Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.

giovedì 3 gennaio 2013

Capodanno fuori orario

"Colui che ha oltrepassato nel pasto i limiti della discrezione, piomba immediatamente nel sonno completo." Brillat-Savarin 
Roma, San Silvestro - Il programma della serata del 31 dicembre consiste in una cena fuori orario a casa di un amico (non incidentalmente chef). E visto che si mangia quando lui ha finito il servizio al ristorante, il programma vero è arrivare arzilli al fuori orario. Dormicchio a letto fino alle 22.00, poi mi alzo e con molta calma mi preparo. Il top di seta color uva scollatissimo sulla schiena che avevo portato per l'occasione rimane in valigia, fa troppo freddo. Esco. Passerà l'autobus? Lo aspetto e la mia figura ferma alla pensilina avvolta nel cappotto con il collo in mohair alzato fino al mento incoraggia anche altri all'attesa (soprattutto pacifiche colf in libera uscita e uomini dall'aria più mesta che losca, lo dico a beneficio di quelle/i che appena arrivata a Roma mi sconsigliarono di salire sugli autobus la sera). Dopo un tempo moderatamente infinito l'autobus premia l'ottimismo, tutti saliamo e iniziamo la discesa verso il centro. Scendo a piazzale Flaminio e mi unisco al serpente di persone che percorrono lentamente via del Corso in direzione piazza Venezia. Mi stacco a S. Lorenzo in Lucina diretta al ristorante dello chef per "prelevarlo" ma è ancora presto e prendo tempo con un giretto a piazza Navona. Arrivo non senza eleganza quando tutto è passato: la mezzanotte, i brindisi, il trenino della brigata di cucina fra gli ospiti in sala. Dopo un'altra attesa (questa volta al caldo e con il conforto di un bicchiere di Champagne), riusciamo ad andarcene verso l'una e, prima della cena promessa, passiamo per un saluto "veloce" da un altro cuoco. Al nostro ingresso nel suo ristorante la satolla tavolata di famiglia (fidanzata, genitori, suoceri e chi più ne ha... del cuoco) ci accoglie stappando un numero imprecisato di bottglie di Champagne. Niente è veloce la notte di San Silvestro, i brindisi si moltiplicano e le bollicine fanno surf sul vuoto del mio stomaco. Finché dalla cucina arrivano bocconi del (fu) menu di San Silvestro da far assaggiare alla "giornalista", piccoli ma più sacri di un'ostia. Il saluto è stato talmente veloce e breve che quando usciamo dal ristorante è già passato il camion della spazzatura. Lo chef, tra il brillo e il lucido, giura e spergiura che prima quel graffio sul paraurti della sua macchina non c'era (gli chef e la loro Porsc scrittocomesilegge, ne vogliamo parlare? No) e il sospetto cade sulla solita monnezza. La casa con la tavola apparecchiata per la nostra cena è vicina. Garage, ascensore, porta, serratura doppia. Stappiamo un Bordeaux ma, essendo ormai le 5 del mattino, ne beviamo pochi sorsi e senza aver oltrepassato i limiti della discrezione, ci addormentiamo sul divano vestiti di tutto punto. Lui sognando forse il carrozziere, io sicuramente i cappelletti al limone della (sua) mamma avanzati per la colazione fuori orario del giorno dopo. That's all folk.

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