Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.

venerdì 6 aprile 2012

A me gli occhi (del pesce)

"I sensi, nostri favoriti, sono tutt'altro che perfetti...” Brillat-Savarin  
- Volpedo, Piemonte – Ascolto mio malgrado (in realtà, dopo le prime parole, spalanco i padiglioni auricolari) la conversazione del tavolo vicino in un ristorante nel paese natale del pittore Pellizza. Un uomo, che forse per celebrare la fine della Quaresima ha ordinato solo piatti tradizionali a base di carne, illumina i tre commensali su come si riconosce il pesce veramente fresco con una sicurezza che neanche il marinaio Popeye: 
Commensale A: "Bisogna mangiare l'occhio... da quello si capisce se il pesce è fresco."
Commensale B: "Ma non tutto l'occhio, solo una parte in particolare, vero?"
Commensale A: "Certo, non tutto il globo, proprio il centro, la pupilla. Se si sente il sapore del mare allora è fresco."
Commensale B: "E quale sapore si sente se invece non è fresco?"
Commensale B: "Un sapore... gramo."
Mentre immagino il commensale A intento a sezionare la pupilla del povero pesce con camice e bisturi da chirurgo e il commensale B che gli deterge la fronte, sorrido e mando giù con un sorso di vino il soufflé di asparagi affetto da nanismo. Inutile partire per il week end di Pasqua in cerca di divertimento, lo si trova cenando a pochi chilometri da casa.

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