Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.

domenica 29 aprile 2012

Il pollo sotto l'olmo di Napoleone

Il Pollo alla Marengo del Vicoletto © Brillante-Severina
"... il pollo è per la cucina ciò che è la tela per i pittori e il cappello magico per i ciarlatani. Si serve lesso, arrosto, fritto, caldo o freddo, intero o a quarti, con salsa o senza, disossato, scorticato, e sempre con eguale successo.” Brillat-Savarin  
- Marengo, Piemonte – Marengo, in provincia di Alessandria, oltre a essere nota per la battaglia che Napoleone vinse nel 1800 contro le truppe austriache, dà il nome a un manicaretto. Pare che il condottiero francese fosse goloso di pollo e leggenda vuole che il suo cuoco, la sera della battaglia fatidica, glielo cucinasse con funghi, uova e gamberi di fiume, oggi introvabili ma all'epoca facili da pescare nei numerosi corsi d'acqua della pianura. Avrebbe così visto la luce il Pollo alla Marengo, nato dal Tanaro come Venere dai flutti salmastri.
Il moderno viaggiatore che, dopo un’incauta sosta sotto il grande olmo dove Napoleone si fermò a fissare pensieri riuscisse a sopravvivere (l'albero secolare è circondato da un guard rail contenitivo di una strada trafficatissima dove risulta impossibile fermarsi per ammirare l'imponenza commovente del tronco e delle fronde, assediate per giunta da un'agguerrita coalizione edililizia), ne ricaverebbe un legittimo appetito. Ma se gli pungesse vaghezza di assaggiare il marenghino pollastro andrebbe incontro a qualche frustrazione. Vuoi per l'estinzione del gambero d'acqua dolce, vuoi per lo scarso interesse a rivisitare un piatto che ha i sapori della leggenda, trovarlo in zona è quasi impossibile. Così, quando capita di vederselo inaspettatamente offrire in un ristorantino di pochi tavoli, lo si gusta con un misto di sorpresa e reverenza, incapaci poi di descriverne i sapori, messi in omba dalla mole dell'olmo e della storia.

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