preferito che me lo chiedesse due ore prima, prima che il sangue smettesse di circolare nelle dita dei piedi per concentrarsi in un solo emisfero del cervello, quello surgelato.

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