Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.

martedì 26 novembre 2013

Fasti luigisedici: se non hanno neanche le brioches, mangino i paccheri

Paccheri gamberi e melanzane
"Prima dell'epoca di cui abbiamo parlato (1770) le persone ricche e potenti godevan quasi sole di due grandi vantaggi: viaggiavano con grande rapidità e mangiavano sempre molto bene." Brillat-Savarin
Fossano, Piemonte - Dopo quasi due ore di guida e non prima di aver sbagliato strada almeno tre volte, tanto per tener alta la media dello smarrimento, entro nella Città antiquaria come un diabetico entra in pasticceria: vorrei tutto e quasi nulla posso avere. Mi salva il fatto che i pochi negozi aperti (e meno male che è sabato mattina) pronunciano stime e prezzi da cardiopalma ("Quel grande specchio? Venduto, era antichissimo." - "Quell'altro più piccolo? Si tratta di un Luigi XVI originale, io non vendo patacche, e viene tre-e-otto"). Ritiro la mia modesta (ma vero affare) sedia Napoleone III 1870 e dopo una lotta col portabagagli per infilarcela senza romperla, riparto. Vedo in lontananza il profilo imponente del castello e parcheggio vicino a un mercato agricolo. Poi mi incammino verso il centro, sotto le gocce sempre più pesanti di una pioggia decisa a dominare la giornata. Potrei cercare un locale nuovo, ma dopo il luigisedicioriginale non sono dell'umore; entro nel convento trasformato in hotel, ristorante e ristorantino con piatti unici e di quest'ultimo faccio mio l'ultimo tavolo libero, accanto a tre uomini di età assortite che stanno consumando un raffinato aperitivo. Quando se ne vanno mi salutano e penso che sono cordiali i fossanesi, o magari questi sono foresti come me. Fuori avevo letto un menu che non corrisponde quasi per nulla a quello che mi viene portato e scelgo una pasta con gamberi e melanzane. Il piatto è poco novembrino e alla fine non capisco se i paccheri erano buoni perché pochi o pochi perché buoni. Ci bevo un bicchiere di Arneis e pur di non uscire troppo presto nei freddi portici deserti ordino anche il tortino caldo di gianduia, dolce al limite dello stucchevole. Il conto, di 23 euro, è vicino a quello della mia sedia napoleoneterzo e lontano anni luce dai fasti luigisedici.

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