Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.

venerdì 26 gennaio 2018

Barattoli, gatti e solitudine di provincia



Invitare a pranzo da me i miei genitori è l’occasione per acquistare una serie di barattolini colmi di sfiziosità sott’olio che, secondo la mia strategia, saranno preziosi alleati a tavola mentre farò paciughi ai fornelli. 
I barattoli in questione stanno appunto scorrendo sul rullo del supermercato nel quale mi piace andare a fare una piccola spesa quasi ogni domenica mattina. Esperienza quasi Zen per me, complici gli ambienti ampi e luminosi che mi mettono di buon umore, gli avventori misti (diverse coppie, poche famiglie, qualche single) e un bar dove trovo quasi sempre posto per bere un caffè e leggere il giornale portato da casa. Se aprissero anche un’edicola o una libreria degna di questo nome stazionerei per ore, ma stabilisco già un ragguardevole record considerato che per inserire una decina di alimenti nel cestello impiego non meno di un paio d’ore, soffermandomi a studiare i prodotti, gli ingredienti, la grafica delle etichette eccetera. Neanche il cestello a mano mi incoraggia ad accelerare i tempi (cosa potrei fare con il più comodo modello a rotelle è imprevedibile; il carrello, poi, potrebbe prosciugarmi giornata e finanze). 
Mentre i barattoli arrivano al capolinea della cassa, la signora prima di me ha ormai pagato e sta infilando gli acquisti in una borsa di plastica. La sua spesa è ancora più scarna della mia e si muove con gesti lenti, nell’atteggiamento di chi non ha fretta di uscire che conosco bene. Mentre sto già infilando vasetti e altre sfiziosità nella mia borsa di tela, lei è ancora lì, me ne accorgo quando mi rivolge inaspettatamente la parola:
- “I suoi vasetti mi hanno fatto ricordare un disastro che ha fatto il mio gatto” mi dice con il sorriso ammiccante di chi sta per rivelare un segreto di vita la cui condivisione ritiene utile per salvare il fortunato interlocutore da chissà quali catastrofi “ne ha versato uno e c’era olio dappertutto, avesse visto…”
La guardo con maggiore attenzione ora. Il viso senza un filo di trucco ma non privo di rughe e l’abbigliamento anonimo rendono difficile attribuirle un’età. Forse è anche più giovane di mia madre ma ha un aspetto mesto. Sorride di un sorriso un po’ nervoso, come quando cerchi di fare conversazione con degli sconosciuti consapevole che potrebbero non gradirlo e trovarti invadente. Eppure lo fai lo stesso. 
Anche se la mia natura individualista e solitaria non mi fa pesare più di tanto le molte giornate trascorse senza parlare con qualcuno (gioia dei lavoratori autonomi), so che talvolta rivolgere sorrisi o qualche parola agli sconosciuti sono gesti naturali contro l’inselvatichimento. Così, pur non avendo un gatto né altri animali domestici, le sorrido a mia volta e sto davvero per chiederle cosa contenesse il vasetto rovesciato quando lei si volta e se ne va, non senza imbarazzo, mi pare.
La seguo con lo sguardo alcuni secondi prima di tornare a riempire la borsa, incalzata dagli sguardi già impazienti dei clienti successivi. Persone con le quali non attaccare bottone né condividere barattolo. 

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