Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.

lunedì 18 giugno 2012

Temperatura di servizio

"...colui che dimentica come la voluttà abbia dei limiti e il piacere non sia senza pericoli.” Brillat-Savarin
- Ovada, Piemonte – Una sera di febbraio entro nel ristorante in collina e una ragazza mi chiede se voglio lasciare il cappotto al guardaroba. La domanda suona bizzarra: dovrei mangiare tenendolo indosso? Mi siedo al tavolo che mi indicano e studio il menu. Ordino vari piatti e il vino e finalmente mi guardo un po' intorno. Ci sono solo coppie e degli sposini con i genitori, classica fauna da sabato sera. La cosa strana è che molti cenano imbacuccati in giacche e piumini. Forse vanno di fretta, penso. E ripenso. E mi accorgo che la temperatura in sala è insolitamente fredda. Non si vedono termosifoni da nessuna parte, solo una stufa, poca cosa per una sala così grande. Inizio ad aver freddo, ma ormai devo mangiare tutti i piatti ordinati senza lamentarmi, per tenere il famigerato "profilo basso" richiesto dall'anonimato. Quando finalmente la cena finisce, pago e me ne vado in fretta. Mentre sto guidando in autostrada, non so se per congestione o autosuggestione, mi sento male. Vedo un piazzale, fermo la macchina e vomito anche l'anima. Il luogo è deserto e non è il caso di sostare troppo. Riparto con i crampi alla pancia. Sono trascorsi alcuni anni dalla vicenda, il ristorante è uscito senza ritorno dalla Guida e, almeno io, non ho nessuno sulla coscienza.

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