Cuneo, Piemonte - Ho ormai oltrepassato la porta del ristorante in centro città dove ho pranzato desiderosa solo di una bella passeggiata digestiva sotto i portici, quando una donna rosa vestita, a occhio e croce la proprietaria, mi insegue: “Signora, signora…!” e appena mi volto mi impallina: “Lei è la giornalista che due anni fa era a pranzo nel ristorante Pinco Pallo, vero?” La guardo basita. A parte il fatto che ha avuto due ore per fare conversazione e invece ha aspettato che uscissi per materializzarsi e (in)trattenermi, a parte la memoria da elefantessa, a parte la contraddizione fra essere la proprietaria di quel ristorante chic come pure di questo locale più muffo di un gorgonzola dimenticato in fondo al frigo, ma come sa della mia professione? Io certo non lo rivelai e anche ora mi limito a confermare di aver pranzato là. Ascolto in paziente silenzio la sola cosa che evidentemente le preme dirmi (il cambio di gestione di là e di qua); non una domanda di cortesia, non una curiosità sul gradimento del pranzo appena consumato. Trascorso un tempo che considero ragionevolmente cortese, ricambio complimentandomi per il risotto ed esprimendo perplessità sullo stracotto (nella media l'uno e più somigliante a una bistecca attraversata da vene di grasso l'altro, penso e non dico). Non apro squarci nelle nebbie di una cucina di scarse ambizioni, ma ottengo comunque l’effetto desiderato: un lesto congedo.

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