Serravalle Scrivia, Piemonte - Esperienza mignon in un ristorante d'albergo quattro stelle a cena. Mi accompagnano non nella sala principale ma in quella minore (diciamo più intima). I tavoli sono piccoli, quadrati e appoggiati su un lato alle pareti della stanza. Sono anche bassi rispetto alle sedie e ho l'impressione di essere seduta sul seggiolone. Trovandomi al margine della saletta, la mia "vista" è sul corridoio che collega ingresso, cucina e sala principale, percorso senza sosta dai camerieri e da un bimbetto giapponese rincorso a turno da padre e madre (cosa impedisca una fatale collisione fra lui e i camerieri, rimane un mistero). Il copritovaglia è un runner lungo e stretto. Il pane (per il quale si paga il coperto) consiste in un piattino più piccolo di quelli da frutta contenente due sottili fette di focaccia e un panino. L'unica cosa (inutilmente) grande è la caraffa dell'acqua, piena fino all'orlo, pesante e di difficile gestione. Infatti il bicchiere dell'acqua si rovescia e considerato che i camerieri, fissati come molti loro colleghi che velocità sia sinonimo di efficienza, girano fra i tavoli (e intorno allo scricciolo giapponese) a passo talmente spedito che potrebbero generare un gorgo tipo Maelstrom, il risucchio in un racconto di Edgar Allan Poe è quasi garantito.
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