Collezionista di colazioni e fotografa, in dialogo con Anthelme Brillat-Savarin
Critico gastronomico in incognito da 13 anni per una Guida nazionale e gourmet da molto più tempo.
Altre passioni da dichiarare: Borges, Gadda, tè, libri, film, vino, spille vintage, scarpe, arte, musei.

sabato 31 dicembre 2011

Meglio un'aragosta oggi o un amico domani?

“Il buongusto non disdice affatto alle donne. Esso... le compensa di alcuni malanni ai quali la natura sembra averle condannate.” Brillat-Savarin
- Franciacorta – Una pasciuta aragosta è solitamente il piatto forte del mio casalingo S. Silvestro. Quest'anno, per aver fortissimamente preferito uscire, ho rischiato di perdere aragosta e uscita. 
Con un amico gourmet si era deciso, a pochi giorni dalla data fatidica, di cenare in un buon ristorante di Franciacorta. Ci saremmo incontrati a Pavia e da lì saremmo partiti verso la nostra avventura gastronomica. Essere riusciti ad accordarci su a) cosa fare b) in che zona andare (il mio Piemonte o la sua Lombardia?) c) quale locale scegliere e infine aver trovato ancora posto ci era sembrato un portento, ma il 30 dicembre le nostre conquiste erano minacciate da alcune complicazioni: il mio amico, che nei giorni precedenti aveva già dovuto affrontare numerose trasferte tra Pavia e Brescia, scopriva di dover essere assolutamente a Brescia il 31 mattina. Pronto di buon'ora a uscire per mettersi in viaggio, non riusciva ad aprire la porta d'ingresso, rimanendo intrappolato in casa fino al fortunoso intervento dall'esterno di un'amica mattiniera. Dati i travagli, mi chiedeva se il 31 pomeriggio, invece che a Pavia come concordato, potevo raggiungerlo in treno in quel di Brescia. Io però, dal pomeriggio del giorno precedente sentivo una strana sensazione a un occhio e visto che il sonno non aveva portato sollievo ma solo occhiaie, la mattina del 31 mi rassegnavo ad andare al pronto soccorso dove l'attesa era di ore perchè c'era stato un incidente e il personale era molto impegnato. A metà mattinata trovavo un oculista non ancora in vacanza, mi precipitavo nel suo ambulatorio e scoprivo di aver avuto una lieve trombosi retinica. Tornata a casa scrutavo con occhio vigile l'orario dei treni scoprendo che collegamenti diretti per Brescia non ce n'erano e che il viaggio richiedeva circa tre ore. Con un occhio appannato e nel gelido inverno? Meglio di no. Già mi prefiguravo un S. Silvestro a casa e senza la fedele aragosta che avevo tradito per la promessa di un menu da 8 portate + cotechino e lenticchie di mezzanotte e il calore dell'amicizia, quando l'amico gentiluomo risolveva tutto venendo a prendermi a casa. 
Avendo un senso dell'umorismo affine, scherzavamo su quanto era successo e ci chiedevamo cosa ancora poteva accadere. Una defezione dello chef dalla cucina e sue piroette in sala? Uno scivolone giù dalle scale? (in effetti tra occhio appannato, scivolosi gradini in pietra e scarpe con tacco alto, la proposta di usare l'ascensore mi ha tentata) Ma al varco ci aspettavano una cena davvero piacevole e, grazie al sodalizio stabilito dal mio amico con il maitre, una degustazione di vini al calice destinata a spingersi ben oltre le quattro etichette previste (alla fine sul tavolo esibivamo 7 bicchieri diversi ciascuno, più il calice finale di Champagne bollicine). I miei piatti preferiti: tartara di scampi crudi crema acida e caviale, fagottini agli asparagi affumicati con tartufo nero e consommè di spugnole. Niente male anche gli spaghetti tiepidi con mazzancolle e ricci di mare crudi (nella foto) e il tortino di cioccolato fondente con cristalli di sale e olio extravergine d'oliva (qualcosa deve essere invece andato storto nella preparazione del cotechino, salvato dalle buone lenticchie). Dedicato a quelli che a S. Silvestro non vogliono andare al ristorante perchè, sostengono, tanto non si mangia bene. E agli amici indulgenti.
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Ecco il menu completo del mio S. Silvestro 2011:
Aperitivo di Benvenuto: spritz e stuzzichini
Tartare di Scampi, Crema Acida, Polvere di Capperi, Caviale Oscietre xxxx
Vellutata di Lenticchie, Calamari “Morbidi”, Foglia d’ostrica (o meglio Foglie di erba ostrica, erba aromatica il cui sapore è identico a quello del mollusco che era invece totalmente assente dal piatto)
Spaghetti Tiepidi, Mazzancolle e Polpa di Ricci di Mare xxx
Fagottelli agli Asparagi Affumicati, Consommé di Spugnole, Tartufo Nero xxxx
“Mediterraneo d’Inverno”: Scaloppa di Merluzzo, Capperi, Acciughe, Ceci ed Agrumi
Petto d’Anatra al Rosa, Riduzione di Mosto d’Uva, Piccola Terrina del suo Fegato xxx
Piccola Crème Brulèe al Frutto della Passione
Tortino Morbido al Cioccolato Fondente, Cristalli di Sale e Olio Extravergine d’Oliva xxx
Piccola Pasticceria
Assaggio di Cotechino al Cucchiaio con Lenticchie di Castelluccio

giovedì 29 dicembre 2011

Giovedì: pizza e Marco Polo

“...la poesia e la musica si erano associate alle delizie dei pranzi...” Brillat-Savarin
- Piemonte – Ai tempi della scuola amavo il giovedì perchè a casa la sera mi aspettavano la pizza della mamma (le mozzarelle fresche le comprava al mercato che si teneva appunto il giovedì) e in tv il "Marco Polo" di Giuliano Montaldo (con le musiche del sempiterno Morricone). 
Anche se lo sceneggiato alla fine esaurì il suo ciclo (ma non il suo esotico fascino che mi avvicinò a Il Milione e alla sceneggiatura di Maria Bellonci), per molto tempo quella del giovedì è rimasta una sera in cui non prendere impegni fuori casa, soprattutto per cena.
Molti anni dopo lo chef romano Massimo Riccioli mi ha raccontato che da giovane aveva partecipato come operatore cinematografico alla lavorazione dello sceneggiato, come provano i titoli di coda nei quali compare il suo nome. In seguito lasciò Cinecittà per tornare ai fornelli di famiglia, nel ristorante di pesce più famoso di Roma.

mercoledì 28 dicembre 2011

Sotto il vestito... la pancera

“I predestinati del buon gusto donne sono grassocce, più graziose che belle, e tendono un po' all'obesità. Quelle che sono più propriamente ghiotte hanno i tratti più fini, l'aspetto più delicato...” Brillat-Savarin
- Pavia, Lombardia – Mi chiedo come facessero le dame dell'epoca di Brillat-Savarin a essere "ghiotte" indossando il busto. Forse è questione di abitudine o di esercizio, insomma qualcosa a cui noi donne moderne non siamo per fortuna abituate. Lo dimostra l'episodio esilarante che mi ha raccontato un'amica, accaduto a una sua conoscente (di professione sarta, quindi "addetta ai lavori"). La signora doveva partecipare a una cena e, volendo indossare un abito aderente, tosto acquistava una guaina per appiattire la pancia. Come già Bridget Jones ci ha insegnato, dal punto di vista estetico il risultato appariva soddisfacente e la serata era iniziata bene. Tutto procedeva per il meglio, fino al momento in cui si era dovuta sedere al tavolo del ristorante. A quel punto la parte superiore della guaina infida e traditrice si era ribellata, arrotolandosi verso il basso su se stessa  come un ricciolo di burro. L'abito stretto impediva qualunque possibilità di infilare una mano per domare l'aggeggio impazzito e il seguito lo ignoro ma dubito sia stato piacevolissimo. Chi progetta questi arnesi (un uomo, scommetto), dovrebbe quantomeno fare dei test... su tavola.

martedì 27 dicembre 2011

Quel che resta del gourmet

“Tutti gli uomini… sono stati così fortemente tormentati dalla bramosia delle bevande forti, che sono riusciti a procurarsene…” 
Brillat-Savarin
- Torino-Roma – Il pendolino Torino-Roma era popolato da un'umanità variegata e non banale, scomparsa sui frecciarossa. Nell’ultimo viaggio prima della sua disgraziata soppressione, vi incontrai il passeggero più strano di sempre. Ero salita a Voghera alle 8.50 (adesso vado con uno sgangherato trenino locale fino a Milano e lì cambio...) e non avevo quasi notato l’uomo seduto di là del corridoio. Ignoranza che durò poco perché appena partiti lui iniziò a parlare... da solo. Lo osservai. Indossava un completo grigio in seta di ottimo taglio e una cravatta intonata. I capelli castani arrivavano alla nuca ed erano un po' pazzi come i suoi discorsi.  Parlava senza un accento particolare e con un vocabolario colto. In una mano teneva un bicchiere di carta nel quale versava il vino da una bottiglia appoggiata su una grande valigia verde di un’eleganza d'altri tempi rigorosamente senza rotelle, e nell'altra un sigaro spento che all'altezza di Stradella pensò bene di accendere. Appena l’aroma si diffuse ci fu la ribellione generale dello scompartimento, con conseguente arrivo del capotreno che ci raccontò di quel passeggero distinto e agiato spesso in viaggio sulla linea Torino-Roma che da un anno era inspiegabilmente cambiato e spesso ubriaco (la bottiglia che vedevamo era già la seconda e a metà viaggio ne avrebbe acquistata una terza). Tornata la calma e promesso al capotreno di fare il bravo, l’uomo estrasse la fotografia di una donna e iniziò a parlare con lei, assicurandole che la amava. Da quanto insisteva, lei non doveva esserne molto convinta. Fino a quel momento, lo confesso, l’uomo mi era sembrato solo un gran rompiscatole che non stava mai zitto e si infilava nei miei pensieri, ma a Piacenza ci fu una svolta. Il cartello della stazione risvegliò in lui vivaci ricordi gourmet e iniziò a descrivere la cena in un gran ristorante cittadino che riconobbi e del quale fece una recensione confusamente esatta che me lo rese simpatico. All’altezza di Firenze il vino lo aveva ormai completamente confuso e, vedendo ripartire il treno verso la stessa direzione da cui era arrivato, si convinse che il macchinista avesse sbagliato il senso di marcia e che stessimo tornando indietro. Su questo punto non trovò pace e per il resto del viaggio continuò a ripetere che bisognava fare dietro front. Arrivati a Roma il capotreno e il personale del bar lo aiutarono a scendere. Quelli del bar furono molto villani, facendo battute sul vino bevuto come se non glielo avessero venduto loro. Una volta sceso, l’uomo, per una coerenza tenacemente portata fino in fondo, si incamminò non verso la stazione ma verso i binari esterni, convinto che avendo il treno sbagliato la marcia, Roma si trovasse in quella direzione. Io avevo un appuntamento e non potei restare a vedere come andava a finire, ma ancora oggi, ripensandoci, mi chiedo fin dove sarà arrivato, come e quando sarà uscito dalla stazione e se ad aspettarlo c’era la donna della fotografia o il suo fantasma.

lunedì 26 dicembre 2011

Il piacere della lista

“La paura di tanti dolori fa si che l'essere umano si getti istintivamente con slancio dal lato opposto e si affezioni con tutta l'anima ai pochi piaceri che la natura gli ha concessi.” Brillat-Savarin
- Piemonte – Dopo l'assegnazione dei locali da recensire per la Guida che verrà, il mio massimo divertimento è scriverne in colonna nomi, indirizzi, telefono, giorni di chiusura e ferie e poi calcolare quanto distano e il tempo necessario per arrivarci. Alla fine stendo un calendario delle future visite (che poi non rispetto quasi mai), immaginando gite ai dintorni delle località che ospitano i ristoranti. La soddisfazione più grande però è tirare una riga con l'evidenziatore colorato sui nomi dei locali visitati. Zac, zac, zac... Bello riuscire ancora a divertirsi con poco...