Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.

martedì 15 novembre 2011

Un tè a piazza di Spagna

“La paura di tanti dolori fa si che l'essere umano si getti istintivamente con slancio dal lato opposto e si affezioni con tutta l'anima ai pochi piaceri che la natura gli ha concessi.” Brillat-Savarin
- Roma – Con l'amica Costantina decidiamo di andare nella famosa Sala da tè inglese di piazza di Spagna. La mia amica vive a Roma da molti anni, io mi sono trasferita da poco e nessuna delle due ci è ancora stata pur avendone curiosità. La immaginiamo come un posto in stile "british", tutto boiserie in legno scuro e carta da parati, con tavoli impeccabili serviti come minimo da cameriere con crestina che porgono, con un misto di algida grazia albionica e materna bonomia, teiere d'argento, tazze in porcellana e alzatine dalle quali scegliere invitanti dolcetti. Non avevamo tenuto conto del fatto che, se anche il locale porta l'insegna britannica, siamo pur sempre a Roma e per giunta in una piazza ad alta concentrazione turistica. Apriamo la porta e ci ritroviamo in una sala caotica e rumorosa, sedute a un tavolino striminzito, servite da una cameriera sbrigativa che ha esaurito da un pezzo tutti i suoi sorrisi. Scegliamo da una carta che ha visto un po' troppe mani su di sè un tè e degli scones che non riescono ad addolcire la nostra delusione. Forse il problema è che non siamo turiste disposte a trovare tutto pittoresco. 
¸.•*¨*•☆Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ☆•*¨*•.¸ Per riappacificarsi con il tè, leggere: Tè cinefili e letterari

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