Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.

sabato 18 aprile 2015

Le inarrivabili sfumature della memoria

"Io ho visto nascere la rilassatezza: essa è venuta a poco a poco, per inarrivabili sfumature." Brillat-Savarin
Colline Tortonesi, Piemonte - Quando verso l'una entro nel ristorante dove ho prenotato senza lasciare nome (né vero né falso), non mi meraviglio della sala deserta e sorrido cordiale al patron che mi viene incontro in solitario con espressione perplessa e passo claudicante. Mi accompagna a un tavolo incuneato in un angolo claustrofobico vicino alla porta della cucina, ma di fronte alla mia faccia un po' delusa mi propone di scegliere il posto che preferisco. Siedo vicino alla luminosa vetrata con vista fuori sul verde delle siepi e dentro sulle bottiglie di vino infilate per il collo negli scaffali forati come groviera. Ogni volta che viene al tavolo (solo ora realizzo che la mia scelta lo costringe a percorrere lunghe distanze con la gamba zoppicante) l'uomo mi scruta, soffermandosi anche su abbigliamento e collana (spero guardi solo quella), come a cercare conferma di un sospetto al quale però non dà voce. Si trattiene all'appetizer, all'antipasto di pesce spada e lardo, ai tortelli ripieni di patate dolci, ma dopo aver servito la carne, al terzo boccone mi sento chiedere se la gradisco. Si tratta di un filetto di Fassona in zuppetta di funghi di buona qualità e fattura, forse un tantino troppo cotto, ma non lo dico, limitandomi alle lodi. Lui sorride e senza preavviso lascia uscire dal gargarozzo quel che evidentemente non gli era andato giù: "Non come l'agnello di tre anni fa che aveva trovato troppo duro". Touché, sgamé e peggio per me, mai rilassarsi.

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