Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.

giovedì 26 giugno 2014

Il sapore dell'ingiustizia

Alice marinata e calamaro in tempura
Mi guardano storto perché non ho voluto il tavolo nel corridoio di passaggio e ne ho scelto uno migliore. In fondo avevo prenotato con "solo" una settimana di anticipo.
Roma, dalle parti di piazza Fiume - Sulla città sta per piovere il più violento dei temporali serali e così abbandono i miei buoni propositi di camminatrice e alle 20.00 prendo un taxi per il ristorante. Sorvolando sui 15 euro della corsa, mi ritrovo davanti al locale troppo presto e cammino un po' per perdere tempo, ma la mancanza di attrattive nella via e il cielo ormai nerissimo mi fanno entrare quasi subito. Al cameriere che mi viene incontro dò il nome con il quale ho prenotato. Controlla sull'agenda e mi accompagna a uno dei peggiori tavoli, all'incrocio fra sala e corridoio, senza neanche chiedere se va bene. Non è certo la prima volta che mi succede, ma l'aver prenotato con una settimana di anticipo mi incoraggia a opporre resistenza e, guardando il tavolo perplessa, chiedo se sia possibile averne un altro. Lui, che come avrà ampiamente modo di dimostrare durante la cena, non è un genio del servizio (leggi Il cameriere alita sempre due volte >), ribadisce al cospetto degli altri clienti che quello è il tavolo riservato a me. Ci fronteggiamo, alto e scurovestito lui, riccioli scompigliati dal maltempo io. Qualcosa nel suo atteggiamento - non arrogante ma gentilmente beota - mi fa desiderare di andar via (brava, e l'articolo come lo scrivo poi?), ma rispondo timidamente che avendo prenotato con molto anticipo mi aspettavo un tavolo migliore. Sua esitazione, fine del braccio di ferro, posso scegliere un altro tavolo. Visto che quelli liberi sono solo due, bontà mia mi siedo a quello più laterale, posto fra il tavolo angusto rifiutato e quello che avrei desiderato perchè più centrale, dal quale riesco comunque a vedere cosa succede in sala. Non so se per una mia fissazione, ma nei minuti successivi ho l'impressione che gli altri membri dello staff mi guardino un po' storto per aver scombussolato la loro topografia conviviale. I piatti della cena si rivelano poi squisiti ma, come ribadisco spesso, non sempre basta. Considerato che il tavolo centrale al quale ho rinunciato è stato occupato da due ragazzi la cui cena era offerta (quindi 0 euro di incasso in serata) e che il tavolo rifiutato è stato assegnato a due inglesi che a) avevano prenotato il giorno stesso b) si sono presentati con 45 minuti di ritardo c) in due han speso quanto io da sola ho investito nella mia cena singola... ci ho sentito il sapore dell'ingiustizia.

Nessun commento:

Posta un commento